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Marina Boscaino: “organico funzionale usarlo per diminuire alunni nelle classi, sì ai presidi, no finanziamenti privati”, alternativa si chiama LIP

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La Boscaino sulla riforma di Renzi ha le idee molto chiare, soprattutto sull’alternativa, che si chiama “Legge di iniziativa popolare”. Prima di tutto, tiene a precisare, il “Partito Democratico dovrebbe fare ciò che ha promesso in campagna elettorale, cancellare la riforma Gelmini”.

Marina Boscaino è docente, giornalista nonché membro del “Comitato per la Legge di iniziativa popolare”, e tra i promotori della stessa LIP.

Cos’è la “Legge di iniziativa popolare”, da dove nasce?

Siamo in epoca Moratti, nel 2005 un gruppo di insegnanti studenti e genitori formulano qualcosa di praticabile come controproposta alla riforma. Da questo piccolo nucleo a poco a poco, con un lavoro durato un anno e mezzo, ci siamo costituiti in comitati territoriali dandoci come regola d’ingaggio la condivisione totale dei contenuti. Si tratta di una legge che partiva dal basso e che transitava da un criterio di collegialità e condivisione dei contenuti, vincolati al dispositivo che si stava creando. Ne viene fuori un articolato di legge supportato da 100mila firme certificate ed una serie di adesioni dal mondo della cultura. Una proposta che non è stata mai discussa e dopo due anni le LIP decadono.ricorso-stabilizzazione

Quando si insediò il Governo Renzi e la Giannini iniziò a parlare di due gambe del sistema dell’istruzione, uno pubblico e l’altro paritario, ci siamo chiesti cosa potevamo fare e abbiamo chiesto a tutti i deputati e senatori di adottare la “Legge di iniziativa popolare” per poterla ripresentare in Parlamento. Ciò è avvenuto in tempi rapidi, nel senso che è stata presentata al Senato il 2 agosto e alla Camera il 12 settembre 2014 da un gruppo di parlamentari, tra deputati di SEL, del gruppo misto e del Movimento 5 stelle. Al Senato si è aggiunto anche un parlamentare di Forza Italia. Ma da questo Governo non abbiamo avuto alcuna notizia di calendarizzazione della nostra proposta di riforma.

Voi vantate il fatto che la vostra proposta venga dal basso. Eppure anche la proposta Renzi ha vissuto un passaggio di condivisione e consultazione.

La consultazione della riforma di Renzi era orientata: non mi puoi chiedere come utilizzerei i fondi dei privati dando per scontato che ci saranno i soldi dei privati. Le dò un dato, due giorni prima della conclusione della consultazione, era il 13 novembre, il CINECA pubblicò le risposte al questionario della consultazione, erano 65mila. Due giorni dopo, quando si chiude la consultazione e la Giannini rendiconta al MIUR degli esiti, le risposte erano diventate 204mila. Ad ogni modo rispetto alla platea costituita da 700mila insegnanti, cui aggiungere i docenti di sostegno, gli studenti delle scuole superiori, le famiglie di tutti gli studenti d’Italia, per un totale di 10milioni di persone, 204mila risposte ai questionari ci sembrano poche.

204 mila risposte delle quali, in realtà, non sappiamo nulla, perché ci sono anche le nostre, dei sostenitori della LIP, alle quali abbiamo messo hashtag #megliolaLip, ed erano davvero tante, ma non è mai emerso. Tutto demagogico, non riteniamo che quella consultazione abbia valore, una consultazione online su un documento in PDF scritto in una maniera raccapricciante e pedestre al quale dare un segno di spunta di dissenso alle domande ha un valore giuridico inferiore rispetto alle nostre 200 delibere contrarie dei Collegi docenti, a seguito di una campagna, tra l’altro, lanciata tardi. Quando siamo andati al MIUR il 15 novembre, alla conclusione dell’ascolto, per presentare le 200 delibere siamo stati accolti da quattro file di Carabinieri in tenuta antisommossa, come se fossimo pericolosi sovversivi. Nessuno ha voluto ascoltarci e le delibere le abbiamo inviate come posta certificata a tutti gli USR, ai due sottosegretari, a Renzi, alla Puglisi etc etc. Di tutto questo non c’è traccia.

