Si pensava di aver toccato il fondo con l’ex ministro Brunetta, ci sbagliavamo. Questo governo è persino peggio. La ministra della Pubblica Istruzione si dice favorevole al licenziamento degli insegnanti, così come qualche mese fa hanno chiesto alcuni dirigenti scolastici.
Il tour palermitano del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, ieri, dalle undici di mattina alle sette di sera, ha registrato nell’ordine: un incontro con i dirigenti scolastici di Palermo al liceo Regina Margherita, una contestazione di cinquanta studenti medi all’esterno della scuola sfociata in uno sfondamento delle forze dell’ordine (due contusi e un fermo), una nuova contestazione fuori dal Teatro Al Massimo quando, alle 15,30, è iniziato il dibattito “Se mille giorni bastano. La scuola nuova” (il ministro, abito fiorato, tacco alto, è entrata da un ingresso secondario), quindi un assedio di domande extra-time da parte di docenti in ruolo, docenti precari e studenti e una rapida uscita del ministro che ha nuovamente evitato la piazza (i contestatori, a loro volta, avevano detto no all’ingresso di una delegazione in teatro: «O tutti dentro o tutti fuori»).
L’incontro alla Repubblica delle Idee si è aperto con la presentazione da parte di Ilvo Diamanti del sondaggio Demos-Coop che ha illustrato come la scuola sia l’unica istituzione ad aver tenuto in un deserto di macerie pubbliche e come il 44 per cento (maggioranza relativa) sia convinta che grazie alla proposta del governo l’intero sistema migliorerà: «Tutti ci attendiamo che la riforma venga attuata », ha detto Diamanti. La scrittrice, e preside a Vicenza, Mariapia Veladiano nel suo intervento ha detto che, sì, «non sempre le assunzioni di insegnanti hanno corrisposto a criteri di qualità: per funzionare la scuola deve prevedere la possibilità di licenziare».
Ministro, partiamo da qui: gli istituti scolastici devono avere la possibilità di licenziare i docenti inadatti?
«Dobbiamo entrare in un nuovo modello di istruzione che, innanzitutto, dia certezza e stabilità agli insegnanti precari, poi li avvii a una formazione permanente, quindi alla possibilità di essere valutati. La nuova scuola dovrà offrire incentivi a chi merita e si impegna e alla fine, certo, dovrà occuparsi con rigore e severità di chi non fa bene il suo mestiere. Oggi la scuola è troppo sindacalizzata. È sana, ma ha bisogno di irrobustirsi ».
Come procede la consultazione sul progetto di riforma del governo: docenti e studenti leggono davvero quelle 126 pagine?
«A ieri mezzo milione di persone, statisticamente tante, hanno passato almeno cinque minuti a sfogliare il rapporto, e cinque minuti su internet sono un’eternità. La metà, 250 mila, ha fatto anche un ripasso. Chi non ha letto il rapporto ha comunque compreso che abbiamo toccato due o tre nodi cruciali: i 148mila docenti che restano fuori ogni anno rendendo instabili le classi e loro vite e che noi assumeremo, l’introduzione del merito nella carriera degli insegnanti, l’alternanza scuola-lavoro ».
Sette Land tedeschi hanno annunciato università gratis per tutti. L’Italia, che subisce le politiche economiche dettate dalla Germania, rischia di chiudere le sue università o le costringe ad alzare le tasse.
«Dobbiamo colmare le distanze con il tempo, con i progetti. Intanto nella legge di stabilità abbiamo blindato 150 milioni per il Fondo di finanziamento degli atenei. Ora dobbiamo occuparci del welfare per gli studenti. Il numero dei laureati da noi è raddoppiato nel corso di una generazione, ma resta basso, il 18 per cento. Al Sud si registra un calo degli iscritti, però molti atenei sfornano eccellenze richieste in tutto il mondo ».
Servono mille giorni per cambiare verso all’università e alla scuola?
«Nei primi centottanta abbiamo fatto cambiamenti minimi normativi, questo è un bene, e atti concreti visibili. Per gli investimenti ora c’è un miliardo fresco, più altri due per la prossima stagione. Negli ultimi venti anni non si erano mai visti finanziamenti così».
Il vostro progetto, come ha ricordato uno studente in platea, apre alla scuola azienda.
«Vogliamo che i privati investano nei progetti educativi, non che li controllino. Dobbiamo saldare formazione, professione e qualificazione delle competenze. L’anno scorso 65mila posti di lavoro non sono stati occupati perché mancavano le competenze».
Spingete sulla scuola digitale, ma il processo è lontano.
«La digitalizzazione riguarda solo il 32 per cento degli istituti, è necessario investire qui i risparmi che stiamo facendo e che faremo con la fine delle supplenze».