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Pugno duro della Cassazione: manette per le maestre che sculacciano i bambini

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eipass-7moduli3_300x300www.oggiscuola.it Pugno duro della corte di Cassazione nei confronti delle maestre accusate di sculacciate ai propri alunni. Per i giudici della suprema corte, infatti,  si tratta di condotte che «travalicano i limiti dell’uso dei mezzi di correzione» e che possono configurare il reato di maltrattamenti, per cui può anche essere prevista una misura cautelare. Accogliendo il ricorso presentato dal capo della Procura di Rimini, la Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza con cui il tribunale del Riesame di Bologna aveva detto «no» agli arresti domiciliari per una maestra di una scuola dell’infanzia, che, secondo l’accusa, aveva colpito ripetutamente un bimbo di tre anni «con forti sculaccioni». Il Riesame aveva rilevato che da parte dell’educatrice non c’erano state, come osservato anche attraverso filmati di centinaia di ore, «condotte violente o denotanti una particolare aggressività», ma piuttosto un «fare brusco», senza che «venisse in luce una volontà persecutoria nei confronti dei minori». La sesta sezione penale della Suprema Corte ha invece ritenuto fondato il ricorso della Procura, sottolineando che «in tema di rapporti tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, deve escludersi che l’intento educativo e correttivo dell’agente costituisca un elemento dirimente per far rientrare il sistematico ricorso ad atti di violenza commessi nei confronti di minori nella meno grave previsione» contenuta nell’articolo 571 del codice penale, ossia l’abuso dei mezzi di correzione: infatti, «l’esercizio del potere di correzione al di fuori dei casi consentiti o con mezzi di per sé illeciti o contrari allo scopo, deve ritenersi escluso dalla predetta ipotesi di abuso e va inquadrato nell’ambito di diverse fattispecie incriminatrici». L’abuso dei mezzi di correzione da parte di un insegnante, osservano ancora i giudici della Cassazione nella sentenza depositata oggi, «è sicuramente integrato non solo dall’uso di sanzioni corporali, ma anche da qualunque condotta di coartazione fisica o morale che renda dolorose e mortificanti le relazioni tra l’insegnante e la classe o i singoli discenti attuata consapevolmente anche laddove le «finalità educative» sono teoricamente «accettabili». L’eccesso dei mezzi di correzione violenti, quindi, conclude la Corte, «concretizza il reato di maltrattamenti» e non quello di abuso dei mezzi di correzione «poiché l’intenzione soggettiva non è idonea a far rientrare nella fattispecie meno grave una condotta oggettiva di abituali maltrattamenti, consistenti in rimproveri anche per futili motivi, offese e minacce, violenze fisiche».

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