Cosa non condividete della riforma Renzi? Le 150mila assunzioni non possono non essere condivise.

Le 150mila assunzioni si condividono, ma sono l’anticipazione di una richiesta esplicita dell’Europa, a seguito della sentenza del 26 novembre che ha condannato l’Italia per la reiterazione dei contratti a termine.
Non condivido il metodo delle assunzioni, c’è innanzitutto il problema del mansionario dei nuovi assunti. Quello che chiamano l’organico funzionale rischia di trasformarsi in un mansionario molto vago. I docenti hanno avuto regole di ingaggio di un certo tipo e si troveranno ad essere reclutati da dirigenti ora in una scuola ora in un’altra, occupandosi di dispersione o tenendo aperte le scuole di pomeriggio. Ci troveremo davanti ad un doppio status giuridico.

Cosa dovrebbero fare questi insegnanti, innanzitutto?

Il PD dovrebbe fare quello che ha promesso in campagna elettorale, cancellare la Legge Gelmini.

Parla, ad esempio, del numero di alunni per classe?

Una delle cose più qualificanti della LIP e che non si affronta nella “Buona Scuola” è prevedere 22 alunni per classe, a meno della presenza degli alunni h. Il fenomeno delle classi pollaio è una piaga della nostra scuola. Utilizziamo queste assunzioni in più per abbassare il rapporto alunni per classe, invece di utilizzarlo per altre mansioni.

Nella LIP si parla di merito?

La LIP è stata scritta nel 2006 quando ancora la Jihad sul merito, la carriera e la valutazione non era nemmeno nel dibattito e tutto quello che sarebbe accaduto con Invalsi eccetera non era stato avviato. Però l’art 15 della LIP prevede l’autovalutazione delle scuole, come un accoglimento delle pratiche più significative, soprattutto a livello europeo.

Il Governo Renzi ha avviato un sistema di autovalutazione degli istituti …

… che vedo pessimamente. Innanzitutto, il “Sistema nazionale di valutazione” ha subito una serie di provvedimenti impropri, nel senso che fu approvato a 15 giorni dalle elezioni, con il Governo Monti in scadenza, e non si possono approvare provvedimenti di urgenza e questo non lo era. Il problema è che il “Sistema nazionale di valutazione” è sostanzialmente soggiogato dall’Invalsi che è un organo subalterno al Governo e fortemente non autonomo e soggetto alle dinamiche della “trojka”. Tutta la questione dell’Invalsi transita dall’idea di scuola che a noi non piace: omologazione al pensiero unico.

Per quanto riguarda la valutazione dei docenti, come vede l’idea di contenuta nelle linee guida della riforma?

La valutazione degli insegnanti, a parte il curriculum, nel piano di Renzi viene sottoposta al nucleo interno di valutazione presieduto dal dirigente, e chiunque sa quali fraintendimenti possano crearsi. Nelle scuole, come tutti i posti di lavoro, c’è la tendenza all’organizzazione interna del sistema che non necessariamente coincide con capacità e il merito. Tra l’altro la parola merito è citata 40 volte nel testo delle linee guida della riforma, ma non ce n’è una definizione. La domanda è: è più meritevole un insegnante che colleziona funzioni o progetti di quanto non sia un insegnante che porti realmente al successo formativo gli studenti? Tra l’altro, misurare il successo formativo degli studenti è molto poco concretizzabile se non con i modi dell’Invalsi, modi discutibili.
Per la sua conformazione e determinazione, in quanto organizzazione dello Stato, la scuola deve avere il senso della collegialità. Quello della formazione è un argomento che necessiterebbe tempi di riflessione più distesi. Dopo la proposta di Reggi a luglio, la reazione di massa, nel giro di un mese il testo “La Buona scuola” è stato compilato da due persone che non hanno niente a che fare con la scuola. Ci vuole un po’ meno demagogia della velocità, la scuola ha bisogno di riflessione e condivisione.

