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Da Polipio: Il sindacatino di presidi-poverelli

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certificazione-inglese1Con una esplicita e inequivocabile espressione, contenuta nella Memoria consegnata il 7 febbraio 2017 (giorno dell’incontro conoscitivo nel salone dei Ministri, a Roma, viale Trastevere 76/a, con la ministra Valeria  Fedeli, incontro al quale parteciparono anche i Segretari Generali di Anp Cida, Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Confsal-Snals), il capo del sindacatino di presidi-poverelli – dopo avere esplicitato la bizzarra pretesa, tale da sembrare un’angosciante ossessione da presidi-padroni e presidi-sceriffi, che “occorre un urgente intervento legislativo che ponga in capo al Dirigente il potere disciplinare nella sua interezza ponendo fine al garantismo ad oltranza e all’imperante impunità”, poiché, dato che i giudici continuano ad applicare le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, “non si esclude la sterilizzazione del sistema legale delle sanzioni disciplinari, corso-limsull’abbrivo di una montante, e stravagante, giurisprudenza che vuole il dirigente scolastico focalizzato, nei confronti dei docenti, alla sola erogazione dell’avvertimento scritto e della censura” –, aveva avvertito la ministra Valeria Fedeli: “La misura è colma. Non è più tollerabile che un dirigente scolastico nonostante le inconfrontabili responsabilità e competenze, percepisca una retribuzione pari alla metà di quella degli altri dirigenti di pari fascia. E’ ora che la Politica intervenga prima che la categoria, esasperata, reagisca anche in modo violento”. Così da parte del Segretario generale di Dirigentiscuola CODIRP dopo il traghettamento dalla CONFEDIR, alla quale aderisce il nuovo sindacato di d.s. UDIR, fondato per conseguire la finalità “di trattare tutti i dirigenti allo stesso modo assunti negli anni successivi al 2001”, che potrebbe subentrare a Dirigentiscuola, dopo il conteggio delle deleghe al 31 dicembre 2017, nelle convocazioni presso la sede del Miur dei Segretari Generali delle organizzazioni università telematica ecampussindacali dell’Area V dirigenza scolastica.Due giorni dopo l’incontro del 7 febbraio, una prima nota del sindacatino di presidi-poverelli di non accettazione di 85 euro lordi mensili nel triennio 2016-2018. I docenti e in non docenti hanno perduto in sette anni 28 miliardi di euro, e continuano a perderne da 150 a 250 al mese (durante quest’anno, compresa la tredicesima mensilità, da 1.950 a 3.250 euro); pertanto, è assurdo e intollerabile che possano essere concessi aumenti stipendiali ai presidi se prima non sono stati aumentati di centinaia di euro al mese gli stipendi dei docenti e del personale ata. Ancora tre giorni, e prende luce il documento del Consiglio nazionale dello stesso sindacatino che invita Cgil-Cisl-Uil a ritirare entro l’11 marzo 2017 la firma dell’accordo del 30.11.2016, e intanto proclama “lo stato di agitazione della categoria “, chiamando “tutti i dirigenti scolastici italiani a prendere parte alle manifestazioni di lotta che saranno programmate e attuate”, nella sostanza a tempo indeterminato, cioè fino “al tangibile riscontro della soluzione della mancata perequazione economica”, demandando “alla Segreteria Nazionale l’organizzazione delle azioni di lotta deliberate nella odierna seduta”. Insomma, “manifestazioni di lotta”, “azioni di lotta”, che si aggiungono alle reazioni “anche in modo violento” da parte “della categoria esasperata”. Il 24 febbraio: “La misura è colma e … la categoria sta esplodendo”. Infine, il 6 marzo, “l’ultimatum sta per scadere: dirigentiscuola pronta alla lotta” e, “cambiando la storia del sindacalismo, sta preparando azioni eclatanti!”.

