Si torna a parlare dei Diplomati Magistrali ante a.s. 2001/2002, nella recentissima pronuncia della Suprema Corte (Sez. Lavoro, n. 3830/2021 del 15 febbraio 2021) che, per la prima volta, prende posizione anche nel merito della vicenda. Le precedenti decisioni delle Sezioni Unite della Cassazione, difatti, riguardavano impugnazioni delle decisioni del Consiglio di Stato con riferimento alle quali, come è noto, il potere della Cassazione è limitato ad individuare l’eventuale “eccesso di potere giurisdizionale” dei Giudici di Palazzo Spada sulla vicenda. Un’ipotesi che, evidentemente, è molto residuale ed assai ardua da dimostrare e che, difatti, aveva visto soccombere, anche in quel caso, i diplomati.
Qui, invece, nel caso in commento, la Cassazione aveva pieni poteri di decidere trattandosi di un ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia.
Ma come è possibile, intanto, che su una stessa vicenda siano investiti più plessi giudiziari (la giustizia amministrativa e quella ordinaria) che, di regola, dovrebbero essere alternativi?
La risposta giunge dalla stessa sentenza della Cassazione in commento.
La Suprema Corte, difatti, richiamando i propri precedenti del 2016 e quelli del 2013 patrocinati dallo Studio Legale Bonetti & Delia proprio sulla questione di giurisdizione, ha ricordato che tale possibile doppia giurisdizione non solo non è vietata, ma è stata anzi espressamente riconosciuta dal legislatore (art. 63 del d.lgs. 165/2001), il quale ha “ipotizzato come evenienza normale e non patologica, che nell’ambito dell’impiego pubblico contrattualizzato, ove vengano in rilievo atti amministrativi presupposti, possono pendere distinti giudizi dinnanzi al giudice amministrativo ed a quello ordinario ed ha previsto che in tal caso l’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nelle controversia non è causa di sospensione del processo”.
Ma cosa ha deciso la Cassazione? Ha confermato o meno la posizione dell’Adunanza Plenaria?
Le motivazioni della Cassazione, riprendono, purtroppo per i Diplomati magistrale, la posizione delle due Adunanze Plenarie del Consiglio di Stato, la n. 11/2017, e le successive n.n. 4 e 5 del 2019, che hanno negato il diritto alle GAE per i Diplomati.
Nella lettura offerta dai Giudici di Palazzo Spada, difatti, il Diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002 non ha un valore abilitante “pieno”, essendo considerato utile solo ai fini della partecipazione alle sessioni di abilitazione o alle procedure concorsuali, e non come “lascia passare” per l’accesso alle graduatorie ad esaurimento e dunque direttamente ai ruoli.
Anche la Cassazione, facendo leva sul valore ibrido del titolo abilitante, “ritiene di dover enunciare il medesimo principio di diritto già affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze n.11/2017, n.4/2019 e n.5/2019 secondo cui il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall’art. 1, comma 605, della legge 296/2006”.
Gli argomenti della Cassazione, tuttavia, continuano a non apparire convincenti non centrando, stante quanto si legge in sentenza – quanto meno rispetto alle indicazioni che quei ricorrenti avevano esposto – il vero nucleo della questione giuridica.
“Le ricorrenti”, scrive la Cassazione, “per sostenere il loro diritto ad essere inserite nelle graduatorie ad esaurimento, fanno leva, sostanzialmente sul combinato disposto dell’art.15 co.7, del DPR n. 323/98, nella parte in cui riconosce al diploma magistrale valore legale e abilitante all’insegnamento nella scuola elementare e dell’art.1, comma 605, della legge n. 296/2006, lì dove consente l’inserimento dei docenti già in possesso di abilitazione, alla quale andrebbe equiparato il diploma, proprio per il suo valore abilitante. Di entrambe le disposizioni, però, è propugnata un’esegesi che si fonda su una lettura parziale delle stesse e non considera la disciplina complessiva del sistema del reclutamento, con la quale, invece, le norme in rilievo devono essere armonizzate”, ed invero “la clausola di riserva contenuta nella legge n. 296/2006, … , non può essere estesa fino a ricomprendervi un titolo che, seppur abilitante all’insegnamento, non era stato ritenuto sufficiente per l’iscrizione nelle graduatorie, atteso che la clausola in parola era chiaramente finalizzata, non ad estendere la platea dei soggetti aventi titolo all’iscrizione, bensì a preservare le aspettative di coloro i quali avessero, confidando nel mantenimento del sistema pregresso, già affrontato un percorso di studi per munirsi del titolo necessario all’inserimento nelle GAE”.