 

Quindi niente valutazione e differenziazione degli stipendi?

No, assolutamente. Prima di parlare di differenziazione degli stipendi bisognerebbe pensare che il contratto è fermo dal 2009 e il potere di acquisto degli insegnanti è ultra svalutato. Per integrare gli scatti, inoltre, è stato usato il Fondo d’istituto.

Non sono per l’appiattimento, i docenti non sono tutti bravi, io sono però per una considerazione: che la valutazione transiti dalla valorizzazione del nostro lavoro che è stato diffamato. La deriva inizia dal 2007 con redazionali che ci dipingevano come fannulloni. E’ vero che esiste una percentuale di gente meno capace, la risposta non è però la premialità, ma la valorizzazione degli insegnanti che lavorano bene e creano quei cervelli che poi sono costretti a fuggire.

Passiamo al ruolo dei dirigenti. Faraone ha parlato di sburocratizzare il loro ruolo, facendo in modo che si occupino nuovamente di didattica. Su questo, almeno, siete d’accordo?

Si tratta di un’affermazione ancora demagogica e priva di spendibilità concreta, considerando che dall’art 25 dell dlgsl 165/01 gli oneri assunti dal dirigente sono eminentemente burocratici e manageriali. Da quando da direttore e preside si è passato da dirittore e preside a dirigente scolastico la figura ha completamente perso la propria valenza didattica, oberata da carcichi amministrativi e burocratici. Quello che Faraone afferma è pertanto molto contraddittorio e poco praticabile rispetto alla normativa vigente.

I privati nella scuola. Microsoft ..

… l’esempio fatto da Faraone è particolarmente paradossale. Sono anni che l’amministrazione ci consiglia di lavorare con software opensource per razionalizzare i costi, anche considerando le indicazione Ue, e poi, contemporaneamente, si farebbero finanziare i costi proprio da Microsoft.

In merito a quanto affermato da Faraone, partiamo dalla parola brand che il sottosegretario  ha avuto l’impudenza di utilizzare per una istituzione che Calamandrei ha definito “Istituzione dello Stato”. Fa venire la pelle d’oca, c’è poco da commentare: modernità posticcia di matrice economicista. Non vogliamo essere un brand appetibile, vogliamo svolgere il nostro ruolo sancito dalla costituzione.

Però, che problema c’è se la Microsoft si offre per formare gli insegnanti?

Perché la Microsoft dovrebbe avere i requisiti per intervenire sulla formazione degli insegnanti? Tra l’altro, l’intervento dei privati nella scuola pubblica viola due principi costituzionali: innanzitutto il primo comma dell’articolo 33, la libertà di insegnamento. Libertà di insegnamento che significa, non come facilmente si potrebbe equivocare che possiamo fare ciò che si vuole, che ognuno di noi può determinare la funzione docente secondo i criteri che stanno interni al progetto generale ed usarli come meglio si crede. Vuol dire che la scuola è il luogo della pluralità e del pluralismo. Qui sta la differenza tra scuola pubblica e paritaria, soprattutto per quella di matrice confessionale.

Il secondo principio che viene violato riguarda l’unitarietà del sistema nazionale di istruzione. Il territorio italiano è talmente eterogeneo che sono assolutamente certa che il privato sarebbe più incentivato ad investire su certi territori e su certi ordini o indirizzi di scuola rispetto ad altri meno appetibili. Si romperebbe, così, il concetto di unitarietà del sistema nazionale di istruzione che vuole che in tutto territorio tutti i ragazzi devono godere ed avere sistemi e prestazioni omogenei. L’art 3 della Costituzione vuole tutti uguali e tutti gli alunni devono avere le stesse competenze e conoscenze. Con l’ingresso dei privati andremmo ad incentivare alcune istituzioni scolastiche e altre no, creeremmo istituti di serie A e serie B, licenzieremmo cittadini di serie A e serie B.
Inoltre, se i privati entrassero negli organi collegiali, anche senza diritto al voto, siamo convinti che comunque non imporrebbero gli acquisti, le metodologie, le strategie, dato che sono i finanziatori? La risposta è sì.

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