Il tribunale del lavoro dà ragione ad un docente di Reggio Calabria grazie ai limiti di età elevati dall’articolo 24 della riforma pensionistica Monti-Fornero. In un video della Gilda degli Insegnanti viene ripercorsa la vicenda: il fenomeno sarebbe più vasto di quanto si pensi.
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Lasciare la scuola per la meritata pensione è il sogno di tanti lavoratori. Nella scuola, alcune migliaia sono ricorsi al tribunale per vedere riconosciuto un loro diritto, improvvisamente negato dalla riforma Fornero: proprio in settimana, la Commissione Cultura della Camera si è espressa positivamente sui cosiddetti “Quota 96”, salvo indicando in 4mila unità il limite massimo di beneficiari.
Eppure, nell’Italia delle diversità e delle contraddizioni, c’è pure chi è disposto ad andare in causa con lo Stato, rischiando di perdere soldi di “tasca” propria, pur non lasciare il servizio. Come un docente di Reggio Calabria messo in quiescenza d’ufficio al 1° settembre 2013 per il raggiungimento dei 65 anni: ha fatto ricorso e il giudice del lavoro gli ha dato ragione. Ed è ritornato in servizio.
Ne dà notizia la Gilda, che sull’argomento ha anche prodotto un video all’interno del quale l’avvocato Maria Teresa Vita spiega come si è dipanata la vicenda processuale: il decreto legge 101, convertito nella Legge 125, che ha interpretato l’articolo 24 della Legge Monti Fornero, ha infatti elevato i limiti (su richiesta dell’interessato) a 66 anni. Il giudice non solo gli ha dato ragione, reintegrando il docente “nelle mansioni, funzioni e sede”, ma anche ravvisato gli estremi di “abuso d’ufficio”. L’avvocato ha ricordato che c’è anche del personale che vorrebbe rimanere in servizio fino a 70 anni, ma che “viene coattivamente mandato in pensione d’ufficio”.
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