Tanto tuonò finché non piovve. La Corte Costituzionale ha rinviato a nuovo ruolo l’attesissima udienza del 23 giugno prossimo, dalla quale sarebbe dovuta scaturire la sentenza sull’abuso dei contratti a termine per il reclutamento in Italia.
Lo sconcerto diffusosi tra i precari dopo questa notizia si è aggiunto alla rabbia per il precedente annuncio del governo di far slittare le assunzioni. Ma perché la Corte Costituzionale è arrivata alla clamorosa decisione di non decidere? Che rapporto c’è tra l’atteggiamento del premier Renzi sulle assunzioni e il non Non liquet della Consulta? Abbiamo cercato di comprenderlo con l’aiuto dell’avvocato Vincenzo De Michele, del Foro di Foggia, tra i legali protagonisti delle vertenze giudiziarie culminate nella sentenza Mascolo di Lussemburgo del 26 novembre 2014.
Avvocato De Michele, ieri la Corte costituzionale ha rinviato a nuovo ruolo la discussione delle cause sul precariato scolastico, già fissate per il 23 giugno 2015. Che cosa può essere successo di così grave da giustificare il rinvio meno di una settimana prima?
“Innanzitutto, riconosciamo il merito alla Corte costituzionale di aver sorpreso tutti con la sua provvidenziale decisione di rinvio, anche me. Per capire che cosa sia successo dobbiamo ripercorrere gli ultimi eventi, partendo dalle conclusioni dell’Avvocato generale Szpunar del 17 luglio 2014, che già avevano censurato come incompatibile con la direttiva 1999/70/CE l’attuale sistema di reclutamento scolastico e avevano individuato nel processo di stabilizzazione enunciato nel decreto legge n.104/2013 la modalità individuata dallo stesso Stato italiano per sanare gli abusi nella successione delle supplenze scolastiche. Szpunar aveva detto anche che non sussistono ragioni finanziarie che possano giustificare il precariato scolastico, riconoscendo di fatto quanto era emerso all’udienza del 27 marzo 2014, durante la quale avevamo dimostrato che i famosi costi aggiuntivi per le finanze pubbliche erano inventati e che, con i dati della Ragioneria dello Stato e della Corte dei conti, stabilizzare costava meno che mantenere quel livello assurdo di supplenze”.
E fu un campanello d’allarme, forse il primo, per il nostro Governo.
“Il Governo Renzi aveva subito colto l’occasione con il libricino contenente le linee guida sulla “Buona Scuola” a fine agosto 2014, riconoscendo giuste le conclusioni dell’Avvocato generale Szpunar e sbagliato il sistema di reclutamento scolastico, anche per quanto riguarda le supplenze fino al termine delle attività didattiche, che mascheravano vacanze di organico. Di qui la promessa di 150.000 nuove assunzioni dal 1° settembre 2015, che avrebbero sanato la gravissima situazione.
Il 26 novembre 2014 esce la ormai famosissima sentenza Mascolo – dal nome della docente che non è stata ancora stabilizzata dal Miur, nonostante la favorevole sentenza del Tribunale di Napoli in sede di riassunzione dopo la Corte di giustizia – e la Corte europea non si limita a confermare le conclusioni di Szpunar sull’incompatibilità europea del reclutamento scolastico. Fa molto di più. Indica la misura adeguata per sanzionare gli abusi nella successione dei contratti a termine nel pubblico impiego – anche non scolastico -, cioè la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato dopo 36 mesi di servizio anche non continuativi alle dipendenze della pubblica amministrazione (punto 55 della sentenza), ai sensi dell’art. 5, comma 4 bis, decreto legislativo. n. 368/2001 (che viene citato 17 volte nella sentenza). La Corte non cita l’art. 97 della Costituzione e il concorso pubblico, cita come prima norma interna applicabile l’art. 117, comma 1, Costituzione, e l’obbligo dello Stato di adempiere agli obblighi comunitari, cioè di applicare anche ai propri dipendenti la direttiva 1999/70/CE. La Corte afferma anche che lo Stato italiano e il Tribunale di Napoli è leale e coopera con la Corte di giustizia e con le Istituzioni europee quando applica l’art.5, comma 4 bis, d.lgs. n.368/2001 e, quindi, viola il diritto comunitario quando non stabilizza i precari dopo il superamento dei 36 mesi di servizio: punti 59-61 della sentenza”.
