In Senato, da mercoledì 3 giugno la presidenza della commissione Istruzione dovrà scremare i 1960 emendamenti al ddl. Da venerdì potrebbe già iniziare il voto sui rimanenti. I tempi sono ristretti: il Governo punta a rendere attuabili le nuove norme dal 1° settembre 2015. La minoranza dem non si rassegna. Fassina (Pd): si faccia tesoro della lezione delle elezioni regionali, ci sono errori clamorosi, serve un cambiamento radicale. E i sindacati affilano l’arma degli scrutini.
Dopo il ciclo di audizioni che si è svolto la scorsa settimana, da mercoledì pomeriggio, 3 giugno, avrà luogo in commissione Cultura la discussione generale, alla quale seguirà l’illustrazione e il voto degli emendamenti che potrebbe iniziare già venerdì 5 giugno.
Toccherà alla presidenza della commissione Istruzione del Senato fare il delicato lavoro di scrematura delle richieste, pari a 1960 emendamenti, decidendo quali sono le modifiche ammissibili e quelle da rigettare.
Il governo, la scorsa settimana, ha ribadito l’apertura a modificare il provvedimento attraverso il confronto, ricordando che dovrà però essere approvato in tempo utile per rendere attuabile il ddl dal 1° settembre 2015.
Chi continua a confidare in una revisione sostanziale del ddl 1934 è la minoranza dem. L’ala contestatrice del Pd, imperterrita, continua a porre le sue richieste di modifica: ridurre la portata del potere dei presidi, di allargare il piano di assunzioni, rivedere il programma sui finanziamenti degli istituti, che si pongono in continuità con quelli depositati in prima lettura alla Camera.
Il portabandiera di queste rivendicazioni è il deputato Pd Stefano Fassina: “spero che sulla scuola in commissione al Senato, dopo le mobilitazioni delle scorse settimane e il segnale venuto ieri dal voto, ci sia la disponibilità politica a una correzione di rotta. Perché la scuola è un fattore che ha contribuito in modo cospicuo alla perdita di voti”.
Il riferimento di Fassina è, intervistato da Qn e da Repubblica, all’esito delle elezioni regionali. “Dopo questo risultato, Renzi deve fermarsi e cambiare rotta”. Se il premier “vorrà andare avanti su questa strada fallimentare, io uscirò dal Pd”, ha confermato l’ex ministro dell’Economia. “Spero – ha concluso Fassina – si faccia tesoro della lezione di queste elezioni regionali. Siamo di fronte a errori clamorosi, serve un cambiamento radicale”.
Anche i sindacati sono sul piede di guerra. Con tutte le organizzazione che confermano lo sciopero degli scrutini, rivolto al personale della scuola, docente, dirigente e Ata, in Italia e all’estero, per tutte le classi delle scuole di ogni ordine e grado nei periodi di scrutinio, articolati a livello regionale, escluse le valutazioni studentesche terminali.
“Il sindacato – ha detto il 2 giugno Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal – è consapevole dei disagi che questa decisione porterà a livello di utenza scolastica e di personale. Ma, purtroppo, l’arma dello sciopero sembra in questo momento rappresentare l’ultima ratio per evitare l’approvazione di decisioni e norme incomprensibili, che non porteranno alcuna ‘Buona Scuola’”. Ad iniziare dalla deriva aziendalistica che si vuole dare ai nostri istituti scolastici, affidati ad un dirigente scolastico sempre meno preside e sempre più manager, che distribuisce premi annuali al personale a lui più vicino, che decide quali docenti precari vanno assunti e quali di ruolo meritano di rimanere”.