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Buon lavoro al nuovo Ministro dell’istruzione. La scuola che il Paese merita è quella che promuove unità e coesione

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5 CFUGiuseppe Valditara è il 45° ministro dell’istruzione, comprendendo nell’elenco anche i ministri che guidarono il MIUR (con l’accorpamento di istruzione, università e ricerca) e tenendo conto che due di loro (Segni e Misasi) ebbero l’incarico due volte. Il primo augurio da rivolgere al nuovo ministro è dunque quello di poter rimanere in carica un po’ più dei 20 mesi che rappresentano la durata media di un mandato ministeriale a viale Trastevere. Il secondo, più che un augurio è un auspicio: che sia possibile, nel quadro di un riconosciuto valore del dialogo sociale e delle relazioni sindacali, sviluppare un proficuo confronto sulle tante questioni su cui il mondo della scuola attende risposte efficaci non più rinviabili, così come sulle tante che meritano un profondo ripensamento, visti gli esiti fallimentari di politiche cariche di ambizione ma povere di visione, oltre che di buon senso e concretezza, di cui si sono resi protagonisti, da oltre un decennio, governi e maggioranze di ogni colore. La CISL Scuola, come ha sempre fatto con tutti i ministri, non farà mancare la propria disponibilità a rapportarsi in modo aperto, leale e costruttivo.
Alla nomina del nuovo ministro si accompagna una nuova denominazione del Ministero, che sarà d’ora in avanti dell’Istruzione e del merito. Si tratta ora di capire il significato e il senso di un’aggiunta che non può certo considerarsi casuale o soltanto estetica, e quali intenzioni vuole esprimere. Perché se è chiaro che l’istruzione costituisce uno dei compiti che la Costituzione affida alla scuola, sul concetto di merito ci piacerebbe che il riferimento fosse all’art. 34 della Costituzione stessa, laddove sancisce il diritto per i meritevoli di raggiungere i più alti gradi degli studi “anche se privi di mezzi”. Ci piacerebbe un po’ meno se l’aggiunta fosse dettata da suggestioni diverse, quelle di una “meritocrazia” malintesa che tanti danni ha già prodotto e potrebbe ancora produrre se legata a modelli, scolastici e non solo, in cui concorrenza e competizione prevalgono sul senso di appartenenza a una comunità di persone tutte meritevoli di vedersi riconoscere pari opportunità. Il merito che ci piace, insomma, è diverso da quello che tante volte, come ci ricordava Luigino Bruni al nostro congresso di Riccione nel marzo scorso, finisce per diventare – in una società e in una scuola fortemente influenzata dalle condizioni di contesto – una giustificazione delle disuguaglianze. Noi crediamo che tutto il paese meriti una scuola di qualità, che favorisca la riduzione dei divari territoriali e non corra il rischio di accentuarli, promuovendo ovunque crescita personale, unità e coesione, con particolare attenzione e impegno in quelle aree dove più acuti sono i disagi socio economici e più alti i tassi di dispersione e di abbandono. Al di là delle opinioni personali di ciascuno, è comunque un bene che l’Italia abbia da oggi un governo nel pieno delle sue funzioni, che giudicheremo sui fatti e col quale da subito chiederemo di confrontarci, a partire da quella che consideriamo in questo momento una priorità, ossia una conclusione positiva e in tempi rapidi del negoziato sul rinnovo del contratto. Tutte le forze politiche, anche quelle che oggi sono maggioranza, hanno riconosciuto in campagna elettorale l’urgenza di restituire al lavoro del personale scolastico e alla sua retribuzione una più giusta dignità. Ora attendiamo scelte coerenti.

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