L’autonomia scolastica, ma soprattutto il decreto 150/2009, inducono talora i dirigenti scolastici a comportamenti “curiosi”. Un caso emblematico: in Piemonte un dirigente equipara il cambio di orario non autorizzato all’abbandono del posto di lavoro. E alcuni sindacati insorgono.
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L’autonomia scolastica dà origine talora a vere e proprie storture soprattutto quando organi collegiali e dirigenti scolastici ritengono che, in nome dell’autonomia, sia possibile interpretare a proprio piacimento norme generali o contrattuali. Per esempio, le circolari interne disposte dal dirigente scolastico non rappresentano di per sé norma giuridica, ma molto più semplicemente sono forniscono istruzioni, precisazioni, indicazioni e direttive riguardo i compiti da eseguire. Le circolari interne non possono in alcun modo contravvenire alle norme di legge e a quelle contrattuali, e se lo dovessero fare, farebbe bene il docente o il personale scolastico a non eseguire le disposizioni che vanno contro la legge. È utile ricordare che come esposto il Consiglio di Stato nella sentenza n.7521/2010 le circolari amministrative sono atti diretti agli organi e uffici periferici ovvero sotto ordinati, che non hanno di per sé valore normativo o provvedimentale, ma appunto sono circoscritte a livello periferico. Quindi è importante comprendere che il dirigente scolastico quando scrive una circolare interna, si deve limitare a dare semplici indicazioni e direttive comportamentali di buon senso, senza avventurarsi in interpretazioni di carattere normativo e legislativo. Nonostante che ciò sia del tutto chiaro ed evidente, talora accade di trovarsi d fronte a circolari quanto meno curiose. Così come è capitato in una scuola calabrese, quando il dirigente scolastico ha deciso, tramite una circolare curiosa e a nostro avviso illegittima, visto gli innumerevoli casi di ritardo cronico di alcuni insegnanti, di obbligare tutti i docenti di quella scuola a timbrare il cartellino, imponendo una regola che non è prevista dalle norme legislative e contrattuali. Un’altra circolare che ci ha colpito particolarmente per la sua curiosità, arriva da un Istituto Comprensivo del Piemonte, dove il dirigente scolastico ricorda ai docenti, quasi fossero degli smemorati poco avvezzi allo studio della normativa scolastica, che tutti gli orari personali sono non modificabili. Inoltre, aggiunge il DS dell’Istituto piemontese, tutti gli eventuali cambi interni devono essere preventivamente richiesti indirizzando una mail al dirigente che darà eventuale autorizzazione e comunicazione ai fiduciari. In caso di cambio turno non autorizzato sarà ravvisato l’ingiustificato abbandono di posto di lavoro. Quest’ultima vicenda ha provocato vivaci reazione nel territorio con nette prese di posizione da parte di diverse organizzazioni sindacali. I Cobas, per esempio, hanno chiesto un’immediata rettifica della circolare, che sembra adombrare – secondo il sindacato autonomo – una strisciante minaccia rivolta ai docenti della scuola, che si renderebbero rei, secondo le presunte norme richiamate dal DS, addirittura di “abbandono del posto di lavoro”. Toni analoghi usa la CUB Scuola Piemonte che in un proprio comunicato scrive che il dirigente scolastico “mette in riga gli insegnanti” e sottolinea il tono “improvvido” della circolare che configura addirittura un reato e non una semplice inosservanza di una disposizione interna. Stupore per la circolare viene manifestata anche dalla Sisa sindacato autonomo, che spiega garbatamente al Ds della scuola come l’istituto del cambio di turno sia una prassi diffusa in tutto il territorio nazionale, orientata su principi di solidarietà, indispensabile all’interno di una comunità educativa, ma anche dal primario senso di responsabilità e allo scrupolo pedagogico di non far mancare la loro continuativa presenza ai discenti. La stessa FGU-Gilda rimarca che solamente l’autorità giudiziaria può stabilire se un determinato comportamento integri un reato o meno e la Insomma una tempesta che si sarebbe potuto tranquillamente evitare se solo la questione fosse stata affrontata con un po’ più di buon senso e, perché no, con maggiore rispetto per le prerogative della RSU e della contrattazione di istituto. |