“La Cassazione”, spiega l’Avvocato Santi Delia,name founder di Bonetti & Delia che è lo Studio che ha patrocinato il ricorso che ha portato il titolo di Diploma ad essere ritenuto abilitante nel 2013, “pur confermando il valore abilitante del Diploma magistrale sostiene che il conseguimento di un titolo abilitante prima della chiusura delle graduatorie permanenti non sarebbe sufficiente a legittimare l’inserimento in GAE, in quanto la legge 296/2006, nel trasformare le graduatorie permanenti del personale docente in graduatorie ad esaurimento, si sarebbe limitata a fare salvo il diritto all’inserimento solo dei docenti che avrebbero potuto richiedere l’inserimento nelle soppresse graduatorie permanenti. “
A supporto di tale conclusione, la Corte richiama la circostanza che “l’art.2 del Decreto Ministeriale, n.123/2000, consentiva l’inserimento nelle graduatorie permanenti solo a coloro che erano in possesso del requisito del superamento delle prove di un concorso per titoli ed esami o di esame anche ai soli fini abilitativi relativo alla medesima classe di concorso o al medesimo posto di ruolo; trecentosessanta giorni di servizio prestati nelle scuole statali”, siffatta affermazione, commenta l’Avv. Delia, invero, non convince per due ordini di ragione, preliminarmente “per conseguire il titolo abilitante i diplomati magistrali hanno dovuto comunque superare un “esame”, e non vanno dimenticati i corsi speciali abilitanti – di durata annuale – istituiti con la legge n.143/2004, riservati ai docenti in possesso di 360 giorni di servizio, i quali ultimi consentivano l’ingresso nelle graduatorie permanenti, pur essendo privi di valore concorsuale” ed in seconda battuta, sotto altro profilo che “la tabella di valutazione dei titoli della citata terza fascia delle graduatorie ad esaurimento del personale docente delle scuole e istituti di ogni ordine e grado – cfr. tabella di cui all’articolo 1 al d.l. n. 97/2004, convertito dalla legge n.143/2004, integrata dalla legge n.186/2004 e modificata dalla legge n. 296/2006 – prevede, tra l’altro, al punto a), denominato “titoli abilitanti di accesso alla graduatoria”, il titolo abilitante comunque posseduto, che è quindi titolo valido, come il diploma magistrale citato, per il suddetto inserimento.”
Sul punto, commenta l’Avvocato Santi Delia, sembra dimenticarsi che il tema non è affatto, solamente, quello che le ricorrenti avevano sollevato (almeno secondo la Cassazione).
Il tema, invece, è legato ad un più “semplice” quesito. Vi è una fonte di Legge che indica quali sono i titoli da ammettere in G.A.E.?
Se vi è non è necessario fare una indagine ermeneutica di interpretazione del valore del titolo abilitante o meno perché è quella fonte che regola, a torto, o a ragione, l’ammissione nelle G.A.E. Quella fonte c’è. Ma, sorprendentemente, la Cassazione non la cita (se non con riferimento all’ipotesi sopra richiamata degli insegnanti depennati). Ed invece, a fronte di una indicazione normativa testuale, ricavabile usando l’interpretazione letterale, non sono ammesse interpretazioni sistematiche. Cassazione e Plenaria, viceversa, al fine di giustificarne l’esclusione da quelli validi per l’accesso in G.A.E., hanno appunto usato un’ampia interpretazione sistematica.
Grazie a tale interpretazione il titolo abilitante di diploma magistrale è stato escluso da quelli buoni per l’accesso alle G.A.E. in quanto “non, ancora, compiutamente abilitante” ed utile, come già detto, solo per l’accesso al concorso.
L’argomento, tuttavia, si scontra con due dati di immediata evidenza:
– il senso del passaggio dalla terza alla seconda fascia delle G.I. per mano del D.M. 353/14 proprio in virtù del riconoscimento abilitante del titolo e la valutazione del medesimo titolo nell’ambito del concorso a cattedra del 2012;
– la legge del 2004 (articolo 1 al d.l. n. 97/2004 convertito dalla legge n. 143/2004, integrata dalla legge n. 186/2004 e modificata dalla legge n. 296/2006).
