Non ci sono interpretazioni che tengano, anche ATA e dirigenti scolastici non devono recarsi a scuola. Dopo le prime ordinanze che potevano lasciare dubbi sulle interpretazioni, queste sono state spazzate, per chi conosce la materia, dalla pubblicazione del Decreto.
Nell’articolo si parla delle Regioni ad oggi interessate dalle ordinanze: Liguria, Emilia Romagna, Vento, Piemonte e Lombardia.
L’articolo potrà essere aggiornato in seguito ad ulteriori sviluppi e indicazioni.
Differenza tra chiusura e sospensione attività didattica
La sospensione, causata da eventi di straordinaria importanza è paragonabile alla sospensione delle attività che avviene nel periodo delle vacanze di Natale o Pasqua, per cui la scuola rimane aperta e vengono svolti tutti servizi tranne le lezioni. In questo caso solo il personale ATA deve recarsi a scuola (non lo devono fare allievi e docenti).
I docenti non devono recarsi a scuola perché è sospeso l’obbligo della lezione, a meno che in quei giorni non ci siano delle attività previste dal piano annuale (collegi docenti, consigli di classe ecc.)
La chiusura, disposta per gravi eventi o eventi particolari (nel nostro caso da una emergenza sanitaria) o anche solo per interventi di manutenzione straordinaria che precludono al personale e agli allievi l’accesso ai locali, in questo caso il provvedimento di chiusura interessa tutta la comunità scolastica. Quindi dirigenti e ATA devono restare in casa
Per emergenza Coronavirus disposta chiusura
Chiusura o sospensione attività didattica? Il Decreto contenente le misure contro la divvusione del COVID-19 pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale
ha introdotto una nuova formulazione, rispetto alle due note di “chiusura” e “sospensione delle attività didattiche”. Si tratta di
d) sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonche’ della frequenza delle attivita’ scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attivita’ formative svolte a distanza
A rigore ad essere state sospese non sono le lezioni, ma i servizi. E quando parliamo di servizi intendiamo tutti quelli offerti dalla scuola. Di conseguenza le scuole dovrebbero rimanere chiuse e non dovrebbero recarsi a lavoro nè docenti, nè ATA, nè Dirigenti.
Interpretazioni differenti
In Liguria ATA in servizio. Questo quanto ci segnalano alcuni nostri utenti. Nell’ordinanza della regione, si titola con “Sospensione attività didattiche”, ma all’interno si riprende il testo del Decreto pubblicato in Gazzetta che sospende i servizi educativi.
In Lombardia, tutti a casa: docenti, ATA e dirigenti. L’USR ha specificato, infatti, che non si tratta di una sospensione delle attività didattiche, ma di vera e propria chiusura.
Consigliamo quindi di verificare, caso per caso, le disposizioni emanate dalla propria scuola di riferimento o dall’Ufficio Scolastico.
Nessuna giustificazione
Se è stata disposta la chiusura, le assenze così determinate comprese quelle del personale ATA, sono pienamente legittimate e non devono essere “giustificate” e nemmeno essere oggetto di decurtazione economica o di recupero.
Essendo il rapporto di lavoro del personale della scuola di natura civilistica e obbligazionaria tra le parti che lo sottoscrivono, il principio giuridico di riferimento è l’art. 1256 del Codice civile, che recita:
“L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore (nel nostro caso dipendente della scuola), la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo dell’adempimento”.
Se la scuola non garantisce i 200 giorni di lezione?
L’anno scolastico resta valido anche se non si sono rispettati i 200 giorni di lezione.
Resta inteso che le istituzioni scolastiche, soprattutto se interessate da prolungati periodi di sospensione dell’attività didattica, potranno valutare, a norma dell’art. 5 del DPR 275/99 “in relazione alle esigenze derivanti dal Piano dell’offerta formativa”, la necessità di procedere ad adattamenti del calendario scolastico finalizzati al recupero, anche parziale, dei giorni di lezioni non effettuati.
In buona sostanza le decisioni delle scuole dovranno avere a riferimento da un lato l’esigenza di consentire agli alunni il pieno conseguimento degli obiettivi di apprendimento propri dei curricoli scolastici e, dall’altro, quella di permettere agli insegnanti di disporre degli adeguati elementi di valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, secondo quanto previsto dagli artt. 2 e 14 del D.P.R. 22 giugno 2009, n. 122.