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Scuola, anno al giro di boa: “Ma senza i contributi delle famiglie non funziona”

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Le associazioni studentesche dichiarano guerra ai contributi “volontari” che permettono agli istituti scolastici di sopravvivere

FONTE: repubblica.it

Arrivano le prime pagelle ma le famiglie devono ricorrere alle lezioni private per scongiurare lo studio estivo dei figli rimandati. La scuola italiana in perenne “crisi economica” non è più in grado di garantire i corsi di recupero agli studenti con brutti voti e, in vista delle prossime iscrizioni, le associazioni studentesche dichiarano guerra ai contributi “volontari” che permettono agli istituti scolastici di sopravvivere. Un bel busillis per i capi d’istituto che si ritrovano tra l’incudine della normativa e il martello: l’impossibilità di attuarla per penuria di fondi. E nonostante gli sforzi della Buona scuola, presidi e docenti devono continuare a fare i conti con la carenza di finanziamenti dovuta ad anni di cura da cavallo al sistema di istruzione nazionale imposta dai governi Berlusconi, Monti e Letta.

Basta scorrere i Rav – i Rapporti di autovalutazione compilati l’estate scorsa da tutti gli istituti – per comprendere la situazione in cui si trovano le istituzioni scolastiche del Paese. “In estrema sintesi, economicamente la scuola è finanziata dallo Stato per ciò che riguarda gli stipendi dei docenti ed altri servizi, mentre per il funzionamento generale è finanziata dalle famiglie (tramite il contributo volontario versato dalla maggior parte di esse) che finanziano anche le visite d’istruzione”, si legge nel documento del liceo classico Giordano Bruno di Budrio, in provincia di Bologna. Ma negli ultimi anni la crisi economica ha prodotto un calo generalizzato anche di questi preziosi fondi. Spesso i finanziamenti per i funzionamento erogati dallo stato e dagli enti locali sono risicati e in molte realtà i finanziamenti da privati non esistono.

“Non sono presenti forme di finanziamento privato significative – confermano dal liceo scientifico Siani di Napoli – se non per il contributo volontario degli alunni che si è molto assottigliato negli anni viste le difficili condizioni economiche che caratterizzano la nostra utenza”. Gli istituti più fortunati raccolgono la quota dalla maggior parte delle famiglie. Come accade al classico Mameli di Roma che “dal punto di vista delle risorse economiche, può contare – si legge nel Rav – sul contributo volontario delle famiglie, corrisposto dal 70 per cento delle stesse”. Ma al Sud non è sempre facile raccogliere fondi anche dai genitori. Perché, riguardo “alle risorse economiche disponibili, si è verificato un calo sensibile degli introiti relativi al contributo volontario versato dagli allievi, nonostante – spiegano dal liceo classico Vittorio Emanuele II di Palermo – il consiglio di Istituto ne abbia diminuito l’importo ed esso risulti inferiore alla media degli altri istituti cittadini”.

ricorso-tar-new-3E se non è facile convincere le famiglie degli studenti che frequentano i licei, figuriamoci quanto sia facile racimolare risorse da quelle dei ragazzi dei tecnici e dei professionali che devono ricorrere al volontariato anche degli insegnanti. Come accade all’istituto tecnico Pertini di Genzano di Roma dove “molte attività sono state svolte grazie al contributo volontario dei docenti”. E senza fondi i corsi di recupero, che le scuole dovrebbero organizzare obbligatoriamente, non si possono svolgere. O se ne svolgono un numero, e per un ammontare di ore, ridicolo rispetto alle necessità. Basti confrontare due numeri. Nel 1999, la cifra destinata dal ministero dell’Istruzione agli Idei – gli interventi didattici educativi e integrativi introdotti nel 1995, quando vennero aboliti gli esami di riparazione – era di 322 miliardi di vecchie lire, pari a 167 milioni di euro. Nell’anno scolastico 2013/2014, gli istituti superiori italiani hanno assicurato in media 63 ore di recupero in tutto l’anno per una spesa totale lontanissima dal budget di quindici anni prima: appena 9 milioni di euro pari al 5 per cento di quanto si spendeva nel 1999. Nel frattempo, la cifra destinata ai corsi di recupero è confluita nel cosiddetto capitolone e, successivamente, rosicchiata da anni e anni di tagli alle risorse economiche delle scuole, che si sono dimezzate. La Buona scuola, con un incremento di circa 110 milioni per spese di funzionamento scongiurerà l’acquisto di detersivi e carta per fotocopie con le risorse versate dai genitori. Ma chi vorrà evitare la rimandatura a settembre dovrà probabilmente cercarsi un bravo docente privato perché i contributi volontari delle famiglie potranno ridursi ancora. L’Unione

degli studenti ha infatti ha avviato una “campagna di denuncia sui contributi volontari”, auspicando lo “stop al salasso per le famiglie e ai soprusi ai danni degli studenti” da parte di quelle scuole che “impongono” il contributo “volontario”.

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