da La Tecnica della Scuola Di Reginaldo Palermo
Fa discutere molto la norma sulla semplificazione dei concorsi pubblici introdotta con l’articolo 10 del decreto legge 44.
I punti delicati sono sostanzialmente due: il primo riguarda il fatto che non è più prevista, d’ora in poi, la preselezione con quiz a scelta multipla finalizzata a ridurre il numero dei candidati che accedono effettivamente alle prove concorsuali; il secondo è che la preselezione sarà effettuata attraverso una valutazione dei titoli e dei servizi.
Per la verità il testo del decreto non è limpidissimo e in rete si trovano interpretazioni discordanti.
C’è chi sostiene che le nuove regole potranno essere applicate anche ai concorsi già banditi. E chi aggiunge: è proprio così, ma a condizione che il concorso abbia preso avvio con qualche attività.
Interpretazione che però pone subito un altro problema: ma, per attività si intende anche la semplice presentazione delle domande da parte dei candidati?
Il motivo di tutti questi interrogativi è più che evidente: nella scuola ci sono in questo momento due concorsi, quello per primaria e infanzia (più di 70mila concorrenti per 13mila posti) e quello per la secondaria (più di 430mila domande per 32mila posti).
I concorrenti si stanno dunque chiedendo: ma il concorso al quale
mi sono iscritto si svolgerà con le regole previste dal bando o potrà proseguire con modalità non previste? Cioè, dovrò sostenere una prova preselettiva o faranno fede i miei titoli e il mio servizio?
In effetti in rete si trovano anche interpretazioni che potrebbero dare una risposta a questo problema perché c’è chi sostiene che alla fin fine sarà l’Amministrazione a dover decidere le concrete modalità della procedura.
Rimarrebbe cioè nella facoltà del Ministro la decisione sull’eventuale preselezione.
E’ però possibile che, vista la grande incertezza che potrebbe a sua volta determinare ricorsi con esiti imprevedibili, nella fase del passaggio parlamentare il decreto venga modificato o quanto meno integrato e precisato meglio.
C’è da augurarselo, anche per evitare che fra ricorsi e controricorsi si perda ancora altro tempo prezioso.