Nei giorni successivi alla sentenza dei giudici europei “sull’abuso dei contratti a termine, i tribunali del lavoro italiani hanno ripreso, con piu’ veemenza, a condannare lo Stato a cospicue spese risarcitorie: la base di partenza sono 15 mensilita’ di stipendio mancato, pari a circa 25mila euro. Ma non mancano sentenze risarcitorie piu’ sostanziose”.
Nei giorni successivi alla sentenza dei giudici europei “sull’abuso dei contratti a termine, i tribunali del lavoro italiani hanno ripreso, con piu’ veemenza, a condannare lo Stato a cospicue spese risarcitorie: la base di partenza sono 15 mensilita’ di stipendio mancato, pari a circa 25mila euro. Ma non mancano sentenze risarcitorie piu’ sostanziose”. Lo afferma l’Anief, secondo cui i giudici si dovranno esprimere pure su scatti di anzianita’, pagamento dei periodi non lavorati tra una supplenza e l’altra. Oltre che, ovviamente, sull’obbligo di costituzione del rapporto a tempo indeterminato. Con un danno iniziale per le casse pubbliche di 6 miliardi di euro, sottolonea l’agenzia Agi.
Per Marcello Pacifico, di Anief-Confedir, “i senatori possono limitare il danno all’erario oggi stesso, entro le 18, presentando adeguati emendamenti alla Legge di Stabilita’ 2015. Continuare a far finta che il 26 novembre a Lussemburgo non sia accaduto nulla, non fara’ altro che moltiplicare in modo esponenziale il contenzioso tra i lavoratori e lo Stato. Con la particolarita’ che stavolta gia’ sappiamo chi e’ il vincitore”. Per questo l’associazione sindacale invita a presentare ricorso tutti coloro che hanno i requisiti, “per assicurarsi di essere immessi in ruolo e vedersi corrispondere un risarcimento adeguato” alla mancata assunzione dopo i 36 mesi di supplenze su posti vacanti, come indicato dalla sentenza europea.
“In attesa che chi ci governa venga finalmente illuminato sulla via di Damasco disapplicando quelle leggi che hanno prodotto il problema del precariato endemico nella scuola come in tutta la pubblica amministrazione – insiste Pacifico – le azioni giudiziarie rimangono l’unico strumento per costringere il Governo a dare effettivita’ a quanto deciso dalla sentenza tombale del 26 novembre: un’espressione europea che – conclude il presidente Anief – ha messo la parola fine alla stagione della negazione dei diritti fondamentali dei lavoratori precari”. (AGI) .