Aumenti solo a chi merita (?) a tutti gli altri un palmo di naso. La meritocrazia o presunta tale che è stato terreno di scontro fra governo Berlusconi, sindacati e quello che un tempo si definiva centro-sinistra prende forma con il governo Renzi (PD). Uno sonoro schiaffo alla scuola benedetto dai media, ma anche dai partiti.
Nel suo ufficio di ministro, in viale Trastevere, a Roma, arriva un po’ di corsa, ma con un gran sorriso. Stefania Giannini, responsabile dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha messo la sua firma e la sua faccia su un progetto di riforma, chiamato “La buona scuola”, annunciato come rivoluzionario.
In Parlamento arriverà a gennaio, dopo una discussione pubblica, sul sito labuonascuola.gov.it. aperta fino al 15 novembre. Il ministro, in tailleur classicogrintoso e scarpe fashion, spiega la riforma con stile appassionato. Lo stesso che ha quando parla di politica, esame di maturità, test d’ingresso all’università, figli (ne ha due). E, sì, persino topless.
Ministro, si riuscirà a realizzare la riforma in tutti i suoi punti? «La riforma si dovrà realizzare in tutti i suoi punti perché è un progetto organico: solo così si può compiere la sfida educativa per il Paese. Non è un pacchetto da cui estrarre l’assunzione dei precari o la nuova modalità di carriera dei docenti ridisegnata in base al merito e non all’anzianità. È previsto un investimento di 3 miliardi. Se l’istruzione diventa un pilastro dell’agenda politica, noi ci aspettiamo il sostegno necessario».
Da questo primo periodo di consultazione on line, quali punti critici sono emersi? Su cosa si aspetta maggiori opposizioni? «I questionari compilati finora sono oltre 30 mila. Mi aspetto maggiori resistenze sulla questione della valutazione degli insegnanti, uno dei pilastri della riforma. Me lo aspetto perché il cambio è notevole, rispetto all’idea che si proceda nella carriera solo invecchiando. Avere stipendi diversi, in base ai risultati raggiunti, non è così scontato nel pubblico impiego, in Italia. Anzi, questo meccanismo potrebbe essere un riferimento per la pubblica amministrazione. Un altro aspetto importante della riforma riguarda) la formazione continua degli insegnanti. Bisogna sostituire la cultura del merito, alla retorica del merito. E mi aspetto un cambiamento da parte di quegli insegnanti, per fortuna una minoranza, che non fanno il loro dovere».
Chi darà le pagelle agli insegnanti? E lei che voto si dà? «Prevediamo una valutazioneinterna e una esterna alla scuola, secondo regole internazionali. Io mi do un giudizio medio alto. Sempre miglioratile. Diciamo sette e mezzo. Sono secchiona e severa».
Formazione e valutazione dei docenti, assunzione di quasi 150 mila precari: una rivoluzione… «L’assunzione dei precari è ineliminabile. Così ridurremo le supplenze esterne alla singola scuola».
Basta “supplentite”, come dice Renzi? «Eh sì, sarà così se la riforma andrà avanti con la tempistica prevista: con le risorse della Legge dí stabilità e il dibattito in Parlamento a gennaio. Questo consente di avere i tempi per indire il concorso per i più giovani, tra la primavera e l’estate 2015».
Intanto, protestano gli insegnanti abilitati, quasi 100 mila, che non rientrano nei piani di stabilizzazione della riforma . «Questa situazione anomala si è creata con il meccanismo delle graduatorie e con la mancanza di una regolarità nelle assunzioni. Ora il concorso diventa lo strumento necessario che permette di risolvere il problema antico dei precari e di aprire la porta per una regolarità di assunzioni nel futuro. ‘Lo scetticismo di chi protesta è motivato. Ma ora la riforma prevede un concorso ogni due anni: chi non vince resta fuori e lo rifà. In passato la graduatoria era il meccanismo d’ingresso privilegiato».
Protestano anche gli studenti: cosa cambia per loro? «Prevediamo una nuova organizzazione della didattica: anche valorizzando l’interattività. Soprattutto in alcune discipline, come la musica, che può essere potenziata negli aspetti teorici, pratici e anche in forma multidisciplinare con la storia dell’arte. Pure l’insegnamento delle lingue straniere, oggi studiate male e tardi, deve cambiare. L’inglese ora si insegna in modo tradizionale. Va bene spiegare la grammatica, ma è necessario, per esempio, sviluppare il metodo Clil, che consente di studiare altre materie, dalla storia alla matematica, in inglese».
Così gli studenti potranno parlare l’inglese meglio del premier Renzi a cuí lei ha dato sei meno in materia. . . Conferma? «Gli studenti svegli e appassionati vanno sempre incoraggiati».
Come sarà l’esame di maturità? «Non rientra nella riforma, ma stiamo ipotizzando alcune modifiche. Una riguarda la commissione esterna, che potrebbe essere sostituita con quella interna facendo risparmiare ben 140 milioni. Ma non è solo una questione di risparmio. Questa ipotesi si allinea anche alla funzione stessa dell’esame di maturità, che ha da decenni un tasso di promozione del 98 per cento e non è una prova che riguarda l’accesso selettivo all’università, ma una valutazione su su ciò che lo studente è stato, e non su cosa sarà. Anche la tesina potrebbe subire modifiche per diventare uno strumento di valutazione del percorso dello studente ed esprimere il legame scuola-lavoro, per esempio negli Istituti tecnici e professionali».
Sul test di Medicina i rettori preferiscono il numero chiuso e lei no: cosa si deciderà? «Io non ho mai messo in discussione l’accesso programmato. Metto in discussione la qualità di questa selezione. I rettori in parte sono d’accordo, in parte dicono che cambiando si rischia di non avere le strutture adatte ad accogliere tutti. Proporrò alla comunità accademica e al Governo una modifica. Per me il modello da seguire è quello francese, che prevede la selezione alla fine del primo anno. Oppure anche prima, unificando anche le discipline annuali al primo semestre».
Come vede il rapporto tra scuole private e scuole statali? «Sono per il pluralismo dell’offerta. “La buona scuola” presenta questa sfida in termini di valutazione e assegnazione di premialità a tutto il sistema scolastico, statale e non statale. Il dibattito su scuola pubblica e scuola privata è spesso ideologico, una sorta di articolo 18 del mondo dell’istruzione».
I suoi figli, studenti di ingegneria al Politecnico di Milano, le hanno dato suggerimenti sull’Università? «I miei figli mi consigliano, in generale, la prudenza. In ogni caso sono sensibili al tema del test d’ingresso, un vero psicodramma tra gli studenti. E poi, forse per influenza familiare, vorrebbero più progetti di mobilità all’estero e maggiore alternanza scuola lavoro. Loro hanno sempre avuto un’autonomia un po’ “sciagurata”. Io ho vinto la cattedra a 30 anni, a Perugia, a 300 chilometri da casa, da Lucca, e a 40 anni sono diventata rettore. Non ho fatto i compiti coi miei figli e non li ha fatti nemmeno mio marito. Ora che hanno trovato la loro strada, dico che è stato un bene, magari avrei detto il contrario se avessero avuto problemi e difficoltà. La famiglia italiana dovrebbe aiutare di più la crescita autonoma dei figli, dovrebbe essere più severa, nel senso del suo valore antico».
È pentita del topless che ha sfoggiato la scorsa estate? «Perché dovrei? Anzi, ho preso poco sole».