Durissima reazione di Roberta D’Alessandro, fra i vincitori – coi colleghi Francesco Berto e Arianna Betti – del prestigioso bando europeo ERC Consolidator, su Facebook nei confronti della ministra Giannini: “Ministra, la prego di non vantarsi dei miei risultati”. Infatti la ministra sulla sua pagina Fb, saputo del premio alla giovane ricercatrice e lusingata per i risultati complessivi del bando ( che vede l’Italia terza per numero di assegnatari della borsa e prima per numero di ricercatrici vincitrici) aveva scritto: “Un’altra ottima notizia per la ricerca italiana. Colpisce positivamente il dato del numero di borse totali ottenute dai nostri ricercatori, che ci posiziona al terzo posto insieme alla Francia. Ma, soprattutto, colpisce il fatto che siamo primi per numero di ricercatrici che hanno ottenuto un riconoscimento. Complimenti ai nostri ricercatori e alle nostre ricercatrici!”.
Ma se l’entusiamo inebriava la ministra, al punto di attribuirsi meriti non suoi, non altrettanto lusingava la ricercatrice che in poche parole suggeriva a Giannini di non mettere il capello sopra un successo per il quale lei e il suo dicastero non c’entravano per nulla. La ricercatrice anzi esprimeva tutta la propria indignazione per aver festeggiato quei “risultati che italiani non sono”: “La mia ERC e quella del collega Francesco Berto sono olandesi, non italiane. L’Italia non ci ha voluto, preferendoci, nei vari concorsi, persone che nella lista degli assegnatari dei fondi ERC non compaiono, né compariranno mai. E così, io, Francesco e l’altra collega, Arianna Betti (che ha appena ottenuto 2 milioni di euro anche lei, da un altro ente), in 2 mesi abbiamo ottenuto 6 milioni di euro di fondi, che useremo in Olanda. L’Italia ne può evidentemente fare a meno. Prima del colloquio per le selezioni finali dell’ERC – racconta ancora la ricercatrice -, ero in sala d’aspetto con altri 3 italiani. Nessuno di noi lavorava in Italia. Immagino che qualcuno di loro ce l’abbia fatta, e sia compreso nella sua “lettura personale” della statistica”.
“Abbia almeno il garbo – attacca quindi D’Alessandro – di non unire, al danno, la beffa, e di non appropriarsi di risultati che italiani non sono. Proprio come noi. Vada a chiedere alla vincitrice del concorso per linguistica informatica al Politecnico di Milano (con dottorato in estetica, mentre io lavoravo in Microsoft), quante grant ha ottenuto. Vada a chiedere alle due vincitrici del concorso in linguistica inglese, senza dottorato, alla Statale di Milano, quanti fondi hanno ottenuto. Vada a chiedere alla vincitrice del concorso di linguistica inglese, specializzata in tedesco, che vinceva il concorso all’Aquila (mentre io lo vincevo a Cambridge, la settimana dopo) quanti fondi ha ottenuto. Sono i fondi di queste persone che le permetto di contare, non i miei”.
Roberta è una dei trenta vincitori italiani e vive all’estero: ha studiato a Cambridge in Inghilterra, ora lavora a Leida in Olanda. Sarebbe bastato scorrere le pagine del documento per accorgersi che, se è vero che l’Italia è terza nella classifica di vincitori, è agli ultimi posti per percentuale di borsisti residenti in patria.
Solo Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Bulgaria e Slovacchia fanno peggio in Europa.
Il bando prevede che il vincitore, a prescindere dal Paese d’origine, è libero di scegliere l’istituzione e la sede dove andare a sviluppare il suo progetto. Portandosi dietro la borsa vinta. È il caso appunto di Roberta D’Alessandro che ha scelto l’Olanda insieme coi suoi colleghi.
La storia che Roberta D’Alessandro racconta è quella di uno dei tanti “cervelli in fuga”, scappati dall’Italia a causa di troppe chiusure di porte in faccia al merito. Ma è anche il manifesto chiaro, crediamo, di una scuola italiana che, nonostante le tante balordaggini perpetrate nei suoi confronti, riesce a formare scenziati di altissimo profilo.