Così il dirigente Maria De Biase, pluripremiata “preside-sceriffo”, che ha rivoluzionato le sue classi nel Cilento con numerose iniziative.
“Tanti docenti sono infingardi, fannulloni, incapaci e incompetenti. Perché ci fa tanta paura l’idea che chi è incapace deve cambiare mestiere?” E’ l’opinione della dirigente Maria De Biase, dirigente scolastica che ha rivoluzionato le sue classi nel Cilento con numerose iniziative.
Intervistata da Retenews24 non ha peli sulla lingua: ben venga la Buona scuola di Renzi e i maggiori poteri ai presidi.
Perché lei “non è una preside qualunque. Nelle sue scuole, nel Piano di offerta formativa, ha inserito l’orto sinergico, il laboratorio di riparazione e recupero delle tradizioni locali, il compostaggio e l’eco-merenda. Niente merendine da casa ma pane e olio fatti a scuola, dai ragazzi. Nelle mense ha portato verdure fresche e prodotti del posto: dagli orti delle stesse scuole. Niente piatti di plastica ma di coccio. E poi, il bidolio: raccolta di olio usato con cui fare il sapone, direttamente a scuola. Una rivoluzione minuscola, terra terra, che le è valso nel 2013 a Torino il premio Agri Civic Awards e nel dicembre scorso il premio Cittadino Europeo 2014, direttamente dall’Europarlamento. La buona scuola, Maria De Biase la fa. Ma che fatica”.
Che cosa dunque ne pensa questa dirigente virtuosa del progetto Renzi? Alla domanda risponde così:”Un aspetto positivo: le assunzioni. Ma anche il bonus di 500 euro per la formazione dei docenti, anche se è poca cosa. Non sono d’accordo con le agevolazioni fiscali in favore delle famiglie che iscriveranno i figli nelle scuole paritarie e le donazioni liberali a favore del sistema pubblico. Non ho apprezzato che non sia stato rivisto l’insegnamento della religione cattolica”.
E come vede la tanto contestata chiamata diretta degli insegnanti da parte dei presidi? La ritiene molto positiva: “Immagino che cosa potrei fare nella mia scuola se avessi la possibilità di avere docenti capaci e preparati per attivare le buone pratiche. L’Italia è un Paese vecchio, nel senso che ha paura delle novità, di andare a scardinare principi che ritiene ancora troppo importanti”.
La De Biase si riferisce “alle ideologie, ai sindacati, alla chiusura totale verso l’idea che certi lavoratori devono rimettere in discussione tutto. Il corporativismo dei docenti e dei dirigenti non fa bene alla scuola”.
Infine il duro giudizio nei confronti degli insegnanti: “D’accordo, i diritti, il rispetto dei lavoratori, ma quando cominciamo a dirci che tanti docenti sono infingardi, fannulloni, incapaci e incompetenti? Mi attirerò critiche ma non temo di dirlo. Perché ci fa tanta paura l’idea che chi è incapace deve cambiare mestiere? Perché tanti dirigenti scolastici ritengono un punto di arrivo il loro lavoro e non un punto di partenza? Molti di loro fanno un altro mestiere, sono avvocati, commercialisti, affaristi, la scuola è l’ultimo dei loro pensieri. Non esagero, ne conosco tanti che non ci vanno, affidano il lavoro ai vice che garantiscono la regolare gestione. Scuole immobili, lente, senza visione”.
Insomma per fare la buona scuola servono buoni docenti: “Come faccio a fare la buona scuola se i docenti che ho a disposizione non sono preparati, non sanno utilizzare un pc, si rifiutano di frequentare i corsi di formazione? Quale buona scuola se un nutrito gruppo di docenti si ammala proprio nei giorni più lunghi e difficili, mandando allo sbaraglio le classi? Cosa faccio con i prof che ammettono senza vergogna che non sopportano gli alunni, li definiscono soggetti, elementi, non li chiamano mai per nome, perché non si meritano tanta confidenza. Se poi mi si dà timidamente l’opportunità di sceglierne qualcuno valido tutti addosso al preside, che diviene padrone, sceriffo, sindaco”.
Sono i docenti il vero problema della scuola: “Ritengo che la maggior parte dei docenti sia molto carente dal punto di vista della formazione iniziale e con gli anni la loro formazione diviene inesistente. Sono dei vecchi impiegati, stanchi, rabbiosi e depressi, vale anche per i dirigenti, che dopo anni di docenza arrivano a ricoprire un ruolo che, spesso, non sanno gestire, tendono a garantire solo la gestione ordinaria. Si diventa docente con sacrifici enormi, a volte con decenni di precariato. Questo sacralizza i docenti e li rende immuni da ogni critica. Hanno faticato tanto e ora guai a chi li tocca. Molti docenti entrano a vent’anni nella scuola con la solita gavetta e per 40 pretendono di continuare a fare scuola senza aggiornarsi, molti di loro si rifiutano anche di leggere un articolo, una riflessione, una rivista di settore, facendo danni enormi, sentendosi intoccabili. In questi mesi si è parlato tanto di scuola e il dibattito si è incentrato soprattutto sui diritti dei docenti, ma gli alunni? Sono soggetti di minor diritto? O hanno bisogno di docenti attenti solidi, preparati, sereni, felici di occuparsi di loro?”
E lo stipendio dei docenti? E’, per certi versi compensato dalle vacanze estive: “È vero, i docenti sono una categoria sottopagata, ma è vero anche che sono gli unici lavoratori (esclusi i docenti impegnati negli esami di maturità) che godono di 60 giorni di vacanze estive. Un tabù impronunciabile. Perché non destinare la metà di questi giorni alla formazione obbligatoria? Altro che bonus. Per un mese tutti a scuola, nelle università, nei centri accreditati a studiare, a rivedere il proprio modo di essere docenti, a ripensare al proprio lavoro, dirigenti compresi. Alcuni hanno idee e principi gentiliani e giurassici che pretendono di applicare nella scuola di oggi. E gli standard europei? E i nuovi saperi?”
Nella nuova scuola bisognava investire in formazione. E bisognerà mandare a casa tanti docenti impreparati e fannulloni. Ma, al di là delle responsabilità individuali, non pensa questa dirigente che la colpa sia di tutto un sistema che svuota la creatività e la buona volontà dei docenti, anche i più preparati e volenterosi? Ne vogliamo parlare?