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Riforma del reclutamento, si finanzierà con 10mila cattedre in meno e carta docente aggiornamento ridotta: Bianchi e Franco promettono soldi dal 2026

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Per il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi non è stato un primo maggio tranquillo: la pubblicazione del decreto legge 36/22 in Gazzetta Ufficiale su nuovo reclutamento e formazione ha fatto infuriare i sindacati, che hanno preso visione del finanziamento dell’operazione sostanzialmente con le economie ricavate dallo stesso comparto Istruzione. Oltre alla riduzione della Carta docente, che secondo le prime stime potrebbe passare dagli attuali 500 euro annui a 400 euro, sono stati programmati anche importanti tagli agli organici di diritto (quasi 10mila in meno tra il 2026 e il 2031).

Sindacati mobilitati

È tutto dire che anche la Cisl Scuola, criticata nell’ultimo periodo dagli altri sindacati perché troppo filo-ministeriale, non le ha mandate a dire: con il decreto legge 36, ha fatto sapere l’organizzazione guidata da Ivana Barbacci, “viene messa a nudo la sindrome di Erode che guida, per l’ennesima volta, la politica scolastica del nostro Paese”.

I ministri interessati, dell’Economia e dell’Istruzione, hanno quindi tenuto a fare sapere che la riforma del reclutamento e formazione dei docenti potrà contare su anche altre economie.

Poche risorse? Colpa dei tempi strettiuniversità telematica

“In merito al fondo di incentivazione di cui all’art. 44 (art. 16 ter c.5) del dl 36/2022, i ministri dell’Economia e delle Finanze e dell’Istruzione – si legge in una nota emessa nella serata del 1° maggio – comunicano che le risorse sono state previste in quella entità, in considerazione dell’urgenza di consentire alle norme in materia di istruzione di essere inserite, essendo obiettivo di giugno per il Pnrr, nel dl”.

I ministri Daniele Franco e Patrizio Bianchi annunciano anche che grazie ad “un emendamento, già in sede di conversione del dl, a partire dal 2026” il Governo ha intenzione di “incrementare significativamente il predetto fondo, fermo restando che le economie derivanti dagli effetti della denatalità saranno reinvestite nel settore istruzione”.

Ma il Def dice il contrario

Una precisazione, quest’ultima, che fa riferimento al tasso di natalità in decisa riduzione, che però stona con le stime contenute nel Def approvato alcune settimane fa dallo stesso Governo: l’intenzione dell’esecutivo è quella di portare, nel volgere di alcuni anni, la spesa dell’Istruzione rispetto al Pil dall’attuale 4% al 3,4%.

Nulla di nuovo, comunque, visto che negli ultimi 15 anni in Italia il ministero che ha fatto registrare più tagli di spese è stato proprio quello dell’Istruzione.

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