CATANIA – Nonostante i mille problemi determinati dall’attuale emergenza sanitaria, tutto il mondo della scuola e delle Istituzioni coinvolte si è da subito mobilitato per raggiungere l’obiettivo della recente riapertura: dai dirigenti scolastici agli enti locali, dalle organizzazioni sindacali alle associazioni di studenti o genitori. Si è registrato il massimo sforzo da parte di tutti per il conseguimento di questo risultato che riguarda il Paese intero. Ed è qualcosa che non dobbiamo dimenticare come nazione, mostrando tutta la nostra gratitudine al personale scolastico e anche ai tanti che, nei vari uffici dell’amministrazione centrale e periferica, hanno seguito con pazienza e senza sosta tutte quelle attività legate al ritorno in classe. E nonostante il nuovo anno scolastico si sia presentato con mille incognite legate alla preoccupante pandemia da Covid-19, nuove sfide organizzative impongono oggi di ripensare a un nuovo tipo di scuola, tra tradizione e innovazione, facendo tesoro dell’esperienza della didattica a distanza che da un lato ha messo in luce le grandi capacità organizzative e la dedizione al lavoro di molti docenti e dirigenti scolastici, ma dall’altro ha anche rivelato le enormi carenze strutturali di una scuola italiana che vanno senza dubbio risolte e non trascurate. E anche se ci vorrà del tempo, come sempre, si spera che oltre alla ripresa della normalità, ci sia anche una reale presa di coscienza che la scuola è una delle priorità sulla quale lo Stato italiano deve sempre tenere accesi i propri riflettori, deve investire e deve impegnarsi veramente a migliorare. Come va migliorato l’aspetto economico che riguarda la classe docente: che le retribuzioni dei professori siano basse, nel confronto internazionale, lo dicono da tempo le principali statistiche sulla scuola. L’ultima in ordine di tempo è l’ultimo rapporto “Education at glance 2019” curato dall’Ocse. Perfino Papa Francesco, nel rendere omaggio ai docenti, ha sottolineato come gli stessi continuino a essere “sempre mal pagati”, nonostante continuino “con coraggio e determinazione nella sfida educativa”. Un altro nodo da sciogliere riguarda gli edifici scolastici, moltissimi dei quali purtroppo sono in attesa di interventi di varia natura. Addirittura tanti sono stati costruiti, poi arredati e mai aperti alla fruizione pubblica, diventando non solo orribili cattedrali nel deserto, ma anche oggetto di degrado a causa dell’incuria e soprattutto di scriteriati e ingiustificati atti di vandalismo messi in atto da balordi che ne fanno scempio. Edifici scolastici che peraltro oggi si sarebbero rivelati senza dubbio preziosi e provvidenziali, alla luce della nota e acclarata mancanza di spazi dove allocare classi di studenti oggi penalizzati dal fatto che sono costretti a ricorrere ai turni o alla didattica a distanza. Ecco che ci si chiede: ma perché tenere chiusi i nuovi immobili scolastici, sebbene siano già pronti e idonei? Perché dobbiamo sempre correre ai ripari, quando abbiamo tempo e modo di fare tutto prima e in tempo per evitare disastrosi scempi e inutili sprechi di denaro? Quando arriverà il tempo che la nostra politica e i nostri politici penseranno… non col senno di “poi”… ma con quello di “prima”? Quando? Nel frattempo… come sempre… a noi non rimane altro che sperare che qualcosa prima o poi cambi. E che cambi pure presto. Salvo Cona