C’è una parte di scuola stanca che meriterebbe il meritato riposo anche per far spazio ai giovani, ma che è costretta a lottare, si tratta della Quota96. Personale che continua a maledire quelle lacrime della Fornero che in pochissimo tempo è riuscita a gettare nello sconforto migliaia di onesti lavoratori della scuola.
Della questione ne ha parlato il quotidiano Il Messaggero, noi abbiamo riportato l’articolo qui sull enostre pagine.
LA MOBILITAZIONE
ROMA Portano avanti la loro battaglia nel nome di “quota 96”: sono gli insegnanti e gli altri lavoratori della scuola che dopo la riforma previdenziale Fornero hanno dovuto rinunciare ad una prospettiva di pensione già intravista e ormai da tempo cercano di riconquistarla nelle aule parlamentari ed in quelle giudiziarie, finora senza successo. La vicenda somiglia ad altre innescate dalla stretta sulle pensioni di fine 2011, drastica nei contenuti e certo anche frettolosa nelle modalità di applicazione: a differenza però dei cosiddetti “esodati” questi dipendenti possono generalmente contare ancora sul posto di lavoro e sulla relativa retribuzione.
SPARTIACQUE A SETTEMBRE
La richiesta degli interessati è semplice: ottenere che per loro la soglia di applicazione della riforma sia spostata dal 31 dicembre 2011 al 31 agosto dell’anno successivo. Questo perché il mondo della scuola ha sempre goduto di regole di uscita dal lavoro particolari, modellate sulle esigenze dell’anno scolastico: si lascia il servizio a settembre in corrispondenza dell’inizio delle scuole e non in altri mesi dell’anno.
Così quando nell’autunno del 2011 vennero approvate le nuove regole, molti docenti avevano già fatto domanda per andare in pensione alla fine dell’anno scolastico: nel corso del 2012 avrebbero raggiunto i 61 anni di età e 35 di contributi, oppure rispettivamente 60 e 36, cioè appunto la “quota 96” richiesta per l’accesso alla pensione di anzianità. La riforma ha però stabilito che questa possibilità non era più valida, indistintamente, in caso di maturazione dei requisiti dopo lo spartiacque del 31 dicembre. Anche per chi lavorava nella scuola quindi la data dell’uscita del lavoro era spostata in avanti di alcuni anni.
Immediata la mobilitazione dei docenti e degli altri lavoratori rimasti impigliati nella nuova norma, di certo alcune migliaia anche se le stime non sono univoche. Sono partite le pressioni sul Parlamento ed anche le azioni legali, in nome della specificità del lavoroscolastico. Specificità che a onor del vero negli anni precedenti si era tradotta anche in qualche vantaggio rispetto alla generalità dei lavoratori, visto che gli insegnanti potevano lasciare il servizio appunto nel settembre dell’anno in cui maturavano i requisiti, senza l’attesa di ulteriori “finestre”.
LA SENTENZA DELLA CONSULTA
In ogni caso una parte consistente del mondo politico si era impegnato in favore delle ragioni dei dipendenti della scuola. Ma tutti i tentativi di intervenire per via legislativa si sono scontrati con l’opposizione della Ragioneria generale dello Stato, che giudica non adeguate le coperture finanziarie proposte. Una nuova proposta di legge è stata recentemente presentata alla Camera da Manuela Ghizzoni (Pd), anche se l’affollamento delle Camere e le prospettive incerte della legislatura non sembrano spingere le cose nella direzione desiderata dai lavoratori di “Quota 96”. Nel frattempo è sfumata la speranza di risolvere la questione per via giudiziaria, perché la Corte costituzionale ha respinto la questione di illegittimità sulla norma della riforma Fornero. Così i mesi passano e per qualcuno, magra consolazione, l’uscita dal lavoro si avvicina comunque con i più restrittivi requisiti della legge Fornero.
L.Ci.