Parole, parole, parole, bufale e fanfaronate, oppure è necessario che qualcuno, competente a norma di legge, interpreti e provveda, prima fra tutti la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, a  parte i suoi eventuali “brividi di freddo” nel leggere i termini e le espressioni di cui sopra? Sempre che non intenda soltanto ridere. Comunque, siamo tutti in attesa di acquisire conoscenza diretta delle “manifestazioni di lotta”, delle “azioni di lotta”, delle reazioni “anche in modo violento” da parte “della categoria esasperata”, “della misura colma” e della “categoria” che “sta esplodendo”, di cosa accadrà dopo “l’ultimatum” scaduto da parte di “dirigentiscuola pronta alla lotta”, che sta “cambiando la storia del sindacalismo” e “sta preparando azioni eclatanti”, “pronta alla lotta”, alle “manifestazioni di lotta”, alle “azioni di lotta”, che si aggiungono alle reazioni “anche in modo violento” da parte “della categoria esasperata”. Non ci resta che attendere. E nell’attesa ridere. Pensando, tra l’altro, ai presidi-poverelli che salgono sui tetti delle scuole di Foggia (Comune nel quale ha la sede legale dirigentiscuola, con segretario generale e componenti della segreteria nazionale, ad eccezione di un campano, tutti pugliesi, come il responsabile formazione-ente di formazione e il responsabile contrattazione organici-soci pensionati). Sì, sui tetti delle scuole e rimanervi, facendo lo sciopero della fame per mancanza di migliaia di euro, fino a quando non gli saranno concessi pieni poteri per assumere professori e professoresse (queste magari a seguito di richiesta di presentazione, immediatamente eseguita, di un curricolo fotografico) e addirittura sbizzarrirsi in procedimenti disciplinari e sanzioni fino al licenziamento a carico di chi sta sempre con la schiena dritta e non è disposto/a a cedere a nessuna anomala richiesta; ma anche fino a quando a 85, euro mensili derivanti dall’accordo del 30.11.2016, non saranno aggiunti uno o due zeri (resta da vedere se prima o dopo 85). Tra “le azioni di lotta eclatanti” si potrebbe pensare all’occupazione del palazzo del Miur, ma per essere meno invasivi in pensiero va ai cortei, mascherati da studenti e studentesse, oppure in parte svestiti, dimostrando o parafrasando l’insufficienza stipendiale, a Roma, lungo il viale Trastevere; e poi restarvi giorno e notte, a digiuno, sistemati alla meno peggio, di notte, accampati dentro tendoni da campeggio. Quanto  alle reazioni “anche in modo violento” da parte “della categoria esasperata”, si potrebbe pensare allo strappo dei rami secchi dagli alberi nei giardini delle scuole.

Comunque, è anche giusto che la ministra Valeria Fedeli rida, invece di avvertire “brividi di freddo”, di fronte alle angoscianti minacce (o burlesche?) formulate dal capo di un sindacatino di presidi-poverelli (pensionati compresi, esperti, anche i non pensionati/e, attivi e interessati,  anche trasferendosi, a conseguire ulteriori guadagni provenienti dal coabitativo sistema di preparazione al concorso per dirigenti scolastici, in sede unica ovviamente in affitto e quindi con canone corrisposto al proprietario dell’immobile), dai curricula vitae anche incompleti e non aggiornati, che incassano dallo Stato totali annui lordi da cinquantacinquemila a settantamila euro (più eventuali altri incassi derivanti da progetti e da altro), mentre il totale annuo lordo di un/a docente di scuola secondaria superiore dopo 35 anni di servizio (il massimo per i docenti, perché quelli della scuola dell’infanzia e della scuola primaria con pari anzianità di servizio percepiscono circa 400 euro in meno, corrispondente al 20 per cento) è di circa 38.000 euro: totale lordo. Lo stipendio netto di una professoressa, dopo 15-16 anni di insegnamento, la metà dei quali, dopo la prima metà, nella scuola secondaria superiore, è di 1.450 euro. Dopo 35 anni di lavoro, il totale annuo lordo per un collaboratore scolastico è di 22.500 euro; per un assistente amministrativo e tecnico è 26.000 euro, per un coordinatore amministrativo e tecnico è 31.000 euro, per il direttore dei servizi generali e amministrativi è di 39.000 euro. Il netto, rispettivamente, con riferimento alle quattro categorie, dal primo al trentacinquesimo anno di servizio, va da 1.050 a 1.250, da 1.100 a 1.400, da 1.230 a 1.690, da 1.440 a 2.040 euro. Quello dei docenti, dal primo al trentacinquesimo anno di servizio: nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, da 1.300 a 1820; nella scuola secondaria di primo grado, da 1.390 a 1.1960; nella scuola secondaria superiore, da 1.390 a 2.025 euro al mese.

