La riforma delle pensioni Fornero è servita solo a risparmiare risorse e a gettare nel limbo migliaia di lavoratori. Un tempo riforme come questa venivano catalogate come macelleria sociale, oggi in nome dell’Europa si accettano senza batter ciglio. Il Governo però è intenzionato ad apportare alcune modifiche
Chiusura dell’anno scolastico con il botto per il personale direttivo, docente ed Ata della scuola. Le disposizioni del pacchetto Madia, decreto legge di riforma della pubblica amministrazione e disegno di legge delega, approvato dal consiglio dei ministri nella riunione dello scorso 13 giugno, i cui testi ufficiali non sono ancora stati pubblicati, rimettono mano in modo abbastanza incisivo sia alla disciplina pensionistica che a quella del part time (si vedano le anticipazioni di ItaliaOggi di martedì scorso)
Appare finalizzato ad un ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e nel comparto scuola in particolare il ddl delega, che contiene oltre a misure in tema di part-time e di trattenimento in servizio, alcune importanti modifiche alle norme vigenti in materia previdenziale e le prime disposizioni per consentire l’applicazione della mobilità intercompartimentale applicabili anche al personale scolastico.
Pensionamento anticipato
Il disegno di legge delega introduce rilevanti modifiche all’articolo 24 del decreto legge 201/2011 (riforma Fornero).
Il comma 5 dell’articolo 4 aggiunge un comma 15-ter al predetto articolo 24 con il quale viene estesa anche al personale scolastico la possibilità di conseguire il trattamento pensionistico anticipato al compimento di una età anagrafica non inferiore a 64 anni a condizione che abbia maturato, entro il 31 dicembre 2012, una anzianità contributiva di almeno 35 anni unitamente ai requisiti richiesti dalla normativa previgente l’entrata in vigore della riforma Fornero (60 anni di età e 36 di contributi o 61 anni di età e 35 di contributi oppure, indipendentemente dall’età anagrafica, 40 anni di contributi). La possibilità di pensionamento anticipata era già prevista, ma limitatamente ai lavoratori dipendenti del settore privato, dal comma 15-bis del predetto articolo 24.
L’estensione anche al personale della scuola del disposto di cui al predetto comma 15-ter potrebbe in particolare consentire al personale docente ed Ata che si riconosce nella “quota 96” di accedere al trattamento pensionistico al compimento, entro il 31 dicembre 2015, del 64° anno di età. Al personale maschile docente ed Ata viene inoltre estesa la possibilità di accedere, entro il 2018, al trattamento pensionistico anticipato – possibilità già consentito solo alle lavoratrici dall’articolo 1,comma 9, della legge 243/2004 – in presenza di una anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e di una età anagrafica pari o superiore a 57 anni e relativi adeguamenti dell’età prevista dalla normativa vigente, tre mesi nel 2015, previa opzione per una liquidazione del trattamento pensionistico secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previsto dal decreto legislativo n. 180/1997.
Stop al trattenimento
L’articolo 1 del decreto legge di riforma della pubblica amministrazione prevede – anche al fine di consentire il tanto auspicato, fino ad oggi solo a parole, ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e, quindi, anche nella scuola – l’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio oltre i limiti di età previsti dalla normativa vigente, limiti che sono sia per gli uomini che le donne quelli indicati nell’articolo 24 del decreto legge n. 201/2011 e cioè 66 anni e tre mesi nel 2015. Verrebbe pertanto disposta l’abrogazione dell’articolo 16 del decreto legislativo n.503/1992 e dell’articolo 509, comma 5, del decreto legislativo n. 297/1994, articoli che prevedono appunto la facoltà di chiedere di permanere in servizio per un ulteriore biennio oltre i limiti di età richiesti dalla normativa vigente per il collocamento a riposo.
I trattamenti in servizio disposti dall’amministrazione scolastica, non ancora efficaci alla data di entrata in vigore del decreto legge, saranno revocati.Anche il disegno di legge delega contiene disposizioni finalizzate a non consentire un trattenimento in servizio. Il comma 6 dell’articolo 4 dispone infatti la proroga fino al 31 dicembre 2018 delle disposizioni, di cui all’articolo 72, comma 11, del decreto legge n. 112/2008, che attribuiscono ai dirigenti scolastici la facoltà di risolvere unilateralmente il rapporto dilavoro del dipendente personale docente e Ata, con un preavviso da notificare entro e non oltre il 28 febbraio di ciascun anno scolastico. La facoltà, con i limiti e le condizioni previste dall’articolo 72, può essere esercitata a decorrere dal compimento dell’anzianità massima contributiva del docente o del personale amministrativo, tecnico e ausiliario.
Nuove misure per il part-time
Chiaramente finalizzata a conseguire l’obiettivo di un ricambio generazionale sembra essere l’introduzione di una terza modalità di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, quale è quella prevista dal comma 1 dell’articolo 4 della bozza del disegno di legge delega approvato dal consiglio dei ministri nella riunione del 13 giugno 2014. Nel quinquennio antecedente alla data di collocamento a riposo verrebbe consentito, anche al personale non dirigente della scuola, la trasformazione del rapporto dilavoro da tempo pieno a tempo parziale con una prestazione lavorativa al cinquanta per cento. All’atto del collocamento a riposo il dipendente avrà diritto al trattamento di quiescenza e previdenza che gli sarebbe spettato se fosse rimasto in servizio a tempo pieno nell’ultimo quinquennio.
Si tratta perciò di una forma di part-time assolutamente diversa da quelle utilizzate a tutt’oggi dal personale della scuola( part-time in attività di servizio, attivabile e revocabile in qualsiasi momento, o part-time congiuntamente al trattamento pensionistico anticipato).Una modalità di part-time che non sembra, ad una prima impressione, possa trovare un eccessivo consenso tra il personale scolastico. Una riduzione del cinquanta per cento dell’impegno settimanale e dello stipendio mensile per cinque anni potrà essere accettato solo da chi ha altre fonti di reddito ovvero una estrema necessità di presenza in ambito familiare. Non è con simili proposte che si incentiva un ricambio generazionale, che si può favorire uno svecchiamento dei docenti che continuano ad i più anziani d’Europa o che si creano nuove disponibilità di posti da assegnare agli aspiranti docenti.
La strada maestra rimane invece, soprattutto per il personale docente della scuola dell’infanzia e di quella primaria, quella di consentire un pensionamento volontario, ancorché penalizzato in termini economici, imponendo solo una età anagrafica non inferiore a 60 anni. In alternativa favorire invece l’accesso al part-time congiuntamente all’accesso alla pensione anticipata.
Mobilità intercompartimentale
Potrebbe essere finalmente avviata la procedura che consenta di dare corso alla mobilità intercompartimentale, obbligatoria e volontaria, da tempo auspicata soprattutto dai docenti dichiarati permanentemente inidonei per motivi di salute allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali. A tal fine l’articolo 3 del decreto legge approvato dal consiglio dei ministri nella riunione del 13 giugno fissa infatti alcuni punti fermi che dovranno essere regolamentati con successivi decreti. Si dispone, tra l’altro, che le amministrazioni pubbliche potranno ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Ai fini della mobilità volontaria o obbligatoria, le sedi delle amministrazioni pubbliche collocate a una distanza non superiore ai 50 chilometri dalla sede in cui il dipendente è adibito all’atto della prima assegnazione, si configurano come medesima unità produttiva ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile.