Si tratta di una novità che potrebbe rivoluzionare quella che è la coda della carriera dei docenti per far spazio ai giovani. Negli ultimi 5 anni si potrà scegliere il part-time senza intaccare la pensione, ma lo stipendio sarà dimezzato.
Nulla di obbligatorio per i lavoratori. Ma una possibilità generalizzata di accedere al part-time negli ultimi 5 anni di lavoro. Se lo stipendio sarà dimezzato o quasi, la pensione, a differenza di quanto accade oggi, sarà piena. Una sorta di prepensionamento quello che potrà scattare per docenti e personale ausiliario, tecnico e amministrativo, fuori i dirigenti, con il disegno di legge delega di semplificazione approvato venerdì scorso dal consiglio dei ministri.
Un’apertura che potrebbe interessare, secondo le prime stime, circa 80 mila docenti e 10 mila Ata su un contingente di circa 900mila unità. Liberando sulla carta 45 mila posti pieni, un contributo reale all’annunciata staffetta generazionale. Sulla carta, perché rinunciare a metà stipendio non è scelta da poco e poi perché, tra spezzoni ed esuberi, fare una stima delle cattedre liberabili diventa difficile.
«Nel quinquennio antecedente alla data di collocamento a riposo, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale con una prestazione lavorativa al 50% è riconosciuta al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni». Si tratta di un diritto del lavoratore, non subordinato, a differenza di quanto avviene oggi, alla valutazione discrezionale dell’amministrazione che potrà solo posticiparlo al massimo per tre mesi nei casi in cui ci sia il rischio di un «grave pregiudizio alla funzionalità» dei servizi. Nella legislazione vigente, invece, l’amministrazione deve tra l’altro rispettare un tetto pari al 25 per cento della dotazione organica complessiva del personale a tempo pieno in ciascuna classe di concorso a cattedre o posti di ciascun ruolo e, comunque, i limiti di spesamassima annua prevista per la dotazione organica.
Tutti limiti superati per chi si ritrova ad essere a 5 anni dalla pensione e ricade nella nuova normativa. «All’atto del collocamento a riposo il dipendente ha diritto al trattamento di quiescenza e previdenza che gli sarebbe spettato se fosse rimasto in servizio a tempo pieno nell’ultimo quinquennio». Visto che tutti vanno in pensione in regime contributivo questo significa che lo stato pagherà le spese per le contribuzioni mancanti. Una novità che potrebbe rendere interessante la norma, soprattutto a quanti hanno necessità personali che li inducono a lasciare prima e invece con la riforma Fornero, in primis le donne, sono rimasti bloccati.