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Scuola, il rebus tamponi per il rientro in aula

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Chiusura scuoleGrosseto, 6 dicembre 2020 – In informatica si chiamerebbe ‘bug’, ovvero un ‘errore di sistema’ che però rischia di complicare di molto una situazione già molto complicata. Il tema, ancora una volta, è quello delle certificazioni Asl per il rientro a scuola. Solo che stavolta il problema non interessa tanto gli alunni, quanto, piuttosto, gli insegnanti e l’intransigenza interpretativa di alcuni dirigenti scolastici.

Se ieri rendevamo conto proprio della difficoltà dei presidi a riammettere in classe alunni colpiti dal Covid19 senza una certificazione di ‘avvenuta guarigione’, oggi dobbiamo mettere in evidenza il rifiuto di alcuni dirigenti di accettare il ritorno in servizio di docenti i quali, dopo 21 giorni e un tampone negativo, hanno ottenuto la certificazione di ‘cessazione dell’isolamento’.

Problema vero perché da domani, in conseguenza della zona arancione, torneranno a scuola tutti gli studenti del primo ciclo. Allievi di seconda e terza media riprenderanno le lezioni in presenza, ma rischieranno di non trovare in aula i professori perché non ammessi in servizio dal proprio dirigente scolastico.

All’istituto comprensivo di Grosseto quattro insegnanti dopo essere stati trovati positivi al Covid19, hanno effettuato il tampone di controllo al decimo giorno di isolamento come prevede la normativa, ma risultando ancora positivi hanno dovuto attendere altro tempo. Eseguito nuovamente il tampone a distanza di ulteriori 10 giorni, con in mano il risultato negativo e l’attestazione dell’Asl di ‘fine isolamento’ (nel complesso, infatti, sono trascorsi 22 giorni dalla positività) hanno chiesto di poter riprendere servizio, senza tuttavia avere riscontro positivo.

Questo perché la dirigente scolastica Barbara Rosini in base a quanto disposto dall’ordinanza regionale 92/2020 pretende una certificazione in cui sia espressamente riportata la dicitura «avvenuta guarigione». «Ho chiesto chiarimenti specifici in merito al Dipartimento di prevenzione della nostra Asl – dice a La Nazione la preside – Ma fino a quando non avrò risposta non posso che attenermi al dettato normativo regionale».università telematica

E qui si arriva al ‘bug’. L’Asl, infatti, non può più scrivere ‘avvenuta guarigione’ perché la circolare del ministero della salute 32850 del 12 ottobre scorso, sulla scorta del parere tecnico del Cts ha modificato procedure e definizioni per la riammissione in società delle persone Covid. Tale circolare afferma che i casi positivi a lungo termine «possono interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi» e nulla dispone riguardo all’effettuazione del tampone o alla certificazione di guarigione in quanto il Cts dice che dopo tale periodo «le evidenze disponibili non documentano alcun caso di presenza di virus competente per la replicazione» (verbale Cts dell’11 ottobre 2020, disponibile sul sito della Protezione civile).

Come superare l’empasse? Con un certificato del medico di famiglia? Niente affatto, perché i casi Covid+ una volta accertati passano in carico al Dipartimento di prevenzione e molti medici di medicina generale non se la sentono di certificare lo stato di salute di pazienti che non hanno seguito direttamente. Insomma: il tutto si riduce a un discorso di responsabilità. Nessuno se la sente di correre il rischio di attestare un qualcosa che potrebbe essere superato dagli eventi.

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