Se il nostro Paese punta su Pfizer per proteggere i giovani, allo stesso tempo non ascolta la multinazionale del farmaco quando mette in guardia sul richiamo a 42 giorni, cioè dopo un tempo doppio di quello indicato negli studi clinici. La richiesta di Valeria Marino, direttore medico di Pfizer Italia, di rispettare i 21 giorni non avrà impatto sulla campagna vaccinale. Al ministero alla Salute sono convinti di proseguire sulla strada intrapresa, perché ci sono le ricerche sulle milioni di dosi iniettate nel mondo a dimostrare che si possono allungare i tempi. In questo modo è possibile avere più vaccini a disposizione per fare le prime dosi, quindi allargare la platea delle persone raggiunte dalla campagna.
Più complessa la vicenda di AstraZeneca, della quale si discute anche con le Regioni. Il commissario straordinario all’emergenza, generale Francesco Figliuolo, anche ieri ha chiesto al ministro alla Salute Roberto Speranza di suggerire l’uso di quel vaccino dai 50 anni in su. Al momento, come noto, il ministero, il direttore di Aifa Nicola Magrini e il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli hanno suggerito che il farmaco venga somministrato a chi ha più di 60 anni. Ma con la campagna tra i cinquantenni che è partita questa settimana sarebbe utilissimo avere a disposizione per loro AstraZeneca. Del resto anche secondo Ema non c’è quasi differenza tra il rischio di remotissimi effetti collaterali tra sessantenni e cinquantenni. I tecnici però non sono ancora tutti convinti di cambiare l’indicazione. «Il vaccino è comunque autorizzato dai 18 anni in su, quello sugli over 60 è solo un suggerimento», dicono. Un suggerimento che però pesa molto sui cittadini, che in alcune Regioni cercano di evitare Astra-Zeneca anche se appartengono a categorie alle quali può essere somministrato.
Ieri la presidente della Cts di Aifa Patrizia Popoli ha ricordato che quella Commissione tecnico scientifica ha dato una «valutazione rispetto al vaccino di Astra-Zeneca che non è cambiata: sulla base dei casi osservati, abbiamo detto che il beneficio/rischio è progressivamente sempre più favorevole al crescere dell’età». Però l’approvazione, come quella di Ema, è dai 18 anni in su. Sono stati il ministero, Consiglio superiore e lo stesso direttore dell’agenzia del farmaco a suggerire l’utilizzo sopra i 60 anni.
Proprio sfruttando il fatto che l’autorizzazione è per tutti i maggiorenni, il ministero pensa di anche di adottare un “modello tedesco” per AstraZeneca. L’idea, già per la verità attuata in alcune Regioni, è di offrire comunque quel vaccino a chi ha meno di 60 anni. Chi vuole, se c’è disponibilità, lo può fare. Contemporaneamente si lavorerà anche per abbassare ai cinquantanni la raccomandazione.
Nel corso dell’incontro tra Regioni e Figliuolo, è stato anche chiesto al commissario straordinario di aprire subito alla vaccinazione delle aziende. La risposta è stata che prima vanno coperti gli over 60. L’idea è di coinvolgere il mondo del lavoro a partire da giugno.