Insegnare durante (e dopo) il lockdown: storie di docenti, tra musical a distanza e lezioni in agriturismo
A poche settimane dall’inizio della primavera 2020, più di 800.000 docenti delle scuole italiane si sono ritrovati ad affrontare uno scenario del tutto inaspettato. L’improvvisa escalation della pandemia da Covid-19, infatti, li ha proiettati davanti alla nuova sfida della didattica a distanza: l’unico modo possibile di fare scuola (da casa) in un Paese in lockdown.
“La didattica a distanza ha portato a ripensare il ruolo del docente e ha chiamato decine di migliaia di professori ad acquisire rapidamente le competenze necessarie all’uso di piattaforme e strumenti digitali”, spiega Nick Beer, Country Director per l’Italia di Cambridge Assessment English, che da oltre 80 anni opera in Italia come ente certificatore del livello di lingua inglese. “Soprattutto, però, ha costretto a gestire in maniera nuova la relazione con bambini e ragazzi, non potendo contare sul contatto e sulla presenza, fondamentali per un rapporto di fiducia basato su empatia e ascolto”.
Dal punto di vista degli studenti, infatti, questa situazione li ha portati a confrontarsi con una novità emotivamente problematica: vivere la scuola in isolamento. Inoltre, l’ISTAT ha certificato che degli 8 milioni di studenti coinvolti nella didattica a distanza, circa 1.5 milioni di ragazzi tra i 6 e i 17 anni si sono trovati esclusi dall’accesso a device o connessioni, andando ad aggiungere alle problematiche emotive anche quelle tecniche a causa della carenza di strumenti adatti.
Cosa fare, dunque, e come continuare a sostenere il percorso dei ragazzi in questo clima di incertezza e instabilità? Cosa hanno fatto i loro docenti per fronteggiare queste difficoltà e per coinvolgerli e supportarli in un percorso inedito e difficile?
Cambridge English lo ha chiesto direttamente agli insegnanti di lingua inglese impegnati in tutta Italia, agli esaminatori e ai coordinatori di exam centers, e a ha raccolto le loro testimonianze, tra creatività, ascolto, sacrificio e la continua necessità di reinventarsi.
L’aiuto della tecnologia per gli studenti
Dover rivoluzionare gli spazi della scuola, è stata anche un’esigenza di Sheila Ricci, insegnante della primaria all’istituto Gesù Maria di Roma. «Per la mia materia, l’inglese, la socialità è fondamentale. Perciò la mia prima preoccupazione è stata quella di riproporre a distanza ciò che i ragazzi facevano in classe: avvicinavamo i banchi e io insegnante non ero mai al centro, ma lasciavo che i ragazzi parlassero tra loro in inglese. Ho dovuto ripensare tutto da zero», spiega. «All’inizio del lockdown abbiamo usato principalmente Zoom, che ci ha dato modo di creare delle stanze virtuali – sempre sotto il controllo del docente – all’interno delle quali i ragazzi potevano interagire tra di loro. È stato positivo scoprire questa possibilità nonostante la distanza». Ma la rivoluzione degli spazi non è stata solo virtuale. «Quando la scuola ha riaperto, abbiamo cambiato tutto: abbiamo potuto fare lezione all’aperto, abbiamo montato dei gazebo e usato tutti gli spazi esterni a disposizione – come i campi da gioco e il viale – e abbiamo capito che anche fuori dalle classi è possibile fare scuola: il nostro progetto di lettura in inglese per bambini non si fa più in biblioteca, ma all’aperto».
Da Shakespeare a Toy Story, il lockdown non ferma i musical scolastici
Il teatro, e in particolare il genere musical, è parte integrante delle attività di lingua di molte scuole. «Nel triennio abbiamo creato delle competizioni tra i ragazzi, come il concorso #distantimauniti, per spingere tutti a partecipare. Ne è nato un video su Shakespeare al tempo del lockdown, che ha vinto anche un premio. Abbiamo coinvolto tutti, compresi molti studenti dsa e portatori di handicap, che nel nostro istituto con indirizzo Scienze Umane sono in tanti e tutti integrati», racconta Giuliana Caiazzo, professoressa del Liceo “Vittorio Gassman” di Roma.
