Una interessante sentenza del TAR del Lazio, del 23 ottobre 2020, n°10842 affronta il caso di una ricorrente come difesa dai propri legali la quale in esito alla trasposizione in sede giurisdizionale di ricorso straordinario, ha impugnato la procedura concorsuale nella parte in cui non prevedeva l’insegnamento della religione cattolica quale titolo di servizio, requisito necessario per accedere al concorso in esame . I giudici respingono il ricorso rifacendosi a dei propri orientamenti precedenti dove emergono delle questioni da evidenziare.
La svolgimento dell’insegnamento della religione è attività differente da quella ordinaria
In particolare, osservano i giudici, la giurisprudenza di questo Tribunale ha chiarito che <<lo svolgimento dell’insegnamento di religione cattolica costituisce un’attività differente rispetto a quella consistente nello svolgimento di altra attività di insegnamento presso le scuole primarie e dell’infanzia. Più nel dettaglio, il rapporto tra insegnante c.d. curriculare e insegnante di religione cattolica, pur equiparato nei diritti e nello status, non è interamente intercambiabile, nel senso che l’insegnante di religione cattolica non può svolgere le medesime funzioni svolte dall’insegnante curriculare.
L’insegnamento della religione non è qualificabile come servizio specifico
Lo svolgimento dell’insegnamento della religione cattolica non è, pertanto, qualificabile come servizio specifico, in relazione alla disposizione citata. La previsione di una specifica esperienza professionale non appare d’altro canto irragionevole o lesiva di altri principi costituzionali. In un concorso straordinario la previsione di un dato collegato all’esperienza professionale acquisita e al servizio svolto, ovviamente con specifico riferimento al settore di riferimento e anche al sostegno, costituisce un parametro, da un lato, per inserire un criterio di merito collegato all’attività svolta, dall’altro, per delimitare il campo di applicazione della procedura straordinaria, coerente con la ratio di eliminare il precariato storico. La professionalità acquisita costituisce un fatto differente e ulteriore rispetto all’abilitazione professionale.
L’insegnamento della religione non è equiparabile a quella curricolare
L’insegnamento di religione appare attività pertanto differente, ai fini del concorso straordinario in esame, da quella c.d. curricolare, in quanto, a titolo esemplificativo, è sottoposta a modalità di svolgimento e di espressione della valutazione dell’alunno differenti da quella curriculare (si confrontino: Tar Lazio, sez. III bis, 15 novembre 2010, n. 33433 e 2011, n. 924, che precisano che il docente di religione non è equiparato per quanto concerne l’attività valutativa al docente delle materia curriculari, anche se, avendo lo status di docente, può esprimere una valutazione su quegli elementi immanenti a ogni funzione docente, quali assiduità della frequenza scolastica, interesse e impegno nella partecipazione al dialogo educativo, che incidono sul credito scolastico; nonché il d.p.r. 22 giugno 2009, n. 122, art. 6, secondo comma, che, elencando le condizioni ammissibilità all’esame del secondo ciclo di istruzione, chiarisce che le votazioni assegnate dai docenti negli scrutini finali dei due anni antecedenti al penultimo non si riferiscono all’insegnamento di religione cattolica eventualmente prescelto dall’alunno; d.p.r. n. 175 del 2012, sull’intesa tra Miur e il Presidente della Conferenza Episcopale italiana per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche; la legge n. 186 del 2003 che prevede autonome procedure di accesso alla figura).
É legittima la differenza di trattamento tra la religione e l’attività curricolare
Sul punto, la giurisprudenza amministrativa (Tar Lazio, sez. III Bis, 13 febbraio 2019, n. 1921) ha precisato che “la disciplina inerente all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane di ogni ordine e grado attesta che agli insegnanti di religione cattolica deve essere riconosciuto uno status particolare connesso non tanto alla tipologia di scuola ove prestano l’incarico di docenza quanto alla peculiarità della materia insegnata (Cons. Stato n. 5397/2000)”.
Ne discende, da un lato, che l’insegnamento della religione cattolica non è qualificabile come attività specifica nel settore di riferimento e, dall’altro, che la distinzione operata dal legislatore non appare illogica o irragionevole>> (sent. 12987/2019)
Fonte: orizzontescuola.it