Il preside non è un “dirigente”, anche se è stata istituita la figura del dirigente scolastico, data la presenza della figura del direttore dei servizi generali e amministrativi, al quale compete l’organizzazione delle attività di gestione e amministrative, nonché la corrispondente responsabilità. Il preside è e deve esclusivamente essere coordinatore e guida delle attività didattiche, delle iniziative di formazione professionale scuola-lavoro. In una scuola delle mancette e delle elemosine, di cui vergognarsi, i presidi-padroni e i presidi-sceriffi, che rivendicano, peraltro da assolutamente incompetenti, pieni poteri, tali da potersi definire di stampo dittatoriale, nei confronti dei docenti e del personale ata,  rappresentano il definitivo tracollo della democrazia e dei diritti garantiti dalla Costituzione, della partecipazione collegiale all’istruzione e alla formazione dei giovani. I presidi debbono essere eletti dai docenti (Polibio tratterà in un altro articolo la questione con puntuali riferimenti) e, sia pure con diversa percentuale rispetto al singolo voto di ciascun docente, come avviene negli Atenei, anche dai non docenti. Il preside elettivo non deve essere totalmente esonerato dallo svolgere attività didattica e non deve svolgere altre attività retribuite, diversamente da come fanno i cosiddetti presidi-poverelli, magari evadendo il fisco. In carica per sei anni non ripetibili, deve avere la piena responsabilità dell’organizzazione delle attività didattiche. Non c’è un minimo o un massimo d’età, ma non può essere eletto preside chi non può disporre di sei anni scolastici prima di raggiungere il limite di età per andare in pensione. Gli attuali presidi – di molti di loro l’età è alquanto matura – continueranno a svolgere la funzione fino al collocamento in pensione; ma identica a  quella del preside eletto. Anche mantenendo l’attuale retribuzione. Lo Stato, in definitiva, nel volgere di non molti anni, potrebbe trarre quel vantaggio economico da destinare alla scuola, riducendo il numero degli alunni per classe, attuando il tempo prolungato e il tempo pieno nelle regioni dove la percentuale è addirittura evanescente, assumendo personale docente e ata, dando il necessario sostegno e la doverosa assistenza in ambito scolastico agli alunni e alle alunne che ne hanno bisogno.

Nessun potere assoluto per quanto concerne le contestazioni, i procedimenti disciplinari e le sanzioni ai docenti e agli ata addirittura con licenziamento. Ma nemmeno per l’avvertimento e per la censura, perché il potere non può appartenere esclusivamente a nessuno. Comunque, a parte le competenze disciplinari, che appartengono a specifici uffici, non è oggettivamente possibile vedere nel preside, elettivo o, per il momento, quello attuale imposto, sia pure per concorso, colui che apre il procedimento disciplinare, che ascolta il dipendente con o senza l’assistenza di un legale o di un rappresentante sindacale, che continua a essere denunciante e infine giudice unico che infligge la pena. Pur continuando ad attivare il procedimento disciplinare esclusivamente per le sanzioni di avvertimento e di censura (peraltro ciò dovrebbe valere anche per il personale ata, al fine di evitare l’assurdità, ma forse il “programmato” intento, di infliggere sanzioni, con la sospensione dal servizio e con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, addirittura di dieci giorni a ripetizione, una subito dopo l’altra, e così a seguire fino a trenta, quaranta e anche più giorni), il preside (elettivo o imposto) dovrebbe svolgere la funzione di contestatore in forma scritta dell’addebito, ma a sentire l’interessato/a a sua difesa, con o senza l’assistente di un legale o di un rappresentante sindacale deve essere una commissione, composta, con riferimento alla qualifica dell’incolpato dal preside, da personale docente o da personale non docente in servizio nella scuola estratto a sorte tra pari, senza la benché minima intromissione da parte del preside, che altrimenti sarebbe sottoposto a procedimento disciplinare da parte dell’Ufficio scolastico regionale di appartenenza (Uffici che addirittura rimangono, purtroppo, “paralizzati” – chissà perché? – anche dopo avere ricevuto relazioni ispettive corredate di documenti e di prove inconfutabili concernenti i comportamenti di qualche preside).

Polibio                                                                                                                        

polibio.polibio@hotmail.it  

Fonte: http://www.gildavenezia.it/il-sindacatino-di-presidi-poverelli/

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