Sui permessi del personale scolastico, purtroppo, è necessario mettere “i puntini sulle i”, dato che non sono pochi i casi di “presunte concessioni” da parte dei dirigenti scolastici.
E’ diffuso, difatti, un particolare modo di operare dei D.S.consistente nell’esigere dai propri docenti, attraverso circolari amministrative, documentazioni e/o certificati specifici per la “concessione” dei permessi retribuiti richiesti.
Dunque, appare utile nell’immediato precisare che non vi è alcuna normativa di legge che preveda la facoltà da parte dei dirigenti di esplicare un’indagine approfondita sulla veridicità delle dichiarazioni e/o certificazioni presentate dal personale docente al fine di richiedere un permesso.
Ma procediamo con ordine andando ad analizzare dettagliatamente cosa prevedono le fonti normative che regolano il diritto del personale scolastico a fruire dei permessi retribuiti.
Permessi retribuiti ex art. 15 del CCNL 2006/2009 – comparto scuola.
La normativa di riferimento, di natura contrattuale, prevede che il dipendente della scuola con contratto di lavoro a tempo indeterminato, ha diritto, sulla base di idonea documentazione anche autocertificata, a permessi retribuiti per i seguenti casi:
– partecipazione a concorsi od esami: gg. 8 complessivi per anno scolastico, ivi compresi quelli eventualmente richiesti per il viaggio;
– lutti per perdita del coniuge, di parenti entro il secondo grado, di soggetto componente la famiglia anagrafica o convivente stabile e di affini di primo grado: gg. 3 per evento, anche non continuativi.
– motivi personali o familiari: tre giorni nell’anno scolastico (per gli stessi motivi e con le stesse modalità, sono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica).
– matrimonio: quindici giorni consecutivi fruibili da una settimana prima a due mesi dopo l’evento.
Tali permessi sono erogati a domanda, da presentarsi al dirigente scolastico da parte del personale docente ed ATA. Essi inoltre possono essere fruiti cumulativamente nel corso di ciascun anno scolastico, non riducono le ferie e sono valutati agli effetti dell’anzianità di servizio. Durante i predetti periodi al dipendente spetta l’intera retribuzione, esclusi i compensi per attività aggiuntive e le indennità di direzione, di lavoro notturno/festivo, di bilinguismo e di trilinguismo.
A questo punto necessita operare una distinzione tra l’istituto dei permessi retribuiti e quello delle ferie. Mentre per il primo non sussistono presupposti di applicazione, per i secondi l’art 54 della Legge di stabilità 2013 prevede la seguente condizione: la fruibilità dei sei giorni di ferie (anche per motivi personali o familiari) durante i periodi di attività didattica è subordinata alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi.
Pertanto i suddetti permessi, a differenza delle ferie, non devono essere concessi a discrezionalità del dirigente scolastico, ma sono un diritto contrattuale che spetta ai docenti e a tutto il personale. Il D.S. deve soltanto valutare la correttezza burocratica della richiesta e di conseguenza dare il suo relativo assenso. In buona sostanza i giorni suddetti, se regolarmente chiesti con domanda scritta e firmata e con relativa certificazione o anche con semplice autocertificazione, devono essere obbligatoriamente “concessi”.
E per i “permessi brevi” quid juris?
L’art. 16 del CCNL comparto Scuola dispone che:
Compatibilmente con le esigenze di servizio, al dipendente con contratto a tempo indeterminato e al personale con contratto a tempo determinato, sono attribuiti, per esigenze personali e a domanda, brevi permessi di durata non superiore alla metà dell’orario giornaliero individuale di servizio e, comunque, per il personale docente fino ad un massimo di due ore (per il personale docente i permessi brevi si riferiscono ad unità minime che siano orarie di lezione). I permessi complessivamente fruiti non possono eccedere 36 ore nel corso dell’anno scolastico per il personale A.T.A.; per il personale docente il limite corrisponde al
rispettivo orario settimanale di insegnamento.
