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Covid. “Richiudere le scuole? Non se ne parla”. Risponde così la ministra Azzolina che propone altre azioni

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CATANIA – Qualora il contagio dovesse aumentare in modo preoccupante e registrare situazioni molto più gravi, si deve essere pronti ad adeguarsi ad eventuali ulteriori restrizioni. E tutto ciò, inutile dirlo e ricordarlo, dipende soprattutto dai comportamenti che ognuno di noi decide di adottare, ma anche da tutti quei controlli che vengono predisposti dalla autorità sanitarie competenti. Intanto, la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, fa muro a chi chiede se l’aggravarsi della emergenza sanitaria metterà a rischio l’anno scolastico, qualora si debba optare per una eventuale chiusura delle scuole allo scopo di bloccare in forma preventiva il preoccupante diffondersi dei contagi. E a chi le ha chiesto se sarà il caso, un giorno, di chiudere le scuole, la ministra ha risposto così: “Richiudere le scuole? Non se ne parla: se i contagi cresceranno ancora nel Paese bisognerà casomai intervenire sull’accesso ai mezzi pubblici, limitare le attività ricreative pomeridiane dei ragazzi, impedire le feste”. Non sono più casi sporadici, quelli contratti fuori dalla scuola, ma il sistema scolastico sta tenendo. Però, protocolli molto rigidi a scuola e uno stile di vita lassista fuori non aiuta certo a tenere bassi i contagi. Non si deve tenere conto solo delle ore passate a scuola, ma anche delle attività e della frequentazioni degli studenti in ambienti diversi dalla scuola. Questi elementi concorrono alla decisione finale, che spetta ai dipartimenti di sanità pubblica, di mettere in quarantena coloro che si considerano contatti stretti. Nonostante ciò è convinzione di tutti, compresa della ministra dell’Istruzione, che serve molta più prudenza sia nel pre che nel post-scuola. Va predisposta e messa in atto un’attività esclusivamente di tipo preventivo, allo scopo di individuare eventuali positività non sintomatiche potenziali, principio di possibile contagio. Sarebbe ovviamente auspicabile che venga autorizzato un provvidenziale screening rivolto a tutta la popolazione che frequenta e lavora in tutti i plessi scolastici, in modo tale che alunni, studenti e personale delle scuole possano sottoporsi al tampone su base volontaria, direttamente all’interno delle strutture scolastiche. Nel frattempo ci si interroga su come comportarsi in caso di positività di un compagno scuola? Si sta casa 14 giorni, a prescindere dal tampone, o si può decidere di tornare in classe in caso di negatività? I contatti stretti vengono messi in quarantena, gli altri vengono sottoposti a tampone e se negativi possono tornare a scuola. Finora ci sono state classi lasciate a casa perchè considerate integralmente contatti stretti di un compagno o insegnante positivo, altre sono potute tornare subito a scuola. Ecco che forse è meglio, prima di introdurre nuovi limiti, far rispettare intanto quelli che già ci sono. Bisogna essere pronti anche a qualche restrizione nel caso sia necessaria, ma la cosa migliore è chiedere alle persone comportamenti adeguati, non dimenticando che siamo ancora in piena fase di studio contro questa preoccupante pandemia, anche se abbiamo imparato ad affrontarla meglio. E’ evidente che le tante misure che prendiamo devono avere anche una forma di controllo per evitare di interrompere tutto.   Salvo Cona

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