Pensare prima di tutto ai ragazzi e coinvolgerli nelle attività
«Le prime domande che mi sono posta sono state: quali difficoltà incontreranno i ragazzi? Cosa potrebbe coinvolgerli emotivamente?», racconta Fabiola Galli, docente e coordinatrice delle attività di bilinguismo del Collegio Ballerini di Seveso (Monza-Brianza), un istituto che riunisce tutti i gradi di istruzione, dalle elementari al liceo, e che conta in totale di 700 studenti. «Avevo 140 studenti con i quali lavorare, ho cercato di curare molto l’organizzazione delle lezioni e di comunicare con chiarezza condividendo con loro in anticipo gli impegni che ci avrebbero atteso, o il criterio di valutazione che avrei utilizzato. Ma soprattutto volevo che rimanesse qualcosa di questa esperienza: così abbiamo organizzato, classe per classe, uno special project. Con la quarta, per esempio, abbiamo creato un giornale digitale, lo abbiamo chiamato Corona Times: hanno lavorato a coppie alla scrittura di articoli, alcuni hanno raccontato la propria esperienza nella rubrica Alone together, altri hanno scritto di economia, delle notizie dal Vaticano, di arte, sport. Abbiamo lavorato come una vera redazione e nonostante la fatica siamo riusciti a realizzare un giornale in formato sia cartaceo sia digitale». Per le classi prima e seconda, invece, la professoressa ha organizzato dei veri e propri virtual tour: partendo da gite online per visitare città straniere e musei (che hanno messo a disposizione delle scuole gli accessi gratuiti) per passare poi la palla agli studenti, che si sono messi al lavoro come veri e propri operatori culturali digitali.
A scuola con Bruce Springsteen e John Steinbeck
I mezzi digitali sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale, ma quel che è importante è anche riempirli di idee, e ricordarsi che gli studenti, grandi e piccoli, vivono la distanza come una anomalia problematica. Allora bisogna confrontarsi anche con la loro noia, timidezza, problematicità a organizzarsi in casa. Per Francesco Policastro, professore di inglese presso il Liceo “Bonaventura Rescigno” di Roccapiemonte (Salerno), la soluzione è stata proprio studiare modi per coinvolgerli, divertirli. «La soglia di attenzione del ragazzo davanti al video cala molto velocemente: ancor di più rispetto alla lezione frontale. Ho dovuto condire la lezione in maniera attraente e ho fatto ricorso ad esempio ai fumetti e ai videoclip. Abbiamo scoperto fumetti con personaggi umoristici (come ad esempio Fred) che ci hanno aiutato a rompere il ghiaccio e a rendere più divertente la lezione, fornendo anche spunti di riflessione per interpretare le battute di humour tipicamente anglosassone. Per accompagnare invece il programma di letteratura, che al liceo è piuttosto corposo, spesso ho utilizzato canzoni che riprendono opere letterarie. Per esempio, ho introdotto ai ragazzi Furore libro fondamentale di John Steinbeck, facendo ascoltare loro la canzone di Bruce Springsteen (The Ghost of Tom Joad), ispirata al romanzo e mostrando loro alcune clip del film che ne è stato tratto nel 1940 (di John Ford con Henry Fonda nei panni di Tom, ndr). Così facendo, la lezione non è affatto monotona, il tempo vola e i ragazzi non si annoiano».
Le fa eco la maestra Gilda Sammarco, dell’Istituto Comprensivo Ovidio della capitale: «Ogni anno facciamo una rivisitazione in inglese di un’opera proposta dai bambini: lo scorso anno abbiamo portato in scena “Toy Story”, rivisitando la storia e facendola nostra, quest’anno, invece, il nostro musical di fine anno si è svolto online. Non solo, abbiamo anche assistito a una rappresentazione di Fumbles di Mrs Spelling, interpretata dall’attrice Teresa Pascarelli, con la quale eravamo già in contatto perché sarebbe dovuta venire a scuola per fare delle riprese. È stato molto faticoso organizzare tutto online, perché abbiamo dovuto trascorrere tutti i giorni due ore connessi poi preparare i materiali e chiedere ai bambini un feedback. In classe, in presenza, ci si stanca meno ed è anche molto più divertente, ma non ci siamo lasciati abbattere».
Chi è Cambridge Assessment English
Nel mondo sono più di 7 milioni le persone che ogni anno si affidano a Cambridge English per certificare il loro livello di inglese. Una fiducia legata alla storia di oltre un secolo dell’istituzione, che è attualmente presente in oltre 130 Paesi con un totale di 2.800 centri d’esame e 20mila tra università ed enti che riconoscono gli esami di Cambridge English come prova affidabile delle conoscenze linguistiche.
Cambridge English opera in Italia da oltre 80 anni come ente certificatore del livello di lingua inglese con un approccio unico all’apprendimento, all’insegnamento e alla valutazione di questa competenza ormai indispensabile nel mondo scolastico, accademico e professionale.
In Italia sono più di 6.500 le realtà, tra scuole statali, paritarie e private di lingua ed enti di formazione, che propongono corsi di preparazione ai certificati di Cambridge English. E radicati in ogni parte d’Italia sono anche i 165 Centri autorizzati all’amministrazione delle relative sessioni d’esame, che si svolgono nelle stesse date in tutto il mondo. A coordinare l’attività delle varie sedi è l’ufficio centrale di Bologna, che garantisce l’assoluta qualità dei programmi offrendo un supporto dal punto di vista professionale, della formazione e della ricerca.
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