Per la UIL Scuola il Ministero dell’Istruzione “complica le disposizioni del Dpcm e la scuola non è sede di discriminazioni – La scuola è istruzione non assistenza – Non si può parlare di key worker. La scuola vale per tutti”. Queste sono le riflessioni che la Uil Scuola esprime e in particolare quello di Turi il quale sottolinea che “su inclusione e categorie a rischio misure inadeguate e retrograde. Scuola reale è più avanti e richiede risposte adatte al momento di emergenza”.
In una loro nota la Uil scrive che “La scuola ha una sua vera funzione che è quella di istruire ed educare. Non si possono scaricare sulla scuola esigenze, giuste, ma che attengono ad altre responsabilità e competenze.
Gli studenti esclusi dalla didattica in presenza non possono costituire per il ministero un “problema didattico”.
Non sono bastate le politiche seguite negli ultimi vent’anni caratterizzate da tagli, contenimento della spesa, politiche neo liberiste, tese a trasformare la scuola da funzione a servizio, adesso anche le istruzioni impartite dal ministero devono dare l’idea di una scuola – dove-non-si-fa-scuola – che deve trasformarsi in un parcheggio assistenziale.
Fermo restando il rispetto, la considerazione e la gratitudine che abbiamo nei confronti del personale impegnato in prima linea in questa emergenza, come quello sanitario, siamo convinti che sia un errore di fondo far passare l’idea che sia necessario garantire la presenza a scuola di determinate categorie di alunni piuttosto che altri. Non si può parlare di key worker. La scuola vale per tutti.
Le famiglie, i genitori stanno pagando un prezzo altissimo per quello che è un fallimento nelle scelte del Governo e, per la scuola, del ministero dell’istruzione.
Non sono stati in grado, dopo due accordi per la sicurezza, impegni finanziari, di garantire la scuola in presenza e in sicurezza per tutti gli studenti e non solo per alcuni.
Rivendichiamo la centralità della scuola in presenza e in sicurezza per tutti. Ci sembra molto singolare che in una nota ministeriale venga prevista l’individuazione di differenziazioni rispetto a chi deve o no meritare la presenza a scuola. Frequenza che, chiaramente, non può dipendere dalla famiglia di provenienza o dai maggiori o minori impegni lavorativi dei genitori. La comunità scolastica nel suo insieme dovrà valutare le scelte più adatte a raggiungere l’obiettivo primario: il diritto allo studio per tutti. Un diritto che è affidato alla scuola dell’autonomia.
Alunni disabili: scuole aperte solo per loro? Si rischia un passo indietro di 40 anni nell’inclusione scolastica. L’errore che non vorremmo fosse commesso è quello di considerare le scuole aperte solo per gli studenti disabili e inserirli in una categoria speciale estranea al lavoro della classe.
L’insegnante di sostegno svolge una funzione che non è rivolta al solo lavoro diretto con l’alunno disabile o comunque in difficoltà, ma anche quello di coordinamento con gli altri colleghi curricolari al fine di gestire eventuali situazioni problematiche che inevitabilmente si presentano quando in classe è inserito un soggetto disabile o con bisogni educativi speciali. Immaginare una didattica in presenza, esclusivamente per gli alunni disabili o con bisogni educativi speciali o con disturbi dello spettro autistico, rischia di riportare le condizioni delle scuola a quando c’erano le “classi speciali”. Un passo indietro di 40 anni nel diritto all’inclusione scolastica.
Gli alunni con disabilità devono essere lì dove ci sono i compagni che non possono essere visti attraverso un monitor. L’integrazione ha questo per sua base essenziale.
L’integrazione si fa in comunità di apprendimento e in nessun altro modo.
Le soluzioni prospettate dal ministero creano enormi complicazioni sulla progettazione didattica: una per la disabilità, una per i gruppi in presenza, una per i gruppi da remoto.
Disintegrazione invece che integrazione. Si lasci questa decisione alle deliberazioni delle scuole e si eviti di alzare barriere burocratiche.
La professionalità dei docenti non può essere ridotta a mero atto declaratorio, né all’assunzione di mille ruoli, a seconda delle necessità, tutti diversi da quello professionale.
La scuola è luogo di inclusione, non di parcheggio, non può agire in sostituzione dei servizi assistenziali.
Esercitazioni pratiche e di laboratorio in presenza. Nessuno ha pensato ai Licei Musicali: mascherine per gli strumenti a fiato? Si corre il rischio di creare ancora più confusione e di interferire con le attività già programmate dalle scuole. Due punti di maggiore criticità: la maggior parte degli alunni iscritti a questi indirizzi sono pendolari residenti in altri comuni e pertanto soggetti anche a lunghi tempi di percorrenza, difficilmente compatibili con le attività che si svolgono da casa e comunque non in linea con le decisioni assunte nel DPCM relativamente alla limitazione degli spostamenti, soprattutto nelle zone rosse; l’obbligo dell’uso della mascherina non è compatibile con le lezioni dei laboratori coreutici e coreografici che si svolgono al chiuso, con le lezioni di strumento a fiato, canto e laboratorio di musica d’insieme delle stesse sezioni strumentali.
Resta poi una anomalia diffusa: in molti casi, abbiamo docenti a scuola e alunni a casa. E’ una contraddizione non solo pedagogico didattica, ma anche una situazione di difformità rispetto al DPCM che è finalizzato ad evitare gli spostamenti e la tutela della salute di tutti e non solo quella degli alunni.
Ogni valutazione, anche di natura tecnico scientifica, non deve mai dimenticare la mission della scuola che non si deve trasformare in un ente socio assistenziale, ma ha una funzione economica e sociale molto più grande. A questo proposito abbiamo trovato inopportuno il richiamo ai figli del personale sanitario a cui va la nostra riconoscenza…
Per la Uil Scuola “purtroppo sono ancora tanti i problemi irrisolti e le tante criticità che emergono soprattutto dalla mancanza di coordinamento tra Amministrazione scolastica, INPS, INAIL, Ministero dei trasporti che di fatto incidono sulla gestione dell’ emergenza epidemiologica.
In particolare: è necessario conoscere i dati relativi all’incidenza epidemiologica all’interno delle scuola e fornire una comunicazione chiara e trasparente , quale presupposto necessario per avere una gestione efficiente della situazione che si rappresenta più grave e seria del previsto; sostituire, almeno nelle scuole dell’infanzia e primaria, la dotazione delle mascherine chirurgiche la cui protezione per chi le indossa è molto limitata con quelle FFP2 che, diversamente, proteggono anche chi li indossa (es. insegnante di sostegno scuola primaria che necessariamente dovrà stare di fianco all’alunno disabile – necessita di mascherine FFP2); servivano e servono ancora presidi sanitari e di tracciamento nelle scuole al fine di garantire la sicurezza di tutto il personale e degli alunni, non si può trasformare i lavoratori della scuola in operatori socio sanitari che servirebbe anche a definire in modo chiaro la gestione dell’isolamento domiciliare dei lavoratori in attesa di tampone, dei lavoratori fragili e dei lavoratori inidonei.… – continua a leggere il più ampio articolo pubblicato il 6 novembre 2020, cliccando su uilscuola.it (fonte notizia)