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Draghi e il nuovo Dpcm, scuola e zone: emergono i primi problemi, le novità

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preparazione testi medicinaGoverno e Regioni distanti dopo la richiesta di queste ultime di un parere del CTS.

Mario Draghi, nuovo Premier, a breve firmerà il nuovo Dpcm e intanto Governo e Regioni sono già distanti sull’apertura della scuola.

Nello scenario complessivo caratterizzato dalle varianti del covid, il motivo del contendere è la richiesta di cambiare il sistema di zone.

Nel corso della riunione di ieri sul Dpcm, che entrerà in vigore dal 6 marzo, il confronto si è un po’ inasprito quando da alcune Regioni, tra cui Veneto, Puglia, Friuli Venezia Giulia e Campania, è arrivata la richiesta di far valutare al Cts l’impatto che ha la scuola in presenza nell’attuale situazione epidemiologica, dove la circolazione delle varianti potrebbe far partire la terza ondata.

E’ stato lo stesso governatore pugliese Michele Emiliano – scrive Adnkronos – a proporre di tenere le scuole chiuse fino a che tutti gli insegnanti non saranno vaccinati, ponendo interrogativi sulla responsabilità giuridica dei presidenti in caso di mancata tutela della sicurezza sul lavoro degli insegnanti.

”Chiedere la riapertura delle attività economiche e la chiusura delle scuole è una contraddizione di fondo”, avrebbe detto, a quanto si apprende, il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini.

Altro tema caldo la richiesta di cambiare il metodo delle fasce a colori. Su questo il ministro ha sottolineato che ”questo governo non vuole usare la logica del cacciavite, ma per cambiare completamente un metodo, il sistema delle fasce, ne serve uno diverso”. “E – ha aggiunto Gelmini – al momento mi pare che questo non ci sia, perché nessuno ha indicato un metodo alternativo. Quindi l’esecutivo, che è nato da poco più di una settimana, interverrà certamente per modificare ciò che non ha funzionato, raccogliendo le proposte che avete fatto”.

Zaia: “Cts si esprima su apertura scuole”

“Ho chiesto formalmente che il Cts si esprima ufficialmente rispetto all’apertura delle scuole”, ha sottolineato il presidente del Veneto Luca Zaia spiegando quanto chiesto oggi nel corso dell’incontro tra governo e regioni. Perché, ha spiegato il governatore del Veneto, “la scuola è una realtà sacra quando decisi la chiusura parlai chiaramente di una ‘sconfitta’ -ha ricordato Zaia- ma, se la guardiamo dal lato epidemiologico il Cts ci deve dire perché altre forme di aggregazione sono pericolose e la scuola no. Perché noi non siamo in grado di esprimere una valutazione scientifica”.clil e certifiacazione linguistica

Quindi per Zaia “è bene che si faccia chiarezza e che ognuno si prenda le proprie responsabilità perché nel momento in cui il ministro comunica ai governatori che ci dobbiamo aspettare un’ondata di contagi visto quello che sta succedendo in Europa e già in alcune regioni, è giusto sentire il Cts se va bene tenere aperte le scuole”, ha concluso il governatore del Veneto.

Emiliano: “Scuole in presenza? Dobbiamo vaccinarle”

“Se vogliamo la scuola aperta in presenza, dobbiamo vaccinarla”, ha detto il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano in riunione oggi con i ministri a e i presidenti delle Regioni Italiane. “Se noi riusciamo a rallentare la forza della terza ondata da variante inglese, aumentando le dosi e le persone vaccinate – ha spiegato Emiliano – potremo tutelare moltissime vite e dare una copertura ad una serie di situazioni difficili sulle quali pure bisogna prendere una decisione e penso innanzitutto alla scuola.

Non esiste la possibilità delle regioni di legiferare o fare atti amministrativi in materia pandemica, perché è una competenza esclusiva dello Stato. Ciò posto – ha continuato – esiste ancora l’articolo 32 della legge sulla riforma sanitaria, che dà alle regioni il potere di emettere provvedimenti più restrittivi di quelli dei Dpcm.

E’ pacifico che se i presidenti delle regioni non utilizzano i poteri dell’articolo 32, per esempio avendo già in magazzino i vaccini per il personale scolastico e gli insegnanti – ha evidenziato Emiliano – continuano a mandarli in presenza prima delle somministrazioni,

qualunque pubblico ministero potrebbe dire: presidente mi scusi, perché non ha fermato la didattica in presenza finché non li ha vaccinati tutti, visto che aveva i vaccini in magazzino?

Lei sta in questo modo concorrendo in un reato di inosservanza delle misure di sicurezza sul lavoro con il Ministero della pubblica istruzione. E sta in questa maniera agevolando la commissione del reato. Che poi è un reato grave”.

Rivolgendosi ai ministri, Emiliano ha quindi aggiunto:

“Questa particolare situazione prevede o che voi eliminate completamente i poteri ex articolo 32 dei presidenti delle regioni, lasciando a noi solo al massimo l’onere di segnalare situazioni di particolare pericolosità;

oppure che si decida, sulla scuola, di utilizzare la didattica integrata a distanza in questa fase, perché non farlo sarebbe una omissione di misure di sicurezza sul lavoro estremamente grave e rilevante in caso di incidente sul lavoro.

Ed è pacifico – ha sottolineato – che per il personale della scuola contagiarsi corrisponde ad un infortunio sul lavoro. Anche perché nel giro di 20 giorni al massimo, se ci impegniamo, noi potremmo vaccinare tutto il personale della scuola ed evitare le eventuali accuse delle procure sull’inosservanza delle misure di sicurezza sul lavoro,

avendo fatto tutto ciò che è possibile per evitarlo. Il bene tutelato è la salute del personale della scuola, che non è carne da cannone, e la prevenzione da una variante inglese,

che peraltro ha una incubazione così breve che renderebbe più difficile anche il tracciamento.

Quindi il motivo per legare il termine della campagna vaccinale delle scuole alla possibilità di riprendere la didattica in presenza – ha detto – ce lo abbiamo. E’ giuridicamente granitico, fortissimo. E mette in sicurezza tutti perché è una misura di buon senso che tutti capirebbero, e che peraltro ci impone di terminare la campagna vaccinale della scuola in modo rapido”.

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