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GRADUATORIE, VERSO IL RESTYLING

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da ItaliaOggi Alessandro Ricciardi e Emanuela Micucci Alla fine tornano sempre, cambia solo il nome, da Gae a Gps. E ci vorranno anni per smaltirle. Se l’operazione in parlamento riuscirà, e a sponsorizzarla sono tutti i sindacati e una parte cospicua della maggioranza di governo, le graduatorie nate per le supplenze, le Gps, diventeranno il canale di assunzioni a tempo indeterminato, certamente privilegiato per quest’anno, parallelo a quello dei concorsi ordinari.

Il decreto legge Sostegni bis prevede che gli iscritti alla prima fascia che abbiano almeno 3 anni siano immessi in ruolo in coda agli altri sui posti disponibili già per il prossimo settembre. Un requisito, quello dei tre anni, che i sindacati chiedono sia eliminato così da ampliare la platea degli stabilizzandi, preservando, è la sintesi delle posizioni, lo spirito del Patto per la scuola sottoscritto con il ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi. Così come chiedono di aprire alle immissioni in ruolo anche dalla seconda fascia, con una corsia agevolata di abilitazione e poi immissione in ruolo.

I docenti che sono tra prima e seconda, con il requisito dei 3 anni di precariato alle spalle, oscillano sulle 80 mila unità. Un numero enorme, soprattutto per alcune classi di concorso, che potrebbe richiedere anni perché sia smaltito con il meccanismo del doppio canale di assunzione. A pesare sulle aspettative di tanti docenti a tempo determinato c’è infatti anche la riduzione della popolazione studentesca e dunque la contrazione inevitabile degli organici, che solo in parte potrà essere bilanciata dall’ampliamento del tempo pieno al Sud e dalla riduzione del numero di studenti per classe in alcune realtà.

A settembre sui banchi saranno 100 mila in meno: il dato, già anticipato da ItaliaOggi, è stato confermato dalla Fcl-Cgil in seguito agli incontri al ministero dell’istruzione per mettere a punto gli organici di docenti e personale Ata per il 2021/2022. Una prima stima che andrà verificata a giungo con i dati definitivi, considerando anche gli alunni che saranno bocciati agli scrutini finali. Il calo maggiore al Sud con 58 mila alunni in meno tra le scuole di tutti gli ordini e gradi. Tendenza in atto da anni, con la perdita negli ultimi 5 anni di oltre 400 mila studenti alle medie e alle superiori. La diminuzione della popolazione scolastica, insomma, è ormai una certezza destinata a proseguire anche nei prossimi anni. Lo sa bene il ministro dell’istruzione Bianchi che, nell’illustrare in parlamento le linee programmatiche del suo dicastero, ha sottolineato che «nei prossimi dieci anni avremo 1 milione e 400 mila ragazzi in meno. Avremo, quindi, dovuto avere tanti insegnati in meno. Abbiamo bisogno invece di prof per avere classi più piccole e aumentare il tempo scuola».

Un cortocircuito: gli alunni sono in classi sovraffollate, gli insegnanti precari aumentano, ogni anno è un record di cattedre vacanti. Il calo di studenti, però, potrebbe portare anche a esuberi in alcune realtà. Mentre le dinamiche demografiche vedranno aumentare la percentuale di adulti over 65. Così, come illustrato sulle colonne di questo giornale, dai calcoli del ministero dell’economia e delle finanze si prevede che il calo di studenti determinerà anche una costante diminuzione del numero di insegnati con forti tagli agli organici, che di fatto solo la pandemia è riuscita ad arrestare, e una diminuzione della spesa nella scuola dal 2025.

Se Bianchi deciderà di trovare lui la quadra sulla nuova architettura di assunzione nella scuola, bilanciando assunzioni da concorso e assunzioni da graduatorie, con un emendamento governativo, o se invece si affiderà dalle scelte del parlamento, lo si vedrà nei prossimi giorni. La fase emendativa si chiuderà in commissione al senato il 10 giugno. Intanto il 9 maggio tutti i sindacati scenderanno in piazza per chiedere il rispetto del Patto per la scuola. A partire dal piano precari ma non solo.

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