Sono scesi in oltre un milione oggi attraversando almeno 180 città tra studenti, professori, genitori, giovani e meno giovani, per portare anche in Italia il terzo sciopero globale per il clima, promosso dal movimento Fridays for Future e dalla sua portavoce Greta Thunberg.
Per le strade e in piazza per chiedere ai propri governi e ai grandi della terra risposte immediate e di sistema per mettere un freno ai cambiamenti climatici, sempre più rapidi e devastanti, che minacciano il futuro del pianeta e delle nuove generazioni.
Oltre 200 mila a Roma, 150 mila a Milano, 80 mila a Napoli, in decine di migliaia a Torino, Genova, Bologna, Palermo e Bari, e in molte altre città e centri minori, dal Nord al Sud del Paese, per quella che ha rappresentato una delle manifestazioni di piazza più imponenti degli ultimi decenni in Italia.
Uno sciopero che chiude la settimana di mobilitazione global Climate Action Week iniziata lo scorso venerdì 20 settembre, e cheha registrato milioni di partecipanti e 2400 piazze in tutto il mondo, secondo gli organizzatori, entrando a pieno diritto nella storia delle mobilitazioni transnazionali.
Protagonisti indiscussi di questa giornata sono stati gli studenti e le studentesse che hanno scioperato, da soli e accompagnati dai professori, facendosi promotori di cortei, azioni simboliche e iniziative con cui affermare alla politica e alla società una consapevolezza, determinazione e voglia di cambiamento. Cosa chiedono gli scioperanti per il clima? Come recita il comunicato di Fridays for Future Italia,“4 anni dopo la firma dell’Accordo di Parigi, le promesse che ci sono state fatte devono ancora trasformarsi in azioni. Dobbiamo accelerare la transizione verso un’Italia a 0 emissioni. L’obiettivo è farcela entro il 2030, ma la strada sembra ancora lunga e tortuosa, vista l’indifferenza della politica nei confronti della crisi climatica”.
Soltanto lo scorso 23 settembre, la conferenza delle Nazioni Unite per il clima a New York aveva registrato l’ennesimo nulla di fatto, di fronte alla ferma e sprezzante opposizione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di fronte a ogni impegno a ritornare sui suoi passi, sottoscrivendo gli accordi per la riduzione delle emissioni inquinanti e la decarbonizzazione delle economie nazionali adottati al COP 21 di Parigi. Il sostegno del presidente americano alle tesi “negazioniste”, quelle cioè che negano sia ogni influenza rilevante delle attività umane sul clima, sia l’entità stessa dei cambiamenti climatici in atto, disincentiva e in diversi casi offre il pretesto ai governi delle maggiori potenze industriali a intraprendere azioni decise e coraggiose per la riduzione delle emissioni di gas serra e la transizione verso un’economia non basata su fonti fossili.
Il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, aveva parlato da New York di un impegno italiano senza precedenti per il contrasto dei cambiamenti climatici da parte del suo governo, ponendo obiettivi ambiziosi quali una strategia nazionale per la decarbonizzazione dell’economia nazionale entro il 2050. Obiettivi che richiederebbero investimenti e interventi di sistema che non si sono visti nell’anno passato del “primo” governo Conte e la cui entità per il “Conte-bis” sarà valutabile già a partire dalla prossima legge di bilancio.
Di certo, al momento, c’è stato il solo, ma significativo, aperto sostegno da parte del titolare del MIUR Fioramonti, che negli scorsi giorni aveva appunto invitato presidi e professori a giustificare le assenze degli scioperanti, registrando da una parte le perplessità dell’associazione nazionale dei presidi, ma incontrando dall’altra il favore di numerosi dirigenti scolastici e scuole in tutta la penisola. Lo stesso ministro che in vista dello sciopero di oggi avevo scritto alle scuole per sensibilizzare gli studenti alle questioni legate al cambiamento climatico, prospettando in un’intervista su La Stampa che i “temi legati alla sostenibilità in ogni materia, dalla scienza alla storia” potessero diventare “il fil rouge che caratterizza la didattica nelle scuole italiane”.
Grande soddisfazione è stata infine espressa per lo sciopero da parte delle maggiori organizzazioni studentesche nazionali. Secondo Giulia Biazzo, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti, “serve un cambio di rotta immediato che finanzi istruzione e ricerca per un altro modello di sviluppo sostenibile”. “L’Assemblea delle Nazioni Unite è stata un fallimento” – evidenzia Giacomo Cossu, coordinatore nazionale della Rete della Conoscenza – “i potenti del pianeta non hanno intenzione di cambiare rotta per salvare il nostro futuro. Noi giovani continueremo a ribellarci contro questa classe politica, seguendo l’esempio di Greta e chiedendo che la giustizia climatica sia finanziata da chi si è arricchito con il modello economico insostenibile. Le multinazionali e i ricchi del pianeta devono contribuire alla riconversione ecologica più di tutti. Eppure il governo italiano si limita alla retorica, mentre secondo le bozze di decreto Clima intende dare sussidi ambientali dannosi fino al 2040, una scelta inaccettabile”. “La conoscenza è fondamentale per cambiare il nostro modello economico e sociale insostenibile” – sottolinea infine Camilla Guarino di Link Coordinamento Universitario – “Le università, attraverso la ricerca e il sapere scientifico, devono avere un ruolo centrale nell’indicare alla politica quali strade percorrere”.