Mobilità e precedenza per cure continuative: è valida anche per chi non usufruisce della Legge 104, se si tratta di situazione grave.
Mobilità 2023/24, la precedenza per cure continuative non può essere applicata discrezionalmente dal Ministero. Con sentenza del 13 marzo 2023, il Tribunale del Lavoro di Palermo, conferma ancora una volta la tesi elaborata dallo studio legale Fasano di Palermo. Ove certificato, il trasferimento deve essere applicato in favore del docente che deve essere trasferito nella prima preferenza espressa in sede di domanda di mobilità.
Mobilità e precedenza cure continuative: non solo disabili
La particolarità di questa vittoria è insita nella circostanza che la procedura di richiesta della precedenza può essere presentata anche da docenti che non hanno diritto ai benefici della legge n. 104/1992, né hanno una particolare disabilità. Ciò, naturalmente, non toglie che anche i docenti disabili, se presente idonea certificazione medica che attesti la presenza di “cicli di cure continuative”, possano usufruire di tale precedenza. In pratica, la precedenza può essere usufruita sia dai docenti non disabili sia dai docenti disabili. Una lettura nuova, certamente importante per il corpo docente impegnato in questi giorni con la procedura di mobilità.
L’avvocato Fasano commenta: “La norma contrattuale dell’art. 13 qui in commento, quindi, ha introdotto un trattamento differenziato per coloro che possano essere definiti disabili ai fini della direttiva eurounitaria e della Convenzione delle Nazioni Unite sopra citate, in attuazione delle stesse, prevedendo che essi non debbano necessariamente coincidere con coloro che sono stati dichiarati affetti da handicap sulla scorta della normativa interna, e identificandoli con i lavoratori che di fatto sono sottoposti a cure continuative per patologie gravi, valutando che essi sono affetti da disabilità in senso eurounitaria, cioè da una limitazione risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori”.
Patologie gravi e diritti
Per cui, parliamo di una patologia seria, cronica e dolorosa che necessita in via continuativa di una cura che non può essere interrotta per essere eseguita in altro centro, soprattutto quando la medesima cura sta apportando al docente dei benefici. Infatti, nella motivazione della sentenza leggiamo cosa si intende con il concetto di gravità e perché questa rientra nella tutela antidiscriminatoria prevista dalla direttiva dell’Unione Europea n. 2000/78/CE:
La “gravità” della patologia, al fine di evitare la assoluta discrezionalità nella sua valutazione, che, al più, può sostanziarsi in discrezionalità tecnica, va, quindi, valutata in stretta connessione con la necessità di cure continuative, in aderenza, peraltro, con la finalità della norma contrattuale, di consentire l’avvicinamento del docente al luogo in cui stia effettuando e debba in futuro effettuare cure continuative, anche al fine di tutelare l’esigenza del lavoratore di non cambiare terapeuta o struttura ospedaliera, nonché quella dell’Amministrazione a che il docente non si assenti in modo reiterato al fine di recarsi lontano per effettuare le necessarie terapie, esigenze queste che, con tutta evidenza, non vi sarebbero se si trattasse di terapie rivolte alla cura di patologie che non incidono in modo rilevante sulla salute del richiedente. La norma contrattuale, infatti, appare finalizzata a realizzare la tutela antidiscriminatoria prevista dalla direttiva UE n. 2000/78/CE.”