Una docente madre di due gemelle aveva fruito del congedo parentale ex art. 32, lett. a), del d.lgs. n. 151 del 2001, beneficiando della retribuzione per intero per i primi trenta giorni e della retribuzione al 30% per i successivi 5 mesi.
Si innescava un contenzioso e il Tribunale ha riconosciuto alla lavoratrice il diritto a percepire l’indennità prevista dall’art. 32, del d.lgs. n. 151 del 2001, con riferimento al secondo periodo di congedo parentale fruito in relazione alla seconda gemella. La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado atteso che l’art. 32, del d.lgs. n. 151 del 2001, dispone che il genitore ha diritto a fruire del congedo parentale per ogni bambino, così confermando che in caso di parto gemellare vi è la duplicazione del congedo. L’art. 34, del medesimo d.lgs. n. 151 del 2001, a sua volta, nel riconoscere l’indennità, fa riferimento ai periodi di congedo parentale di cui all’art. 32, che elenca i periodi di congedo parentale per ogni bambino.
La norma
La Cassazione Civile Ord. Sez. L Num. 32564/2021 afferma che l’art. 32, primo comma, del d.lgs. n. 151 del 2001,prevede che “Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo”. L’art. 34, del d.lgs. n. 151 del 2001, applicabile ratione temporis, a sua volta, stabilisce: “Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32 alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino, un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. L’indennità è calcolata secondo quanto previsto all’articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso.
Il congedo parentale in caso di parto plurimo
Come già affermato dalla Corte (Cass., n. 14676 del 2019), l’ipotesi del parto plurimo è oggetto di specifica previsione nel d.lgs. n. 151 del 2001. L’ art. 41 prevede: “In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dall’art. 39,comma 1, possono essere utilizzate anche dal padre”; ancora, significativamente, l’art. 32 (Congedo parentale) riconosce che “Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo”; pure si fa riferimento a ciascun minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 4, comma 1, nell’art. 33 del suddetto d.lgs. n. 151 del 2011, a proposito del prolungamento del congedo; ugualmente il permesso per malattia è previsto per ciascun genitore, alternativamente, e per ciascun bambino (art. 47, d.lgs. n. 151, cit.). Tali previsioni, per espressa volontà di legge (si. v. art. 36, d.lgs. cit.; art. 46, d.lgs. cit.; art. 50. d.lgs. cit.) sono estese anche all’ipotesi di adozione sia nazionale che internazionale. Dal complessivo sistema normativo sopra ricordato nelle linee essenziali, si evince, quindi, come affermato nella citata sentenza di questa Corte n. 14676 del 2019, che il legislatore ha ritenuto rilevante il numero dei figli nati dall’unico parto o adottati nello stesso momento, allorchè ha apprestato le tutele parentali, mentre quanto al congedo di maternità o paternità (tradizionalmente inteso come congedo obbligatorio) la tutela complessiva, sia essa apprestata in termini di sospensione obbligatoria dell’attività (per i lavoratori dipendenti ed assimilati) che in termini economici (per tutti), non si presta ad essere moltiplicata in relazione al numero dei figli generati.
Il congedo parentale in caso di parto gemellare
Va, altresì, rilevato che, come già affermato dalla Corte, l’art. 32, comma 1, lett. b) , del d.lgs. n. 151 del 2001, nel prevedere che il lavoratore possa astenersi dal lavoro nei primi anni di vita del figlio, percependo dall’ente previdenziale un’indennità commisurata ad una parte della retribuzione, configura un diritto potestativo che il lavoratore può esercitare nei confronti del datore di lavoro, nonché dell’ente tenuto all’erogazione dell’indennità, onde garantire con la propria presenza il soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino e della sua esigenza di un pieno inserimento nella famiglia (cfr., Cass. n. 16207 del 2008, n. 509 del 2018, 15633 del 2020).
Il legislatore ha inteso garantire la presenza dei genitori accanto ai figli e tale garanzia non può dirsi concretamente realizzata se non attraverso il riconoscimento del relativo trattamento economico. Quindi, in caso di parto gemellare, in ragione di quanto stabilito dagli artt. 32 e 34 del d.lgs. n. 151 del 2001, nell’ambito del quadro normativo sopra richiamato, il legislatore ha previsto il diritto del genitore alla fruizione sia del congedo parentale per ciascuno dei gemelli, in ragione del maggior impegno richiesto per far fronte ai bisogni affettivi dei figli, sia dei relativi benefici di carattere retributivo, che garantiscono l’espletamento dell’attività genitoriale tutelata con il congedo parentale.
Il legislatore italiano, concludono i giudici, ha riconosciuto il congedo parentale e le relative provvidenze economiche per ogni figlio, e cioè anche in caso di parto gemellare, istituendo un regime di congedo parentale che, come sancito dalla CGUE, sentenza causa C-149/10, 16 settembre 2010, Zoi Chatzi, garantisce ai genitori di gemelli un trattamento che tiene debitamente conto delle loro particolari esigenze.