Il taglio di un anno delle scuole superiori resta una priorità del governo Renzi tant’è che ha deciso di opporsi alla sentenza del TAR del Lazio che annullava la sperimentazione e ricorrerà al Consiglio di Stato. Più passano i giorni e più inizia a prendere forma “la buona scuola” improntata anch’essa sulle stesse linee politiche dei suoi illustri predecessori, ovvero tagli lineari e nulla più.
La secondaria di II grado in 4 anni non s’ha da fare. Manca la copertura normativa. E anche se vi fosse, prima di partire bisognerebbe comunque assumere il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione. Così il Tar del Lazio in una sentenza emessa il 19 settembre scorso ( r.g. 1268 del 2014) a seguito di ricorso della Flc-Cgil. Ma il ministero dell’istruzione non ci sta ed è già pronto a impugnare la sentenza davanti al Consiglio di stato. Secondo il dicastero di viale Trastevere, il parere del Cnpi non è più previsto in base all’articolo 23-quinquies del decreto-legge 90 del 2014, il quale stabilisce che, nelle more della ricostituzione dell’organo collegiale nazionale, il parere «non è dovuto». Le critiche del Tar, però, non si esauriscono sulla questione del parere del Cnpi.
Secondo i giudici amministrativi (la sentenza è disponibile sul sito www.italiaoggi.it/documenti), infatti, rimarrebbe il dubbio di legittimità sul percorso abbreviato, che determinerebbe discriminazioni ai danni di tutti gli altri studenti che, per prendere il diploma, hanno dovuto sostenere un corso quinquennale. Pazienza se in Europa lo fanno in 4 anni. E in più non si sa nemmeno bene se alla fine il titolo avrebbe valore legale oppure no. Ma anche su questo viale Trastevere non è d’accordo. Secondo il ministero, infatti, il decreto del presidente della repubblica 275 del 1999 prevede la possibilità per le scuole di attivare progetti innovativi che incidono anche sulla durata degli ordinamenti. Si tratta, quindi, di percorsi sperimentali, che di per sé si diversificano da quelli ordinari. Resta il fatto, però, che le sentenze dei Tar sono immediatamente esecutive. E dunque, allo stato attuale, la situazione è questa: il Tar ha cancellato con un colpo di spugna i decreti con i quali il dicastero di viale Trastevere aveva autorizzato la sperimentazione del percorso quadriennale in 4 istituti superiori: il liceo ginnasio statale Quinto Orazio Flacco di Bari, l’istituto di istruzione superiore Ettore Maiorana di Brindisi, l’istituto tecnico Enrico Tosi di Busto Arsizio e l’istituto superiore Carlo Anti di Verona. E dunque, i provvedimenti non dispiegano più effetti, salvo non vi sia richiesta di sospensiva (circostanza probabile) da parte del Miur.
Si tratta, in particolare dei decreti n. 902 e 904 del 5 novembre 2013. Che autorizzano a decorrere dall’anno scolastico 2014/2015 una sperimentazione «che prevede l’abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità» solamente in riferimento a talune scuole. A sostegno della decisione i giudici amministrativi hanno prima spiegato che il parere del consiglio nazionale della pubblica istruzione andava comunque acquisito. Tanto più che su questo l’orientamento della giurisprudenza è ormai univoco. Ma i giudici hanno comunque ritenuto di andare oltre, spiegando che la motivazione addotta dal ministero all’atto dell’emanazione dei decreti (adeguare la durata dei percorsi di istruzione agli standard europei) «in assenza del parere del Cnpi che coniughi l’autonomia delle istituzioni scolastiche e la loro modifica ordinamentale con i bisogni del territorio», si legge nella sentenza, «l’adeguamento agli standard europei appare costituire piuttosto una motivazione superficiale ed insufficiente a giustificare l’abbreviazione di un anno».
In più, il collegio ha fatto presente che questa motivazione, senza una chiara specificazione circa il valore legale del titolo di studio conseguibile al termine del quadriennio di sperimentazione e senza indicazioni circa la sua spendibilità nel mondo del lavoro o per il prosieguo degli studi universitari «appare creare realmente quella sperequazione temuta dalla ricorrente organizzazione sindacale rispetto a coloro che effettuano il corso di studi quinquennale, come si è verificato in occasione di altre sperimentazioni».