da Repubblica di Salvo Intravaia Per duemila dirigenti scolastici in servizio nelle scuole italiane si apre la possibilità di avvicinarsi a casa. E dalle regioni settentrionali a settembre potrebbero spostarsi quasi mille capi d’istituto: uno su tre. Una specie di esodo che rischia di mettere in crisi gli istituti del Nord. Ad annunciare la svolta è la Uil scuola che riporta gli esiti dell’incontro svolto lo scorso 3 marzo fra tecnici del ministero dell’Istruzione e sindacati su alcune problematiche riguardanti i presidi. In particolare, è stato affrontato l’annoso problema del vincolo triennale di permanenza nella sede di primo incarico imposto dalla legge ai capi d’istituto assunti nelle ultime due tornate concorsuali: quelle del 2011 e del 2017. E la questione della percentuale di posti disponibili, il 30% di quelli vacanti, per la mobilità interregionale.
A definire le modalità di trasferimento dei presidi “sarà – spiegano dalla Uil scuola – una sequenza contrattuale”. In altre parole, non sarà più la legge a stabilire le regole della mobilità dei dirigenti scolastici, ma un contratto apposito con regole da condividere tra amministrazione e rappresentanti dei lavoratori. Oggi, continua il sindacato, “un dirigente scolastico su quattro in Italia è fuori sede”. Con il contratto che dovrebbe vedere la luce nei prossimi mesi “per circa 2mila dirigenti scolastici fuorisede che hanno superato l’ultimo concorso, e per i dirigenti vincitori del concorso 2011, che aspettano di rientrare nelle loro regioni di residenza, si apre una speranza di risoluzione dopo anni di attese”.
Il ministero dell’Istruzione ha inviato un atto di indirizzo al ministero della Funzione pubblica per avviare una sequenza contrattuale col fine di negoziare nuove regole per la mobilità interregionale dei dirigenti scolastici. Ma guardando i numeri dell’ultimo concorso si comprende che il via libera ai trasferimenti tra regioni rischia di decapitare una grossa fetta di istituti settentrionali. Le scuole ubicate nelle sei regioni del Nord sono in tutto 3.096. Dalla graduatoria dell’ultima selezione, quella bandita nel 2017 e conclusa due anni dopo, sono stati assunti finora 2.925 nuovi presidi, di cui 1.766 inviati al Nord. Ma più di metà, 926 di loro, si è dovuto trasferire dalla regione di residenza, anche a migliaia di chilometri da casa.
Perché il concorso si è svolto su base nazionale e i vincitori hanno dovuto scegliere tra le sedi libere in base alla posizione in graduatoria. Per questa ragione in 134, dopo avere superato tutte le prove del concorso, hanno successivamente rinunciato all’incarico preferendo restare in cattedra a insegnare. Dalla sola Lombardia, se venissero liberalizzati i trasferimenti, potrebbero lasciare la regione circa 350 presidi: quasi uno su tre. Dal Veneto potrebbero chiedere di ritornare nella regione dove hanno lasciato la famiglia addirittura in 210: quasi uno su due. Alle poltrone che si libererebbero per effetto dei trasferimenti occorre sommare quelle che verranno svincolate dai pensionamenti: da 400 a 500, in tutte le regioni. E per rimpiazzarli restano ancora 501 vincitori di concorso in attesa dell’assunzione. Poi, occorrerà attendere l’espletamento del concorso che probabilmente verrà bandito quest’anno.