Parliamo in questo articolo di didattica individualizzata e personalizzata, due metodologie contenute nel PDP (Piano Didattico Personalizzato) che la scuola ha deciso di adottare per garantire il successo formativo degli alunni con DSA.
Due percorsi differenti ma assolutamente complementari che nascono con l’emanazione della Legge 170/2010, art. 5 lettera a, in cui si afferma che “le scuole devono garantire agli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento forme flessibili di lavoro che tengano conto delle caratteristiche peculiari dei soggetti, adottando una strategia di individualizzazione e personalizzazione”.
Ma qual è la differenza tra didattica individualizzata e personalizzata?
Uno dei maggiori autori che ha approfondito la questione è Massimo Baldacci, professore ordinario di Pedagogia Generale e Sociale. Egli nei suoi volumi afferma che l’individualizzazione si riferisce alle strategie didattiche che mirano ad assicurare a tutti gli studenti il raggiungimento delle competenze fondamentali del curricolo, mentre la personalizzazione si riferisce alle strategie finalizzate a garantire ad ogni studente la propria eccellenza cognitiva.
Rielaborando:
– l’individualizzazione è un processo che permette di raggiungere traguardi formativi comuni attraverso il diritto alla diversità e ai prerequisiti di ciascuno studente. Compito del docente è analizzare i bisogni degli alunni, valutare il livello raggiunto, sia esso in ingresso o in itinere, e strutturare/adattare attività che consentano a tutti di raggiungere lo stesso obiettivo.
– la personalizzazione è, invece, una strategia didattica volta a valorizzare i talenti dei singoli, senza prevedere obiettivi da raggiungere: ciascuno raggiunge il “proprio” obiettivo personale, in base alle proprie potenzialità. Compito del docente in questo caso è cercare le potenzialità di ciascuno e strutturare attività personalizzate.
Si potrebbe asserire che la parola-chiave dell’individualizzazione sia “uguaglianza”, mentre quella della personalizzazione sia “distinzione”.
In pratica, volendo fare una suddivisione schematica:
– didattica individualizzata: ha lo scopo di far raggiungere certi traguardi da tutti, attuando uno sforzo minimo. E’ costituita da veri e propri interventi specifici di recupero progettati per l’alunno, che possono avvenire in momenti esterni alle attività svolte in classe o direttamente in classe durante momenti di lavoro individuale;
– didattica personalizzata: calibra l’offerta didattica, facendo emergere le potenzialità del singolo che deve fare uno sforzo in più. Si caratterizza per l’impiego di una varietà di metodologie didattiche, l’uso di mediatori didattici (mappe concettuali, schemi etc) e la calibrazione degli interventi sulla base dei livelli raggiunti.
Alla luce di ciò, poiché ogni studente è diverso dall’altro, attraverso la didattica individualizzata si garantisce a tutti il raggiungimento di un determinato apprendimento, mentre attraverso quella personalizzata ogni studente potrà raggiungere un obiettivo attraverso una strada che non sia necessariamente uguale a quella degli altri.
Baldacci sostiene che per avere un livello più efficace di individualizzazione sarebbe opportuno che la classe venisse divisa in gruppi più omogenei, in base alle loro caratteristiche, e a ciascuno di essi venisse applicata una propria didattica individualizzata.
Per avere un più efficace livello di personalizzazione, sempre Baldacci sostiene che nella scuola devono esserci determinate condizioni, ovvero:
– un pluralismo di percorsi, con un maggior monte ore dedicato alle scelte opzionali (es. laboratori), rispetto alle materie comuni;
– una possibilità di scelta del percorso, ovvero il discente deve essere messo nelle condizioni di poter scegliere in prima persona le sue attività in maniera consapevole, tenendo conto delle sue inclinazioni e dei suoi interessi, con il docente che fa solo da assistente;
– una valutazione di tipo critico da parte del docente, che non si deve basare soltanto sui risultati raggiunti, ma piuttosto sul percorso che lo studente ha fatto, sulla sua capacità di orientarsi e sui progressi maturati.
A fare questo tipo di valutazione non deve essere solo l’insegnante, ma anche l’alunno stesso. Egli deve riuscire a sviluppare una capacità auto-critica che deve mirare a fronteggiare le difficoltà, rendersi conto di come le sta risolvendo ed eventualmente cambiare approccio in corso d’opera.
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Fonte: https://www.edises.it/