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Se i vigili di Roma diventano un pretesto per bastonare ancora il pubblico impiego

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università2Il 2 gennaio,  alle 7 del mattino,  arriva il cinguettio del premier Renzi: “Leggo di 83 vigili su 100 a Roma che non lavorano per malattia il 31dic. Ecco perché nel 2015 cambiamo regole pubblico impiego”. Il messaggio subliminale è chiaro: i dipendenti pubblici sono i soliti fannulloni assenteisti, e ci penserà il Governo a farli lavorare finalmente.

Opinione pubblica, web, stampa tutti si scatenano contro quei fannulloni assenteisti privilegiati illicenziabili.  Il solito delirio. C’è chi è arrivato a sostenere che un dipendente pubblico può ricevere lo stipendio per un anno senza lavorare, mettendo insieme giorni di malattia, ferie, permessi ordinari, permessi per legge 104, permessi per lutto, per matrimonio, per donazione di sangue, per concorsi ed esami! Come se uno potesse usufruire di tutto ciò ogni anno! Non è solo disinformazione. È killeraggio di quegli oltre tre milioni di lavoratori pubblici del cui lavoro tutti hanno bisogno: dalle cure sanitarie, alla scuola, alle forze dell’ordine. Lavoratori il cui stipendio medio va dai 1000 ai 1500 euro, e devono misurarsi con turnazioni pesantissime (sanità), lavoro straordinario (forze dell’ordine), stress psicologico non meno pesante di quello fisico (docenti).

master-internazionali2Nel suo cinguettio compulsivo, Renzi non ha voluto perdere questa occasione per far parlare di sé. Ma il caso dei vigili di Roma è così eclatante da far capire che sotto cova ben altro. Il premier allora avrebbe fatto bene a dire piuttosto di essere “orgoglioso” di tutti quei dipendenti pubblici che al 31 dicembre hanno assicurato ordine pubblico, assistenza sanitaria, pronto soccorso (di cui lo stesso Renzi avrebbe potuto usufruire in caso di infortunio sulle nevi dove si trovava in vacanza). “Orgoglioso” di tutti quei lavoratori del pubblico impiego che svolgono il loro lavoro nonostante le vessazioni e le campagne denigratorie che hanno subito dagli ultimi governi. Nonostante il blocco del contratto, la riduzione del potere d’acquisto dello stipendio, la richiesta di maggiore produttività e flessibilità con gli stessi soldi di prima, la tassa sulla malattia, la reperibilità punitiva con un numero di ore doppio rispetto al privato. E con l’aumento sconsiderato dell’età pensionabile per lavoratori come agente, infermiere, insegnante. Come pretendere che a sessant’anni una persona non abbia degli acciacchi?

Sta di fatto che finora la spending review è stata fatta principalmente sulla pelle di lavoratori pubblici e dei poveri pensionati, creando squilibri e diseguaglianze sociali, a cui gli 80 euro pre-elettorali non hanno portato alcun beneficio.

Negli ultimi tre anni la spesa per i dipendenti pubblici è calata di 7,8 miliardi (fonte Istat) grazie al blocco del turnover, al blocco della contrattazione iniziato nel 2010, e alla cancellazione dell’indennità di vacanza contrattuale. Basta pensare che soltanto nella scuola, per effetto delle norme del Governo Berlusconi-Gelmini, le unità di personale sono state ridotte di 160mila unità, aumentando sconsideratamente il precariato e facendo funzionare peggio il servizio.

Il ministro Brunetta, dal canto suo, ha introdotto varie norme per contrastare l’assenteismo e aumentare la produttività. Ha ridotto lo spazio contrattuale, ha avviato la misurazione della performance con relativa premialità, ha modificato le sanzioni disciplinari, con procedimento semplificato e nuove forme di responsabilità. Il licenziamento è applicabile per tutta una serie di infrazioni: falsa attestazione della presenza in servizio, certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia, assenza ingiustificata per più di tre giorni in un biennio, ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto per motivate esigenze di servizio, falsità documentali o dichiarative, reiterazione di condotte aggressive, moleste, minacciose, ingiuriose, e condanna penale definitiva con interdizione perpetua dai pubblici uffici. È previsto anche il licenziamento per una valutazione di “insufficiente rendimento” nell’arco temporale di un biennio.

Cosa vorrebbe cambiare ancora Renzi? Le norme “punitive” già ci sono. Mancano invece risorse umane adeguate al servizio da offrire al cittadino e la valorizzazione delle stesse.

Un sistema “premiale” funziona solo se il lavoro è sostenibile, il corrispettivo è congruo, il criterio di assegnazione è equo. Come si fa a garantire un servizio di qualità con medici ospedalieri costretti a turni di 12 ore per mancanza di personale, o con poche pattuglie di polizia sulle strade, o con classi di 28-30 alunni?

E a monte, come può funzionare l’Italia con le attuali disuguaglianze fra chi guadagna in maniera spropositata, o si arricchisce frodando le risorse pubbliche, e chi  è costretto a fare salti mortali per portarsi a casa un misero stipendio?

E che esempio danno per primi quei politici così “assenteisti” nell’esercizio delle loro funzioni quanto assidui in TV? Renzi cinguetti di meno e si applichi di più.

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