Desta notevoli perplessità l’avviso n. 5636 del 2 aprile 2019emanato dal Direttore Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione del MIUR–Dott.ssa Palermo, in riferimento alla validità delle abilitazioni all’insegnamento conseguite in Romania da numerosissimi laureati italiani, secondo cui“ le istanze di riconoscimento presentate sulla base dei certificati di conseguimento della formazione psicopedagogica sono da considerarsi rigettate”.
E’ di tutta evidenza come il MIUR fondi le sue conclusioni in primo luogo su una nota a firma del Segretario di stato rumeno per l’educazione nazionale e la ricerca scientifica non meglio precisata intervenuta a conclusione della interlocuzione istituzionale tra i due dicasteri ; secondo il MIUR ” tale nota chiarisce in maniera definitiva cheil possesso del certificato di conseguimento della formazione psicopedagogica costituisce condizione necessaria ma non sufficiente al fine di ottenere la qualifica professionale di docente in Romania..”, concludendo che ”E’ pertanto evidente che la formazione svolta dai cittadini italiani non è riconosciuta dalla competente autorità rumena…e di conseguenza non può essere riconosciuta dal MIUR”.
Inoltre tale rigetto secondo il MIUR è avvalorato da una prima nota del CIMEA che ”a seguito di esplicita richiesta del MIUR del 11 maggio 2018, ha chiarito che la qualifica attestata dal Ministero rumeno agli italiani all’esito di apposito corso di formazione psicopedagogica advenita”, è condizione necessaria ma non sufficiente ai fini dell’esercizio della professione di insegnante” ; lo stesso CIMEA sulla base di ulteriore documentazione prodotta dal Ministero Rumeno e a seguito del quesito della Direzione, in una successiva nota del 7 gennaio 2019,” ribadendo quanto già affermato in precedenza, ha confermato che per il rilascio dell’attestato di conformità le autorità rumene tengono altresì conto del luogo dello svolgimento degli studi e della formazione, ossia se gli studi e la formazione siano compiuti in Romania”.
Orbene, in primo luogo non si può non rilevare la palese contraddittorietà ed illegittimità dell’ avviso a cui in premessa viene attribuito la esclusiva finalità di “ fornire chiarimenti e di informazioni “ – ai cittadini italiani che hanno concluso i percorsi in Romania-, mentre nelle conclusioni, reca illegittimamente la classica formula stereotipa di “ un rigetto delle istanze di riconoscimento presentate” : tutto ciò, in assenza di specifiche motivazioni riferite alle “singole istanze” mai esaminate dal MIUR in palese violazione delle norme sul procedimento, della Dir. europea n.36/2005,nonchè dei principi giurisprudenziali espressi dalla Corte di Giustizia Europea.
Ed infatti, a ben vedere, quanto alle norme di diritto interno il MIUR nell’avviso , non ha tenuto in alcuna considerazione del principio dell’accesso parziale disciplinato dal combinato disposto dell’art. 1 bis del D.lgs.n.206/2007 di attuazione dellaDirettiva 2005/36/CE secondo cui“Il presente decreto disciplina, altresi’, il riconoscimento delle qualifiche professionali gia’ acquisite in uno o piu’ Stati membri dell’Unione europea e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitare nello Stato membro di origine la professione corrispondente, ai fini dell’accesso parziale ad una professione regolamentata sul territorio nazionale, nonche’ i criteri relativi al riconoscimento dei tirocini professionali effettuati da cittadini italiani in un altro Stato membro”, e dal successivo art. 5 septies co.1 del medesimo D.lgs.n.206/2007 .
A tal proposito ed in riferimento alle vicende che riguardano gli abilitati in Romania, non si può non sottolineare la violazione e omessa applicazione di tale principio da parte del MIURche illegittimamente, in riferimento alle istanze presentate, come si legge dall’avviso n.5636 del 2 aprile 2019 non ha mai disposto un accertamento finalizzato alla verifica di quei “requisiti minimi” tali da garantire così l’ “espletamento minimo della funzione docente “, che nel caso di specie avrebbe potuto condurre ad esempio alla ammissione alla II° fascia aggiuntiva nelle graduatorie di istituto,salvaguardando così anche nell’ordinamento scolastico, il diritto alla libertà di circolazione previsto dall’art.45 del trattato fondativo dell’Unione Europea .
Eppure tali principi risalgono alla pronuncia della Corte di Giustizia Europea a far data dalla nota sentenza “ Morgenbesser” del 13 novembre 2003 C-313/2001 (cfr. anche sentenza CGE 15 ottobre 1987 causa n 222/86 Heylens e a ; 7 maggio 1991 C-340/89 Vlassopoulou ; 7 maggio 1992 C -104/91 Aguirre Borrell.), secondo cui uno stato membro a cui si rivolge un cittadino di altro paese che intende svolgere una professione regolamentata, “deve disporre una valutazione del titolo “in bonam partem”, cioè finalizzata in via di principio alla “salvezza degli effetti della qualifica conseguita in un altro paese” ,anche quando essa non soddisfi pienamente, ma solo parzialmente, i requisiti fissati in quella legislazione : ciò alfine di garantire il diritto alla libertà di circolazione previsto dall’art.45 del trattato fondativo dell’Unione Europea !
Sorprende dunque, che il MIUR, nel “rigettare le richieste”, si limiti a menzionare con palese difetto di istruttoria, esclusivamente i parere del CIMEA, ma non la CHAP (2018) 02090 del 22 gennaio 2019 della stessa COMMISSIONE EUROPEA, “Direzione generale mercato interno, industria, imprenditoria e PMI, Modernizzazione del mercato unico, Qualifiche e competenze professionali, a firma del Commissario Martin Frohn che, nell’esaminare una richiesta di una abilitata italiana in Romania in riferimento ad “ un caso di richiesta di infrazione dell’Italia per non aver riconosciuto la abilitazione conseguita in Romania”, ha applicato “il principio della salvezza degli effetti parziali della abilitazione all’insegnamento conseguita da laureati italiani in Romania,” richiamando proprio la giurisprudenza comunitaria qui menzionando, affermando altresì che “anche nel caso di difetto di tutti i requisiti per la professione docente in capo al soggetto il tirocinio, occorre garantire l’accesso ai percorsi FIT”.
Avv. Maurizio Danza Prof. Diritto del Lavoro “Università Mercatorum” Roma.