Per quanto riguarda il primo argomento, stante il fatto che secondo Cassazione e Plenaria l’unico valore abilitante del titolo magistrale è quello di poter partecipare al concorso a cattedra, non si comprende il senso del D.M. 353/14. Se, difatti, l’unica ulteriore possibilità che tale titolo conferisce rispetto a quelli di mera idoneità all’insegnamento è data dalla partecipazione al concorso, non si spiegherebbe perché, già nel 2012, il Ministero consentì ai Diplomati magistrale entro l’a.s. 2001/2002 di potervi partecipare, quali abilitati. Nessuna innovatività, dunque, per mano del D.M. 353/14 e del D.P.R. reso all’esito del ricorso straordinario proposto da questa difesa.
L’ulteriore aspetto non convincente è rappresentato dal fatto che si dimentica di citare l’unica fonte di Legge che regola l’accesso alle G.A.E. Ai sensi dell’articolo 1 al d.l. n. 97/2004 convertito dalla legge n. 143/2004, integrata dalla legge n. 186/2004 e modificata dalla legge n. 296/2006, rubricato “TITOLI DI ACCESSO ALLA GRADUATORIA” è espressamente previsto, al punto A), che è SUFFICIENTE per accedere a tale graduatoria “il titolo abilitante comunque posseduto”, che è quindi titolo valido, come il Diploma magistrale citato, per il suddetto inserimento. E’ scritto nero su bianco, dunque, che è titolo d’accesso “l’abilitazione/titolo abilitante all’insegnamento comunque posseduto e riconosciuto valido per l’ammissione alla medesima classe di concorso o al medesimo posto per cui si chiede l’inserimento nella graduatoria permanente”. Innanzi a tale norma, chiara, diretta ed esplicita, dunque, è impossibile accedere ad una diversa interpretazione sistematica, come oggi fa la Cassazione.
Tale espressione (“il titolo abilitante comunque posseduto”), peraltro, è diversa da quella su cui la Cassazione fonda il proprio convincimento (“docenti già in possesso del titolo di abilitazione”, di cui all’art. 1, comma 605, della legge 296/2006) apparendo ben più ampia e volta, sembra decisivamente, ad ampliare il novero dei soggetti da ammettere in G.A.E.
Era stato proprio il Consiglio di Stato, nell’ultima delle sentenze rese prima della Plenaria, a valorizzarne la portata, affermando che “diversamente da quanto sostenuto dall’Amministrazione, non può essere condivisa la tesi fondata sulla differenza tra l’efficacia del titolo abilitante del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001-2002 e il diritto dei medesimi docenti abilitati all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento. Ciò in quanto dalla normativa vigente requisito sufficiente per siffatto inserimento è il possesso della abilitazione all’insegnamento” (Sez. VI, da ultimo sentenza 10 settembre 2015, n. 4232 e successivamente 2 dicembre 2015, n. 5439).
La Cassazione, invero, dimostra di conoscere l’art. 1 del d.l. n. 97/2004, richiamandolo per giustificare la possibilità di taluni docenti di reinserirsi in G.A.E., ma non cita il detto comma 1 bis che, appunto, ci appare decisivo.
La partita è definitivamente chiusa?
La pronuncia in commento – pur non statuendo in via definitiva circa il diritto o meno di accedere alle GAE per i Diplomati Magistrali ante a.s.2001/2002 – rappresenta un ulteriore scoglio, che si aggiunge al pregresso rappresentato dalle note Plenarie del 2017 e del 2019, rendendo ancora più impellente un intervento deciso del Legislatore che offra la giusta tutela alle migliaia di docenti coinvolti in questa annosa vertenza. Prendiamo atto, pur nella consapevolezza che non si tratta di un punto di non ritorno, non avendo deciso in punto di diritto quanto all’accesso o meno in GAE per i Diplomati magistrali, e memori del fatto che l’inserimento ex art 1. co. 605, lett. della l. 206 del 2006, per tanto tempo ha rappresentato l’unica misura di prevenzione e repressione dell’abusiva reiterazione dei contratti a termine dei Diplomati magistrali.
Ulteriori sviluppi, commenta in chiusura l’Avv. Santi Delia, si attendono dalle pronunce del Consiglio di Stato in specie avuto riguardo ai docenti inseriti in GAE con riserva e già assunti a tempo indeterminato, rispetto ai quali sarà interessante vedere come si muoveranno i Giudici di Palazzo Spada.
Avv. Santi Delia