In un precedente articolo abbiamo accennato all’annoso problema dei precari della scuola, ponendoci il quesito su come il Ministro Fioramonti lo affronterà: se da un lato sappiamo cosa intendeva fare l’ex Governo giallo-verde, dall’altro non è ancora chiaro cosa intenda fare il Governo giallo-rosso.
I Governi che negli anni si sono succeduti, tranne che proclami e promesse, nulla hanno fatto per debellare – è proprio il caso di dirlo – la “malattia precariato”: ad oggi, decine di migliaia sono i precari della scuola che affollano le tanto vituperate graduatorie ad esaurimento (GaE) o quelle di Istituto (GI), alle quali si aggiungono quelle dei vari concorsi ordinari o straordinari (GM) che siano. Non sarà facile per il Ministro mettere insieme più idee e più esigenze, tutte valide, ma che spesso si scontrano tra loro. Ed è qui che entra in gioco la forza politica del Ministro di turno che, scevro da condizionamenti ideologici o di appartenenza partitica, dovrà trovare la soluzione più giusta, quella che, non dimentichiamolo, dovrà consentire che la Scuola italiana vada avanti al meglio e che smetta l’abito della Cenerentola dei sistemi di istruzione occidentali e torni ad essere la protagonista indiscussa della formazione delle giovani generazioni.
La questione “precari” nasce da lontano, da quando, con la Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (Finanziaria del 2007), le Graduatorie ad Esaurimento vennero chiuse all’inserimento di nuovi aspiranti, abolendo – un errore a parere di chi scrive – quello che una volta era il doppio canale. È da qui che inizia il calvario dei precari e di quanti avevano scelto o continuano a scegliere, ancora oggi, il mondo della scuola. Perché il calvario? Va detto, senza peli sulla lingua, che le GaE vennero chiuse da un pensiero ideologico di quei politici che, ancora oggi, sono convinti che le loro idee siano le migliori o, peggio, che in breve tempo risolveranno il precariato o assumeranno tutti coloro che sono nelle varie graduatorie: nulla di più falso ! Ecco perché, a distanza di tredici anni, c’è bisogno di una seria e incondizionata riflessione e dell’apertura di un valido tavolo di discussione su quella sciagurata decisione, perché non la si può definire diversamente.
Peraltro, il legislatore di allora, troppo convinto di se stesso e delle proprie capacità di governo, pensava di poter bandire a cadenza biennale i concorsi ordinari, cosa ovviamente non accaduta. E intanto la scuola, per sopravvivere, ha dovuto attingere, oltre che dalle GaE, anche dalle GI, facendo sì che decine di migliaia di docenti maturassero punteggio e servizio che oggi, dopo mesi e anni, pretendono – a ragion veduta – che vengano riconosciuti.
Per chi, oltre ad insegnare, frequenta le stanze della dirigenza, viene facile dire che il doppio canale era la soluzione più giusta, sia perché favoriva la celerità delle immissioni in ruolo, sia perché consentiva il riconoscimento del servizio e dell’esperienza maturata.