La sentenza, clamorosa, sembrava non lasciare margini di dubbio a molti
“Una sentenza chiarissima, almeno nel resto del territorio dell’Unione europea, tranne che per la Ministra Giannini che, durante il solito dibattito parlamentare a ‘Porta a Porta’, proclamò: ‘la Corte di giustizia non ci ha detto che dobbiamo stabilizzare i precari, ci ha solo detto che dobbiamo eliminare il precariato’, prefigurando così forme di sterminio di massa o di emigrazione culturale dei precari della scuola da offuscare anche gli attuali fenomeni di migrazione dall’Africa. Dopo la sentenza Mascolo tre mesi di buio assoluto, fino alle prime sentenze di stabilizzazione del mitico Tribunale di Napoli, poi il ridimensionamento del numero dei supplenti da stabilizzare dalle gae: da 150.000 a poco più di 100.000, con esclusione di tfa, pas, idonei concorso 2012, ecc. Con la condizionalità che non sarebbero stati assunti con decreto legge, annunziato da Renzi e poi smentito dallo stesso Renzi facendo fare una figura indecorosa alla Ministra, che nulla sapeva, ma all’esito dell’approvazione del ddl ‘La Buona Scuola’, da far approvare improgabilmente entro il 15 giugno 2015”.
Veniamo alla Corte Costituzionale
“Nel frattempo, la Corte costituzionale aveva provveduto a fissare per il 23 giugno 2015 la nuova udienza di discussione delle cause provenienti dalla Corte di giustizia sulle quattro ordinanze, due a testa, dei Tribunale di Roma e di Lamezia Terme, aggiungendo anche altre due ordinanze del Tribunale di Trento: una terza ordinanza del Tribunale di Trento è riservata alla camera di consiglio del 24 giugno 2015 e riguarda il reclutamento dei conservatori di musica. Durante questi lunghissimi mesi di vuoto amministrativo e legislativo dalla sentenza Mascolo, la Commissione europea, avendo già espresso il parere motivato del 20 novembre 2013 a conclusione della procedura di infrazione n. 2010-2124 per totale inadempimento dello Stato italiano ad applicare la direttiva 1999/70/CE ai supplenti della scuola statale, ha sospeso ogni valutazione e non ha depositato il ricorso per inadempimento, più volte sollecitato da europarlamentari italiani e da moltissimi denunzianti precari, in attesa di conoscere le misure nazionali sulla Buona scuola – cioè l’entrata in vigore della legge – per accertare se esse risolvono appieno l’infrazione per il personale che ha superato i 36 mesi di servizio. La Commissione ha letteralmente costretto i funzionari del Miur preposti alla stabilizzazione del precariato a continui viaggi penitenziali a Bruxelles per dare assicurazioni effettive sulla definitiva soluzione del problema del precariato scolastico. Il day after della data fatidica del 15 giugno 2015, Renzi nella consueta sede parlamentare di “Porta a Porta” dichiara che i 3000 emendamenti presentati in Senato al ddl non ne consentiranno l’approvazione in tempi tali da garantire l’assunzione degli oltre 100.000 precari dal 1° settembre 2015. Mi sembra evidente, dunque, che la Corte costituzionale non potesse che evitare l’evidente scaricabarile che Renzi aveva intenzione di rifilare al Giudice delle leggi, rinviando la delicatissima udienza a nuovo ruolo per costringere Governo e Parlamento ad assumersi le responsabilità delle rispettive azioni”.
Ma perché la Corte costituzionale non è autonoma nel suo giudizio? Non poteva risolvere la Corte il problema del precariato scolastico, visto che tutti i giudici di merito attendevano la decisione della Consulta?
