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L’algoritmo per la mobilità, non garantisce trasparenza. Sentenze

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Nell’attesa di vedere nella scuola il famigerato piano di dematerializzazione, che si è perso da tempo per strada, nonostante ciò il registro elettronico si è diffuso, la telematizzazione si è diffusa, l’informatizzazione si è diffusa.

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Ma non sempre tecnologia significa efficienza, Come dimostrato dal caso dell’algoritmo in materia di mobilità.

Fatto

Ancora oggi stanno giungendo i pronunciamenti inerenti la richiesta di annullamento dei provvedimenti conclusivi della procedura di mobilità nazionale straordinaria di cui all’o.m. 241/2016 . Una delle ultime sentenze è quella del TAR Lazio del 19/04/2019 N. 05139/2019.

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I ricorrenti con l’atto introduttivo de giudizio chiedevano l’annullamento della procedura di mobilità descritta in ricorso relativa alla procedura di mobilità straordinaria di cui all’ordinanza ministeriale n. 241 dell’8.4.2016, con cui l’amministrazione disponeva il trasferimento dei ricorrenti in ambiti territoriali non richiesti o richiesti solo in via residuale.

L’algoritmo non rispetta le garanzie delle legge 241 del 1990

Questione analoga è stata definita dalla sezione con la decisione n. 9224/2018, che si ritiene in toto di richiamare e condividere. Nella stessa, in particolare, in accoglimento del ricorso si afferma che “dirimente si profila in punto di diritto l’argomento secondo cui è mancata nella fattispecie una vera e propria attività amministrativa, essendosi demandato ad un impersonale algoritmo lo svolgimento dell’intera procedura di assegnazione dei docenti alle sedi disponibili nell’organico dell’autonomia della scuola.

Al riguardo ritiene la Sezione che alcuna complicatezza o ampiezza, in termini di numero di soggetti coinvolti ed ambiti territoriali interessati, di una procedura amministrativa, può legittimare la sua devoluzione ad un meccanismo informatico o matematico del tutto impersonale e orfano di capacità valutazionali delle singole fattispecie concrete, tipiche invece della tradizionale e garantistica istruttoria procedimentale che deve informare l’attività amministrativa, specie ove sfociante in atti provvedimentali incisivi di posizioni giuridiche soggettive di soggetti privati e di conseguenziali ovvie ricadute anche sugli apparati e gli assetti della pubblica amministrazione.

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Un algoritmo, quantunque, preimpostato in guisa da tener conto di posizioni personali, di titoli e punteggi, giammai può assicurare la salvaguardia delle guarentigie procedimentali che gli artt. 2, 6,7,8,9,10 della legge 7.8.1990 n. 241 hanno apprestato, tra l’altro in recepimento di un inveterato percorso giurisprudenziale e dottrinario…. gli istituti di partecipazione, di trasparenza e di accesso, in sintesi, di relazione del privato con i pubblici poteri non possono essere legittimamente mortificati e compressi soppiantando l’attività umana con quella impersonale, che poi non è attività, ossia prodotto delle azioni dell’uomo, che può essere svolta in applicazione di regole o procedure informatiche o matematiche.

A essere inoltre vulnerato non è solo il canone di trasparenza e di partecipazione procedimentale, ma anche l’obbligo di motivazione delle decisioni amministrative, con il risultato di una frustrazione anche delle correlate garanzie processuali che declinano sul versante del diritto di azione e difesa in giudizio di cui all’art. 24 Cost., diritto che risulta compromesso tutte le volte in cui l’assenza della motivazione non permette inizialmente all’interessato e successivamente, su impulso di questi, al Giudice, di percepire l’iter logico – giuridico seguito dall’amministrazione per giungere ad un determinato approdo provvedimentale”.

FONTE: https://www.orizzontescuola.it/lalgoritmo-per-la-mobilita-non-garantisce-trasparenza-sentenze/

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