da Il Sole 24 Ore di Claudio Tucci Precari e stipendi. Stipendi e precari. Gira e rigira i due nodi storici della scuola italiana degli ultimi vent’anni si ripropongono tali anche sulla strada di Patrizio Bianchi, costringendo il ministero dell’Istruzione a un “supplemento di istruttoria” sul «Patto per la scuola» da sottoscrivere con i sindacati, la cui firma slitta ancora.
Il primo scoglio, su cui hanno acceso un faro anche i tecnici del governo e del ministero dell’Economia, è il maxi piano di assunzioni e stabilizzazioni di almeno 60mila (se non più) insegnanti precari allo studio dell’Istruzione, da realizzare, è scritto nella bozza di patto, «anche attraverso una procedura urgente e transitoria di reclutamento a tempo indeterminato». L’intenzione di viale Trastevere è far leva su un mix di strumenti, ordinari e straordinari, per tentare di coprire quante più possibili delle oltre 100mila cattedre oggi libere e disponibili (come anticipato sul Sole 24Ore dell’8 maggio). Ma il costo dell’operazione, secondo i primi calcoli dei tecnici dell’esecutivo, è elevato, oscillerebbe su 1-1,5 miliardi; inoltre, una nuova sanatoria dovrebbe superare il vaglio dell’Ue che da anni ha acceso un faro sulla gestione italiana del precariato scolastico.
Altro scoglio è un secondo impegno contenuto nella bozza di patto, vale a dire la previsione di «efficaci politiche salariali del personale, con il prossimo rinnovo del contratto, richiedendo lo stanziamento di risorse aggiuntive». Oggi, con i fondi a disposizione (meno di 2 miliardi), gli aumenti previsti per gli oltre 800mila insegnanti, precari inclusi, oscillano intorno ai 90 euro lordi mensili; insomma 50-55 euro netti, per un settore che, con poco più di 30mila euro lordi di retribuzione media annua secondo l’ultimo conto Aran, occupa i bassifondi stipendiali del pubblico impiego. L’accordo fatto tra i precedenti governi Conte e i sindacati era di arrivare ad 100 euro, conservando l’elemento perequativo di 11,50 euro medi previsto dal precedente Ccnl 2016-2018. Anche qui, per mantenere gli impegni, servono altri fondi, circa 1 miliardo, secondo le prime stime.
Un altro scoglio è l’idea dell’Istruzione, che piace ai sindacati, di agevolare la mobilità dei prof. Oggi la “ferma prolungata” è di 5 o di 3 anni, a seconda dei casi, nella sede di titolarità. Si vorrebbe portare l’asticella per tutti a 3 anni, legandola al piano dell’offerta formativa triennale. Sta di fatto che negli ultimi 3 anni si sono spostati (anche da Nord a Sud) oltre 177mila docenti. Aggiungendo a questi 177mila, i circa 40/50mila stimati per settembre 2021, avremmo che in 4 anni, in barba ai blocchi normativi, si è mosso il 30% dei professori totali (calcolato sui 680mila docenti di ruolo). Un dato enorme, che non ha eguali nel pubblico impiego e rischia di crescere ancora allentando i vincoli. A discapito della continuità didattica.