Una norma contenuta nel decreto legge sulle pensioni proteggerà il montante contributivo accumulato dal lavoratore dai possibili andamenti negativi del Prodotto Interno Lordo.
L’andamento negativo del prodotto interno lordo non potrà determinare una diminuzione dell’importo della pensione. Lo conferma un passaggio contenuto nel decreto legge in materia previdenziale approvato dal Governo (decreto legge 65/2015). I lavoratori che sono andati in pensione quest’anno o che ci andranno negli anni a venire non vedranno quindi svalutarsi il montante contributivo con cui viene calcolata, almeno in parte, la misura della pensione se l’economia sarà stagnante.
Com’è noto, infatti, in base al meccanismo di calcolo contributivo introdotto nel 1995 dalla riforma Dini il montante contributivo (quel tesoretto che viene annualmente messo da parte dai lavoratori con il versamento dei contributi previdenziali) viene annualmente rivalutato in base all’andamento della crescita nominale del prodotto interno lordo degli ultimi 5 anni. E’ un po’ come quando si portano i soldi in banca e la banca paga un interesse. Il tasso di interesse pagato dall’Inps è pari alla crescita media del Pil nominale nei cinque anni precedenti.
Per la prima volta dopo 18 anni, a seguito della lunga crisi che ha attraverso l’Italia il tasso medio di crescita del Pil nell’ultimo quinquennio è però risultato negativo (pari a -0,1927%) e dunque, in teoria, chi esce a partire dal 1° gennaio 2015 rischia di subire una svalutazione della quota C su cui è calcolato l’assegno (svalutazione che comunque non è stata applicata dall’Inps in attesa di una conferma da parte del Governo). Una misura che avrebbe danneggiato paradossalmente i piu’ giovani, cioè coloro che hanno la maggior parte dell’assegno determinato con il sistema contributivo, rispetto ai lavoratori piu’ anziani che vedono l’applicazione del sistema di calcolo contributivo solo sulle anzianità successive al 31 dicembre 2011.
Ora la precisazione del Governo: un valore negativo del Pil non determinerà alcuna svalutazione del montante e l’Inps dovrà limitarsi a considerare il valore nominale dei contributi accreditati presenti all’anno precedente. Per le pensioni in liquidazione da quest’anno pertanto, l’istituto non procederà ad alcuna rivalutazione dei contributi accreditati ed i pensionati potranno mettersi al sicuro da una svalutazione che avrebbe fatto perdere circa 20 euro per ogni 10mila euro di montante maturato.
Attenzione però. La disposizione introdotta dal Governo prevede che il tasso congelato quest’anno venga recuperato sulle rivalutazioni successive. Pertanto se per l’anno 2015 il coefficiente di rivalutazione da applicare è posto pari a 1 in luogo di un valore inferiore a 1 (0,998073), nel 2016 il coefficiente annuo di capitalizzazione che sarebbe risultato, prima dell’entrata in vigore della norma, pari a 1,005331 viene rideterminato in 1,003394, per effetto del recupero nella procedura di sterilizzazione di un tasso annuo di capitalizzazione negativo.