È il pensiero di Stefano Fassina, sempre più vicino all’addio dal Pd: anche dall’incontro dei sindacati al Miur solo parole vuote. Come si fa a non capire che non può funzionare un intervento che non è condiviso dalla stragrande maggioranza di coloro che lo dovrebbero far vivere quotidianamente?
Stefano Fassina fa parte del Pd, ma a sentirlo parlare di scuola da un paio di mesi addietro non sembrerebbe. Dopo aver minacciato più volte di lasciare il partito, qualora la riforma allestita dal Governo e già passata alla Camera non cambiasse faccia in modo radicale, stavolta attaccare la politica del Governo. Reo, a suo dire, di mostrare un atteggiamento aperto al dialogo solo come “facciata”. Poi, nelle stanze che contano, quelle che una volta si chiamavano dei “bottoni”, rimangono però in pochi e non ascoltano più nessuno.
“Il governo – dice Fassina – continua a far finta di dialogare con il mondo della scuola. Anche oggi (lunedì 25 maggio n.d.r.) parole vuote. Come si fa a non capire che non può funzionare un intervento che non è condiviso dalla stragrande maggioranza di coloro che lo dovrebbero far vivere quotidianamente?”.
L’ex ministro dell’Economia, coglie l’occasione per ricordare quali sono, a suo parere, le vere priorità utili a rinnovare in meglio la scuola italiana. “Va cancellato il potere dei presidi di chiamare e rimuovere gli insegnati. Va previsto un piano pluriennale per l’assunzione degli insegnanti precari, connesso ai pensionamenti, quindi senza oneri aggiuntivi di finanza pubblica”.
Per il deputato democratico, tuttavia, si tratta di modifiche possibili da attuare ancora oggi: “Il passaggio al Senato è decisivo per costruire le condizioni di condivisione con insegnanti, famiglie e studenti. Il governo sia all’altezza della sua funzione. Rigidità non vuol dire determinazione, ma inaccettabile supponenza”.