Da qualche tempo serpeggia l’idea di affidare ai dirigenti, non solo la possibilità divalutare gli insegnanti, ma anche quella discegliersi i docenti, attingendo magari da una graduatoria regionale. E se si invertisse l’ottica?
Si è aperto un ampio dibattito sul nostro sito Fb relativamente alle ventila ipotesi di assegnare ai dirigenti la possibilità di scegliersi i docenti, attingendo magari da una graduatoria regionale, in conformità del resto con quanto prevedeva la proposta di legge della ex sottosegretaria all’istruzione, e ora assessore alla regione Lombardia, Valentina Aprea. Cambiare ottica, veniva detto: non più i professori che si scelgono la scuola, ma la scuola che si sceglie i prof più adatti alle proprie esigenze e al proprio progetto didattico.
E all’interno del dibattito sulla nostra pagina Facebook sono stati tanti i docenti che hanno scritto: e perché non dovrebbero essere gli insegnanti a scegliersi il preside?
E perché no, aggiungiamo, così come avviene all’università col rettore e i presidi di facoltà; ma anche come avviene nei comuni. Dove starebbe infatti l’anomalia, o il vulnus tra donne e uomini di cultura, come sono i docenti, visto pure che con gli istituti comprensivi e gli accorpamenti si sono per lo più costituite vere e proprie cittadelle dell’istruzione? In un sol colpo fra l’altro si toglierebbe di mezzo, non solo questa idea sempre più meno sotterranea di affidare al dirigente la scelta dei prof, più funzionali e flessibili magari alle sue “ambizioni”, ma anche la ventilata ipotesi di essere lui il valutatore e il giudice dei suoi ex colleghi.
Ma sarebbe anche un modo per implementare una forma straordinaria di democrazia diretta nella scuola dell’autonomia didattica e amministrativa, anche perché l’attuale ordinamento degli organi collegiali dovrebbe essere riscritto in funzione proprio di una riacquistata forma partecipativa alle decisioni della Istituzione scolastica. Ma non solo! Volete mettere l’inganno di sorbirsi un dirigente, magari preparato ma imbroglione e schizofrenico, a vita, piuttosto che un preside, unus inter pares, a tempo? Se poi si riflette sui risparmi di soldi e di stress per avviare i concorsi, sempre dall’esito incerto, nonché sulle eliminazioni degli incarichi, ci si rende conto che si può a maggior ragione fare, mentre basta una semplice legge per scorporare la dirigenza della scuola dal resto della pubblica amministrazione.
E poi, torniamo a dire, se lo fanno all’università, perché non si può fare a scuola? In più vogliamo ricordare che la Gilda degli insegnanti, qualche decennio fa, sostenne con passione che lo stipendio dei “docenti medi” dovesse essere equiparato agli universitari, capendo bene la fragile separazione fra le due funzioni e i due ruoli. E allora, considerato che dovunque si parla di riforme, si riformi la governance della scuola dando al personale la formidabile possibilità di eleggersi il suo “rettore” che se non è magnifico alla prossima tornata elettorale si rimanda in classe.