di Corrado Zunino
ROMA — Ministro Patrizio Bianchi, sveglia alle sei, sabato, per il giuramento. Da Ferrara al Quirinale, rientro in serata. Ha fatto in tempo a visitare il ministero dell’Istruzione?
«Sì, alle due del pomeriggio ero lì.
Una struttura enorme, e fosse solo il palazzo. Ci siamo messi a lavorare subito. Abbiamo acceso i pc e, con i dirigenti, avviato videoconferenze.
Ho chiesto le piante organiche, le ramificazioni periferiche. Il materiale me lo sono portato a casa e lo sto studiando adesso, che è domenica».
La prima impressione?
«Il lavoro è tanto e bisogna farlo in fretta. Bisogna dare certezze agli studenti, ai docenti. La mole un po’ mi spaventa. Non sono abituato, arrivato a quasi 69 anni, a vivere lontano da casa tutta la settimana. Sarà un’esperienza stancante. Una cosa è certa, però: comunicheremo le cose quando avremo raggiunto un risultato e il risultato lo raggiungeremo studiando».
Ci sono questioni da decidere subito. Siamo a metà febbraio e i maturandi attendono di sapere come sarà il loro Esame di Stato.
«In settimana decidiamo, ho ben presente il bisogno di informazione sulla Maturità».
Manterrà lo schema Azzolina: solo un grande orale, come l’anno scorso. O sceglierà una prova irrobustita dagli scritti, come vuole il suo Pd?
«Sono arrivato da un giorno, abbiate pietà. So che è stata già fatta una grande istruttoria e ho sempre rispetto per il lavoro realizzato da chi mi ha preceduto. In settimana decidiamo, i ragazzi stiano tranquilli».
Il presidente Draghi ha detto: si è perso tempo, a scuola, nell’ultimo anno. Come intende declinare il recupero di questo tempo?
«Partiamo dicendo che docenti e studenti nel 2020 hanno lavorato tanto, questo va riconosciuto. E diciamo, poi, che i ritardi e le mancanze sono diversi, a seconda delle aree, delle scuole. Ecco, dovremo intervenire su quella fascia che ha sofferto la didattica a distanza, in particolare gli adolescenti del Sud e delle aree interne. La pandemia ha messo a nudo i divari e le disuguaglianze esistenti nel nostro Paese. Chi era già in condizione di svantaggio per situazione personale o sociale si è impoverito ancora di più. Dobbiamo sempre ricordare che ogni macrointervento riguarderà, alla fine, le singole persone».
Oggi le superiori sono, quasi tutte, in Dad al 50 per cento.
«Riporteremo gli studenti in classe, come abbiamo riaperto le scuole in Emilia dopo il terremoto del 2012.
Gli istituti a pezzi erano centinaia, allora. La sicurezza delle scuole, sia pandemica che strutturale, sarà un punto forte del mio mandato.
Riporteremo i ragazzi in classe con la giusta cautela e gli investimenti del Recovery Fund».
Draghi ha parlato, prima di formare il governo, di un’altra piaga della scuola italiana: i vuoti in cattedra. Come pensa di affrontare il problema?
«La cosa confortante è che il presidente del Consiglio conosce i problemi, in generale e nel dettaglio. Serve mettere mano alla questione e farlo adesso per avere docenti a settembre».
Quest’estate, nell’ormai famoso tomo per la ripartenza consegnato a Lucia Azzolina e mai discusso, lei scrisse che l’istruzione italiana aveva bisogno di 120 mila nuovi docenti. Li recluterà riavviando i concorsi fermi o con un largo patto con il precariato ?
«Operazioni di questo tipo devono essere larghe e condivise. Conosco la questione sull’arruolamento, con le carte in mano arriveremo presto a formulare atti».
Sui sottosegretari all’Istruzione, ministro, metterà bocca?
«No, Draghi ha le idee chiare».
Ci spiega perché da almeno dieci giorni sapeva di essere il candidato al ministero dell’Istruzione?
«Le cronache più raffinate ricordano il periodo da docente trascorso da Mario Draghi all’Università di Trento. Bene, la mia carriera è iniziata lì, come giovane assistente di quel professore. Era il 1976, avevo vinto una borsa di studio. Poi abbiamo lavorato insieme per le privatizzazioni gestite dall’Iri. La certezza che sarei diventato ministro, però, l’ho avuta solo venerdì, nel pomeriggio».
Ora che ci sono, lavoro del governo precedente, 21 miliardi sul’istruzione, come recupereremo il tempo perduto?
«Gli investimenti, parlo da economista, sono importanti. Più importante è rimettere la scuola al centro dello sviluppo italiano».