Oggi i benpensanti temono la presenza dei precari, specie di alcuni precari. Chi scrive non è obbligato a parlare bene di questa categoria di lavoratori non essendo stato mai precario per sua fortuna perchévincitore di concorso ordinario per esami e titoli, ma ciò non toglie che, con lucidità e buon senso, si parli di loro per il rispetto che si deve a professionisti seri che, pur non avendo una cattedra fissa, hanno sempre dato il meglio di sé, contribuendo anche loro a tenere in vita la scuola italiana. E per terminare o, senza esagerare nell’annunciazione di soluzioni impossibili, per cercare di ridurre il precariato, al Ministro vogliamo fare una proposta che tenga conto di tutte le esigenze e che rimetta al centro delle scelte la Politica, il Legislatore, il Parlamento e non le aule della giustizia ordinaria o dei TAR:
- riapertura triennale delle GaE, anche prevedendo, se necessario per il rispetto del dettato costituzionale, l’accertamento dell’idoneità concorsuale dei nuovi iscritti (requisito indispensabile per l’inserimento in GAE, essendo un ex canale concorsuale riservato da cui conseguire l’immissione in ruolo). Più precisamente:
- In particolare il riconoscimento paritario del punteggio del titolo di studio utile all’inserimento nella corrispondente graduatoria per Diplomi magistrali e SFP. Se è vero, come è vero, che per la Primaria e l’Infanzia, per accedere all’insegnamento, il solo Diploma Magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002 è titolo utile e necessario, non vediamo il motivo per cui questo titolo subisca una seria e deplorevole discriminazione rispetto alla Laurea in Scienze della Formazione Primaria, titolo che lo ha sostituito dopo che il Magistrale è stato abolito, appunto, a partire dall’anno scolastico successivo al 2001/2002. E ciò non significa che il Diploma Magistrale fino ad allora conseguito non abbia più validità, perché il Parlamento, cui spetta per Costituzione legiferare, non ha mai deliberato in questo modo. Ciò significa, invece, che, parlando dell’insegnamento nella Primaria e nell’Infanzia, non può trovare ragione d’essere la teoria secondo la quale la Laurea è pur sempre un titolo superiore al Diploma, perché non è di questo che si discute. Ripetiamo, ciò che sosteniamo, e che tutti sapevano e sanno, è che il Diploma Magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002 è titolo utile all’insegnamento in Primaria e Infanzia e, quindi, non può esserci una discriminazione nella sua valutazione rispetto alla Laurea. Chi poi, vuole esercitarsi nell’osannare un titolo e nel deprecare o sminuire un altro lo fa solo pretestuosamente: la mia maestra, che aveva “solo” il Diploma Magistrale resta sempre la mia maestra, una donna e una professionista che porterò nel mio cuore perché umanamente ineguagliabile e avrà sempre la mia stima per la sua grande preparazione e per ciò che da lei ho appreso, pur essendo “solo” diplomata;
- riconoscimento definitivo, e con pari dignità, di tutti i titoli conseguiti durante i diversi corsi abilitanti (PAS, FIT, TFA) senza alcuna distinzione tra loro, perché un’abilitazione è pur sempre un’abilitazione, con conseguente inserimento a pettine nelle GAE, e non in coda o in fasce assurde come la ben nota quarta fascia, di tutti coloro che l’hanno conseguita.
- concorsi ordinari, con la indicazione esatta della validità temporale delle graduatorie redatte al termine della procedura, onde evitare che si accampino diritti anche a distanza di dieci anni;
- concorsi riservati per chi, negli anni, abbia già maturato esperienza (senza limite temporale), della quale non si può non tener conto volgendo lo sguardo dall’altra parte;
- A volte leggiamo di polemiche rivolte contro i precari che, chiamati da Graduatorie di Istituto, dopo aver svolto servizio, chiedono che quel servizio possa essere valutato ai fini dell’inserimento nelle GaE. Perché polemizzare? Perché non riconoscerglielo? È come dire che a un medico specializzando, che è impegnato nelle guardie mediche, dovendo essere approntata una graduatoria per attingere per futuri incarichi, la ASL non riconosce il servizio, pur essendo sempre lo stesso medico (nel nostro caso, docente): il servizio, svolto con nomina a t.i. o svolto con nomina a t.d. da Gae o da GI, è pur sempre servizio e come tale va considerato e valorizzato. E a sostegno di quanto appena affermato viene il fatto che ogni anno i precari, sia quelli con pochi giorni di esperienza sia quelli con anni di esperienza, consentono alla Scuola di partire e di offrire un servizio fondamentale.
Un ultimo suggerimento per il sig. Ministro. La Politica, il Governo, ritorni a riappropriarsi della sua azione, perché l’Italia è una Repubblica Parlamentare dove a fare le leggi è chiamato il Parlamento, mentre alla Giustizia spetta l’onere di farle rispettare e di rispettarle, applicandole; non esiste sentenza di TAR, di CdS o di GdL che possa sovrastare il Parlamento: non siamo in situazione di guerra o in amministrazione provvisoria/controllata.