“Senza dubbio è autonoma come organo costituzionale di garanzia, ma non credo che avrebbe potuto risolvere il problema del precariato scolastico più dello sforzo coraggioso già realizzato con l’ordinanza n. 207/2013 di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia firmata dal Presidente Mattarella. C’era innanzitutto un problema enorme, giuridico, di ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale delle sette ordinanze dei Tribunali di Trento, Roma e Lamezia Terme, che avevano puntato solo ed esclusivamente alla sanzione del risarcimento dei danni e non della stabilizzazione ed avevano indicato come norma da dichiarare illegittima per contrasto con la direttiva soltanto l’art.4, comma 1, della legge n.124/1999. Del resto, mi pare che la confusione regni sovrana nella giurisprudenza di merito: Corte di giustizia (sentenza Mascolo, punto 116), Cassazione (sentenza n.10127/2012) e Corte costituzionale (ordinanza n.207/2013) sono univoche nell’escludere la possibilità che si applichi il risarcimento dei danni di cui all’art.36, comma 5, d. lgs. n.165/2001, mentre i giudici di merito continuano prevalentemente a inventarsi le soluzioni più fantasiose sul risarcimento dei danni, dimostrando ampiamente di aver perso la bussola. Quindi, non è che la Corte costituzionale, dopo aver escluso il risarcimento dei danni, avrebbe potuto individuare una sanzione effettiva diversa da quella ritenuta adeguata dalla Corte di giustizia, cioè la stabilità lavorativa dopo il superamento dei 36 mesi – tutto compreso, anche gli spezzoni di cattedra, le supplenze fino al termine delle attività didattiche, le sostituzioni effettive, oltre alle supplenze annuali -, perché la norma è chiara e non ammette un’applicazione ‘limitativa’ rispetto alla tipologia di supplenza. E anche per consentire l’applicazione dell’art. 5, comma 4 bis, d.lgs. n. 368/2001, la Corte costituzionale avrebbe dovuto fare i salti mortali e andare molto oltre le sue possibilità operative”.
Avrebbe potuto farlo?
“Avrebbe potuto farlo, vista la gravità della situazione e il sostegno della Corte di giustizia: avrebbe dovuto dichiarare illegittime ben 4 norme, l’art.4, comma 14 bis, della legge n. 124/1999, l’art.10, comma 4 bis, d.lgs. n.368/2001, l’art. 36, commi 5 ter e 5 quater, d.lgs. n.165/2001. Nessuna di queste norme era stata sottoposta a scrutinio di costituzionalità dai tre Tribunali del rinvio, come aveva già segnalato per le prime due norme dall’ordinanza n.206/2013 della Consulta. Quindi, la Corte costituzionale doveva andare molto oltre i suoi poteri, per coprire le responsabilità di un legislatore così sciagurato e inadempiente, dopo aver fatto di tutto per costringerlo, di intesa con la Corte di giustizia e il Tribunale di Napoli, per consentire al Governo di risolvere il problema, seppure iussu iudicis (la Corte europea). Se fosse intervenuta ulteriormente senza l’approvazione del ddl nei tempi promessi da Renzi, la Corte costituzionale avrebbe di fatto sancito la fine della legislatura, già molto pericolante dopo la declaratoria di illegittimità della legge elettorale con la sentenza n.1/2014. Non poteva permetterselo, creando così una gravissima crisi istituzionale per colpe altrui. Vorrei ricordare le incredibili critiche che sono state mosse alla Corte costituzionale, che opera attualmente con tre Giudici in meno rispetto all’organico totale di 15 per colpa del Parlamento e le cui sedute sono valide solo se è presente il numero minimo di 11 Alti Magistrati, in occasione della sacrosanta sentenza n.70/2015 sulle rivalutazione delle pensioni. Qualcuno avrebbe gridato al colpo di Stato se fosse successa la stessa cosa per la scuola”.
Ma non è anche questo un atteggiamento pilatesco, quello di non decidere perché devono decidere altre istituzioni dello Stato, che però continuano a essere inadempienti?
