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LA BUONA SCUOLA DI RENZI TAGLIA GLI STIPENDI DEI PROF DEL 34%

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Ad affermarlo è l’ex ministro dell’Istruzione Fioroni che in un’intervista rilasciata ad Alessandra Ricciardi, e che riportiamo qui di seguito, sottolinea alcuni aspetti de “La buona scuola” di natura renziana e in particolare evidenzia il taglio netto degli stipendi dei docenti, altro che rifinanziamento dell’Istruzione. Di seguito l’intervista.

EIPASS3Primo giorno di scuola ieri per oltre 7,7 milioni di studenti. Il premier Matteo Renzi da un lato e il ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, dall’altro, nelle rispettive scuole visitate, hanno ribadito che in testa alla riforma della scuola annunciata c’è la soluzione del problema del precariato.
Anche perché una delle urgenze ribadite in questi giorni dalle famiglie è assicurare la continuità didattica. Il percorso delineato però, spiega Beppe Fioroni, deputato pd, ex ministro dell’istruzione, rischia di non centrare affatto l’obiettivo.
Domanda. Da ieri è aperta la consultazione pubblica sulla Buona scuola.
Risposta. Il progetto che il presidente Renzi ha proposto è una opportunità vera, come tale va valutata positivamente. Avendo chiaro che l’ambizione di cambiare la scuola significa cambiare il paese e serve che il paese la condivida. In un percorso che veda insieme docenti, studenti, famiglie, il che è un po’ di più e un po’ diverso da semplici e-mail.

D. Anche lei non cita tra i soggetti da sentire i sindacati.
R. Uno dei punti più significativi della nostra Costituzione è il ruolo che è riconosciuto a sindacati e associazioni datoriali in una democrazia moderna e matura, considerarli un peso o un vincolo è un errore.
D. Da anni si dice che c’è troppo precariato nella scuola. Ieri il premier ha ribadito che dal prossimo anno si cambia, solo docenti stabili.
R. Per farlo il governo deve innanzitutto rimuovere la norma incostituzionale voluta dal sottosegretario Gianfranco Polillo in Finanziaria, che istituendo l’organico funzionale per la rete di scuole lo contingenta: il numero dei docenti non è più una variabile del numero degli alunni ma delle risorse disponibili. Questo principio è ancora legge. E poi in questo percorso di stop al precariato non basta assumere i 150 mila docenti delle Gae e dei concorsi.
D. Chi altri?
R. Dalla stabilizzazione delineata dal governo restano fuori tutti coloro che hanno fatto i Tfa speciali, i cosiddetti invisibili, sono 30 mila docenti che meritano una risposta. Così come i precari Ata, altri 28 mila.
D. Così servirebbe un piano da 200 mila assunzioni e forse non bastano
R. Se l’obiettivo è eliminare davvero il precariato sui posti che annualmente sono assegnati con contratti di supplenza, non parlo delle sostituzioni occasionali e imprevedibili che resteranno comunque fisiologiche, nessuno che ha i titoli va tenuto fuori. Lo si può fare gradualmente, ma senza fare figli e figliastri.
D. Il governo punta a dare aumenti al personale non più per anzianità ma per merito.
R. Sono d’accordo con l’obiettivo del merito, anche se poi va chiarito chi valuta chi. Ma dobbiamo evitare l’ingorgo tra blocco del rinnovo dei contratti e blocco della progressione per anzianità. Così facendo i primi scatti di merito saranno pagati nel 2019. Andranno solo al 66% dei docenti e saranno completamente autofinanziati dalla soppressione degli scatti di anzianità.
D. Il premier ha chiesto un contributo a tutti in cambio di stabilità di lavoro e meritocrazia.
R. Sì, ma così il merito si realizzerebbe con l’esclusione di un 34% di docenti che in prospettiva vedrebbero ridotto il loro stipendio. Mi sembra tra l’altro difficile poter ipotizzare che più di un terzo dei nostri docenti sia fatto da incompetenti…
D. E quindi?
R. E quindi dobbiamo trovare risorse aggiuntive in modo che gli insegnanti che sono al centro della nostra attenzione non lo siano senza una lira in più almeno fino al 2019… Si possono fare dei ragionamenti nel contratto per impedire che un docente prenda lo stesso stipendio in entrata e in uscita. I nostri sono i più bassi e quelli che hanno perso di più in questi anni, basta vedere i dati Ocse.
D. Risorse arriveranno, ma andranno a contabilità generale, dal 3% di tagli che anche il Miur è chiamato a fare ai propri bilanci in nome della Spending review.
R. Mi auguro che non sia così. Con una spesa per l’Istruzione che per il 95% è vincolata per il pagamento degli stipendi, significherebbe intaccare quel 5% che serve per gli investimenti, dal Mof alla lotta alla dispersione scolastica, dagli Its all’alternanza scuola-lavoro. Proprio i capitoli su cui il governo ha detto di voler investire.

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