Tuttavia, entro i due mesi lavorativi successivi a quello della fruizione del permesso, il dipendente è tenuto a recuperare le ore non lavorate in una o più soluzioni in base alle esigenze di servizio. Il recupero da parte del personale docente avverrà prioritariamente con riferimento alle supplenze o allo svolgimento di interventi didattici integrativi, con precedenza nella classe dove avrebbe dovuto prestare servizio il docente in permesso. Nei casi in cui non sia possibile il recupero per fatto imputabile al dipendente, l’Amministrazione provvederà a trattenere una somma pari alla retribuzione spettante al dipendente stesso per il numero di ore non recuperate.
Per il personale docente l’attribuzione dei permessi è subordinata alla possibilità della sostituzione con personale in servizio.
La ratio dell’istituto dei permessi brevi consiste nel dare la possibilità al lavoratore di assentarsi dal lavoro per brevi periodi giornalieri adottando così una flessibilizzazione dell’orario di lavoro, di portata indubbiamente limitata, la cui realizzazione è affidata all’iniziativa del dipendente.
Va sottolineato che le esigenze personali alla base della richiesta non devono essere “particolari” o “gravi”. Non esiste una casistica di esigenze personali. Queste ultime, secondo la giurisprudenza (Corte dei Conti, sez. contr., 3 febbraio 1984, n.1415), possono identificarsi con tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola. Pertanto, i motivi possono essere diversi e di varia natura, esempio: visite specialistiche, accompagnamento di un familiare ad una visita medica, malore improvviso durante lo svolgimento del servizio che non dà titolo alla malattia ecc..
Il permesso potrà altresì essere fruito in quei casi eccezionali, involontari e imprevedibili: presenza di ghiaccio o neve, foratura della gomma dell’auto, sciopero o un guasto dei mezzi di trasporto, comunque per tutte quelle cause non imputabili al dipendente che non permettono di raggiungere la sede di servizio nelle prime ore di servizio.
E’ importante sapere che non è obbligatorio documentare le esigenze personali a supporto della richiesta. Ciò è stato chiarito dall’ARAN che ha precisato come il Contratto non individua, in via preventiva ed espressa, alcuna specifica esigenza o ragione giustificativa per la concessione del beneficio. Men che meno viene richiesta, a tal fine, l’esibizione di una particolare documentazione giustificativa.
In concreto, per poter fruire dei permessi il dipendente è tenuto a presentare con un ragionevole anticipo (a meno che non si tratti di motivi urgenti ed imprevedibili) richiesta di permesso orario redatta per iscritto, in carta semplice, indirizzata al proprio dirigente scolastico contenente la ragione per cui è richiesto il permesso e il giorno in cui sarà fruito. In casi particolari, imprevedibili ed eccezionali che rendono impossibile la richiesta scritta del permesso con un ragionevole anticipo, il dipendente ha l’obbligo di comunicare tempestivamente alla scuola in cui presta servizio l’assenza, indicandone la durata oraria e i motivi a supporto della richiesta.
Concludendo, alla domanda “può il dirigente negare i permessi brevi?” va data risposta affermativa, ma condizionata. La valutazione del dirigente, ai fini della concessione del permesso, non si focalizza sui motivi eventualmente addotti dal dipendente, ma in via assolutamente prioritaria sulla compatibilità dell’assenza con le esigenze organizzative della scuola (possibilità della sostituzione con personale in servizio della scuola anche dietro corresponsione di ore eccedenti), ed in caso negativo potrà legittimamente rifiutare il permesso. Il dirigente, quindi, dovrà adeguatamente motivare il parere negativo per iscritto con la indicazione specifica delle prioritarie esigenze di servizio da tutelare e che ostano alla fruizione del permesso come richiesto dal dipendente.