“Non è così. Per tre ordini di motivi. Innanzitutto, la questione riguarda il futuro lavorativo di centinaia di migliaia di cittadini e servitori precari dello Stato, non solo nella scuola pubblica, e delle loro famiglie. Non è un problema che possa risolvere la Corte costituzionale o la Cassazione o la giurisdizionale in generale. Lo deve risolvere chi l’ha provocato. In secondo luogo, sarebbe cambiata anche la natura dei rapporti tra i poteri dello Stato, il legislativo, l’esecutivo, il giudiziario, e quindi sarebbe cambiato anche il nostro sistema costituzionale. E’ vero che è la prima volta che una decisione della Corte costituzionale è condivisa e concordata con la Corte di giustizia dell’Unione europea, al punto da costituire un esempio unico di dialogo costruttivo tra la Corte sovranazionale e il nostro Giudice delle leggi, rafforzando il ruolo delle due Corti e la loro centralità nella costruzione di un sistema comune di tutele dei diritti fondamentali in Italia e in Europa. Basta leggere la sentenza Gauweiler della Corte di giustizia del 16 giugno 2015 sulle Operazioni definitive monetarie (OMT) della Banca Centrale europea, che erano state duramente contestate dalla Corte costituzionale tedesca. La risposta della Corte di Lussemburgo all’Alta Corte tedesca è stata molto dura e di ridimensionamento totale delle riserve nazionalistiche della Germania. La Corte di giustizia ricorda alla scettica e altera Corte di Karlsruhe al punto 16 che, secondo una costante giurisprudenza della Corte europea, una sentenza emessa da quest’ultima a titolo pregiudiziale vincola il giudice nazionale, quanto all’interpretazione o alla validità degli atti delle istituzioni dell’Unione di cui trattasi, ai fini della soluzione della lite nel procedimento principale. Quindi, la sentenza Mascolo vincola tutti i giudici nazionali, e non solo quelli italiani. E il binomio Corte costituzionale italiana – Corte di giustizia, ove portato alle estreme conseguenze di operatività sul precariato scolastico, avrebbe alterato la consueta ripartizione dei poteri della nostra democrazia”.
In terzo luogo?
“Infine, sarebbe stato il riconoscimento della primazia della giurisdizione e del diritto – in Italia e in Europa – sulla cattiva legislazione e sul pessimo funzionamento della macchina amministrativa – in Italia e in Europa -, si sarebbe realizzata l’affermazione delle ragioni di tutela dei diritti fondamentali sulle esigenze indeterminate e confusionarie, quasi sempre elitarie, della economia e della finanza, da cui le attuali classi politiche – in Italia e in Europa – appaiono totalmente condizionate. Il Governo Renzi avrebbe così dimostrato lo stesso valore del due di coppe con la briscola a denari: cioè di non valere niente di fronte ad una giurisdizione orientata all’applicazione diretta dei principi costituzionali ed europei. Se questo fosse accaduto, anche lo Stato di diritto sarebbe venuto meno”.
La Corte ha rimesso il cerino acceso nelle mani di Renzi (oltre che in quelle dei giudici nazionali). Ma Renzi che cosa deve fare ora?
“Renzi deve risolvere il problema su cui ha investito importanti, chiare e fattibili anche finanziariamente promesse dieci mesi fa. Altrimenti, se non è in grado di farlo o non è più in grado di farlo, dia le dimissioni e si vada al rinnovo delle assemblee legislative. Nessuno vuole il caos giudiziario e istituzionale e se dovesse succedere, solo uno se ne assumerà le conseguenze”.
E cosa devono fare i giudici nazionali? E i legali dei docenti che hanno un processo in corso, sospeso in attesa della sentenza della Consulta?
