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BONUS DOCENTI: è tutti contro tutti

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Lo abbiamo scritto una miriade di volte che la premialità nella scuola serve a dividere e a lacerare gli insegnanti, avevamo ragione.

Adesso è tutti contro tutti, Insegnanti contro presidi, docenti giovani contro quelli più anziani, anziani contro i colleghi più “tecnologici” e così via. Una guerra! La scuola invece dovrebbe restare un ambiente sereno e master-perf-biennalicollaborativo, ma a quanto pare chi la governa ha tutt’altre intenzioni. Salvo Intravaia ne scrive nell’articolo che segue.

Insegnanti “contro” presidi, neo immessi in ruolo contro prof anziani e governo contro sindacati. Il bonus che a giugno premierà i docenti “migliori” sta mettendo tutti contro tutti. Per pochi spiccioli, se si vanno a fare due conti. In altre parole, un mezzo disastro per i rapporti all’interno delle scuole. L’ultimo atto di una vicenda che non è affatto conclusa, la rottura della contrattazione tra tecnici del ministero dell’Istruzione e sindacati sulla questione. Ieri pomeriggio, dopo una riunione convulsa a viale Trastevere, i rappresentanti dei lavoratori hanno abbandonato il tavolo del confronto. E subito dopo il ministero è uscito con un comunicato in cui annuncia che il ministero Stefania Giannini ha firmato il decreto che consente erogazione, per il 2016, dei 200 milioni previsti dalla Buona scuola per premiare gli insegnanti più bravi.

Spiegando che i dirigenti scolastici dovranno premiare gli “insegnanti che si sono distinti per la loro capacità di innovare la didattica, di potenziare le competenze degli studenti” e quelli che hanno contribuito “al miglioramento della comunità scolastica”. Sottolineando che il “fondo sarà distribuito tenendo conto di due parametri: la numerosità dei docenti di ruolo in servizio e alcuni fattori di complessità della scuola come la presenza di alunni stranieri, di alunni diversamente abili, il numero medio di alunni per classe, il numero di sedi scolastiche in aree montane o piccole isole”. E che dovrà essere “il dirigente scolastico ad assegnare i fondi al personale docente tenendo conto dei criteri stabiliti da un apposito nucleo di valutazione”, che il fondo dovrà essere utilizzato in modo mirato” e “non potrà essere distribuito a pioggia né dato solo a uno o due docenti”.
I nodi che tengono molto distanti le parti sono due: la natura del Comitato di valutazione e che tipo di risorse sono quelle del merito. Secondo il Miur, il Comitato potrà funzionare anche se incompleto – in alcune scuole i docenti non hanno voluto eleggere i tre rappresentanti previsti – e deve essere il preside senza passare dalla contrattazione d’istituto a individuare i destinatari del premio. I sindacati la pensano all’esatto opposto anche perché la legge 107 conferisce a queste somma la “natura di retribuzione accessoria” che va contrattata.

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Ma nelle scuole il clima sta diventando incandescente. A spiegare cosa sta succedendo in queste settimane è Patrizia Borrelli, insegnante di scuola primaria al Domenico Purificato di Roma, nei pressi del quartiere Cecchignola: “Siamo all’inizio, ma già si intravedono gli scenari possibili. In questa vicenda è fondamentale il ruolo che sta giocando il dirigente scolastico: nelle scuole in cui questo budget viene considerato salario accessorio, come dice la legge, e viene contrattato con le Rsu le cose potranno andare bene”. Ma contro questa c’è la posizione politica del ministero che affida ai capi d’istituto la partita. Senza troppe intromissioni degli organismi collegiali. “Negli istituti – prosegue la maestra – in cui si aprirà la competizione, le conseguenze saranno drammatiche perché, per la stragrande maggioranza, i docenti non sono d’accordo con la valutazione che considerano un elemento divisivo in un momento di cambiamento imposto dall’alto. Tra l’altro, non è facile valutare il lavoro degli insegnanti”. Basta fare un esempio. “Io insegno in due classi di scuola elementare e, nonostante utilizzi lo stesso metodo didattico/educativo, ottengo risultati diversi”.

Ma a che punto siamo con l’organizzazione della kermesse sul merito?  Il primo passo è stato quello di nominare i sette membri del Comitato di valutazione di ogni singolo istituto: il dirigente scolastico, tre docenti, due genitori – un genitore e uno studente, al superiore – e un componente esterno individuato dall’Ufficio scolastico regionale. Che in quasi tutte le regioni ha nominato un altro capo d’istituto. In alcune scuole, i docenti si sono rifiutati di eleggere i tre insegnanti del Comitato. Una decisione che metterà a rischio la conferma in ruolo dei colleghi appena assunti – perché l’organismo di valutazione ha anche il compito di valutare i neo immessi in ruolo – e contrappone neoassunti con i docenti “anziani”. I sette componenti hanno il compito di elaborare i criteri per la ripartizione dell’intera somma che a giorni sarà assegnata ad ogni singola scuola.
Sarà poi il preside ad individuare maestri e professori da gratificare. Ma di cosa si parla in termini economici? Il conteggio è abbastanza semplice. Per quest’anno scolastico, la somma che arriverà nelle casse di tutti gli istituti italiani sarà di 133,3 milioni di euro: gli otto dodicesimi dei 200 milioni stanziati dalla Buona scuola. Il resto andrà al prossimo anno. Una cifra che, spalmata tra le 8mila e 500 scuole italiane, determina un bonus medio di 15/16mila euro lordi ad istituto, che netti si dimezzano. La quota da assegnare ad ogni singolo insegnante che si è distinto per le attività svolge durante l’anno dipenderà poi da quanti il preside e il Comitato di valutazione decideranno di premiarne. Nell’ipotesi di allargare

la platea al 30 per cento dell’intero corpo docente, ad ogni maestro e prof meritevole toccheranno 320 euro netti di bonus: 27 al mese. Che si raddoppieranno se il premio andrà al 15 per cento degli insegnanti e si triplicherà se ad essere premiati sarà il 10 per cento.

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