Il permesso breve non si configura come un “diritto” del dipendente in quanto spetta sempre al dirigente valutare se concedere o meno il permesso. Costituiscono eccezione alla regola quelle situazioni sopra indicate, qualificate come casi eccezionali, involontari ed imprevedibili non imputabili al dipendente, in cui il dirigente può attribuire il permesso orario d’ufficio a giustificazione dell’assenza del dipendente.
Come comportarsi di fronte ad un diniego del D.S.?
Qualora su richiesta formale del docente il dirigente scolastico dovesse negare il permesso o quanto meno assumere un comportamento ostruzionistico pretendendo una produzione cavillosa di documentazione non necessaria, il consiglio più utile da dare all’insegnante è quello di rivolgersi il prima possibile ad un legale di fiducia, al fine di avviare in primis un confronto costruttivo con lo stesso D.S. sul piano del diritto, ed in caso di risultato negativo intraprendere un’azione di risoluzione stragiudiziale per ottenere la soddisfazione del proprio interesse che, a ben vedere, non è una concessione discrezionale del dirigente, ma un vero e proprio diritto soggettivo dell’insegnante.
La vigente normativa riconosce al lavoratore uno specifico diritto alla fruizione di detti permessi, senza in alcun modo prevedere, direttamente o indirettamente, alcuna possibilità del datore di lavoro pubblico di impedire, limitare o solo di ritardare l’esercizio di questo diritto, anche in presenza di particolari e rilevanti ragioni organizzative e funzionali.
Inoltre, per i docenti tali permessi non potranno essere negati neanche per i giorni in cui sono previste attività collegiali compresi gli scrutini. Infatti, la clausola prevede genericamente che tali permessi possono essere fruiti “per motivi personali e familiari” consentendo, quindi, a ciascun dipendente, di individuare le situazioni soggettive o le esigenze di carattere personale o familiare ritenute più opportune ai fini del ricorso a tale particolare tutela contrattuale.
Detto ciò, occorre puntualizzare che:
1) Il Contratto non prevede l’esistenza di una valutazione o di una discrezionalità del dirigente sulle motivazioni addotte dal richiedente il permesso;
2) Il Contratto (né nessun’altra norma di legge) non mostra un’elencazione precisa di quali siano i motivi personali e/o familiari per cui sia possibile fruire dei permessi;
3) Sia i tribunali che l’ARAN hanno chiaramente decretato che non vi è alcuna discrezionalità del dirigente nella concessione del permesso.
Infatti, secondo la giurisprudenza (Tribunale di Monza sent. del 12.5.2011, Tribunale di Lagonegro sent. del 4.4.2012, Tribunale di Sciacca sent. del 25.10.2013) il dirigente si deve limitare ad un controllo sulla correttezza formale della domanda, non avendo alcuna discrezionalità, ma è tenuto soltanto alla mera verifica della sussistenza dei requisiti e delle condizioni prescritte dalla norma (accertarsi che sia stata presentata dal docente la documentazione e/o l’autocertificazione necessaria e che queste ultime siano idonee a giustificare l’assenza).
Per completezza espositiva, eventuali motivi che ostano all’accoglimento della domanda per la fruizione dei permessi devono essere messi per iscritto su carta intestata della Scuola a firma del Dirigente Scolastico o Vicario (che se ne assume la responsabilità amministrativa e giuridica) così come prevede la normativa vigente (art. 10-bis della Legge n. 241/1990 novellato dall’art. 6 della Legge n. 15/2005). Questo si rende necessario al fine di generare un “mezzo di prova” perché anche in presenza di risposte scritte, rimane il fatto che il lavoratore è stato posto nella condizione forzata di non esercitare un proprio diritto contrattualmente previsto. Quindi, anche in presenza di una precisa condotta formale da parte del D.S. il lavoratore potrà ricorrere al Tribunale del Lavoro competente per territorio, che entrerà nel merito delle motivazioni addotte dal D.S. e valuterà in modo terzo ed imparziale se le ragioni dell’amministrazione siano valide a tal punto da ledere il diritto del lavoratore.