“Guardi, mezz’ora prima di ricevere via mail dalla Corte costituzionale l’avviso del rinvio dell’udienza, avevo discusso della questione del precariato scolastico con un giudice del Tribunale di Foggia, con cui ci eravamo augurati che la Consulta potesse fare chiarezza. Immaginate lo sgomento di tutti gli operatori del diritto che si occupano di queste controversie, giudici e avvocati, per una scelta che, però, ragionando, era necessaria e, secondo me, giustamente suggerita dallo stesso Presidente della Repubblica, che dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale è stato l’Estensore. Ricordo anche che i processi del lavoro sono processi delle parti, nascono da istanze giudiziarie di parti, in questo caso privati cittadini contro lo Stato. Non è il giudice il padrone del processo, è soltanto l’arbitro imparziale, colui che decide senza condizionamenti, e la decisione in questo caso è molto più difficile perché riguarda lo Stato di cui il giudice è parte essenziale e riguarda centinaia di migliaia di posizioni di diritto soggettivo ad un lavoro stabile nella pubblica amministrazione. Mi piacerebbe sostenere che le decisioni saranno tutte quelle del Tribunale di Napoli, cioè del giudice Coppola, che riconoscono il diritto senza danneggiare finanziamento lo Stato se non nei limiti del danno rigorosamente derivante dalla mancata applicazione delle leggi”.
Non sarà così?
“Non sarà così se gli avvocati e le parti sociali non prenderanno in mano la situazione, di fronte all’attacco all’imparzialità dei giudici che la sciagurata legge sulla responsabilità civile dei magistrati manifesta. Questa legge rende incredibilmente il giudice sempre responsabile nei confronti dello Stato per eventuali azioni di risarcimento dei danni, sia nel caso in cui applica la sentenza Mascolo stabilizzando i rapporti di lavoro ma disapplicando (e quindi violando) le norme interne che impediscono la tutela, sia che violi la normativa comunitaria e non applichi il citato art.5, comma 4 bis, d.lgs. 368/2001, applicando le norme ostative in favore dello Stato. Questo incredibile freno alla giustizia e all’imparzialità e alla serenità dei giudici deve essere eliminato e il problema va posto nei processi in corso sollevando questioni pregiudiziali sulla legge in materia di responsabilità civile dei giudici, per recuperare il ruolo e la credibilità della giurisdizione. E il problema va portato comunque nelle sedi europee competenti, dove già l’Anief, ad esempio, ha proposto sul punto una articolata denuncia alla Commissione europea, chiedendo il deposito del ricorso per inadempimento sia sulla procedura di infrazione già ultimata sul precariato scolastico sia su quella sulla responsabilità dello Stato (non del giudice) per violazione manifesta della normativa europea nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Stessa denuncia è stata già proposta dal Cgil sulla violazione della direttiva 1999/70/CE. Del fatto che i supplenti della scuola non vengano stabilizzati sono responsabili Renzi e la Giannini, come i Governi che hanno preceduto quello attuale, non i giudici”.
Ma cosa potrebero fare, ora, i sindacati?
“I sindacati possono giocare un ruolo importantissimo, come lo hanno svolto in modo essenziale con la presenza in Corte di giustizia di Anief, Cgil e Gilda, promuovendo azioni collettive di risarcimento dei danni contro lo Stato per chiedere al Tribunale di Roma la sanzione risarcitoria della stabilità lavorativa, che ancora non riesce a maturare nella coscienza giuridica della magistratura del lavoro. Ricordo a me stesso che i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori vengono eletti o nominati nell’ambito di libere consultazioni o elezioni di vario livello nell’ambito degli iscritti alla organizzazione sindacale e anche gli avvocati vengono scelti dai clienti. Renzi non è stato eletto per fare il Presidente del Consiglio dei Ministri perché non è un parlamentare e siccome gli Unti del Signore hanno in passato causato tanti danni alle popolazioni che dicevano di voler beneficiare con i loro non richiesti servigi, e se non è più in grado di risolvere un problema che dieci mesi fa aveva già detto di risolvere con numeri di docenti stabili del 50 per cento superiori a quelli attuali, vada a casa, si faccia eleggere nel prossimo Parlamento e, unto della sovranità popolare, riceverà il consenso di tutti. Se no poche chiacchiere, un bel decreto legge e smetteremo di immaginare una azione collettiva che coinvolga anche la persona fisica dell’attuale sedicente Presidente del Consiglio per dolosa e manifesta violazione della normativa europea e dei principi costituzionali”.