Il piano di formazione in lingua inglese previsto per i docenti della scuola primaria prende le mosse dal noto D.P.R. n.81 del 2009, uno dei provvedimenti legislativi introdotti nel nostro ordinamento scolastico dalla riforma Gelmini che come sappiamo ha inteso avviare un “razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.
L’art. 10, comma 5 del citato D.P.R. così recita: “l’insegnamento della lingua inglese è affidato ad insegnanti di classe della scuola primaria specializzati. Gli insegnanti attualmente non specializzati sono obbligati a partecipare ad appositi corsi triennali di formazione linguistica, secondo le modalità definite dal relativo piano di formazione. I docenti dopo il primo anno di formazione, sono impiegati preferibilmente nelle prime due classi della scuola primaria e sono assistiti da interventi periodici di formazione linguistica e metodologica, anche col supporto di strumenti e dotazioni multimediali. Fino alla conclusione del piano di formazione, e comunque fino all’anno scolastico 2011/2012, sono utilizzati, in caso di carenza di insegnanti specializzati, insegnanti sempre di scuola primaria specialisti esterni alle classi, per l’intero orario settimanale di docenza previsto dal vigente CCNL”.
Sul concetto di obbligatorietà della partecipazione ai corsi da parte dei docenti non specializzati il decreto non lasciava alcun dubbio di sorta; in effetti il piano di formazione linguistica, nella previsione legislativa, aveva l’obiettivo di assegnare ai docenti delle classi l’insegnamento della lingua inglese con la conseguente ridefinizione delle dotazioni organiche del personale docente e la progressiva eliminazione dei docenti specialisti (la razionalizzazione e l’efficacia nell’utilizzo delle risorse umane fa anche parte di quel disegno più ampio di revisione del sistema scolastico italiano volto a garantire un risparmio finanziario).
Tuttavia l’obbligatorietà della partecipazione ai corsi di formazione linguistica in lingua inglese per i docenti non ancora specializzati, additata al comma 5 dell’art.10, è stata ignorata da una recente Nota ministeriale, la n.12335 del 14 novembre 2013, attraverso cui il Miur chiarisce le modalità di organizzazione, la logistica, i soggetti erogatori dei corsi di lingua, i costi e il calendario degli adempimenti, (quest’ultimo fissava la data di inizio al 16 dicembre u.s.). Volendo soffermarsi sul punto 2 della nota, riguardante i “Destinatari – criteri di scelta”, infra si legge “è bene ricordare che la figura del docente specialista è destinata a scomparire come previsto dal D.P.R. n.81 del 2009, articolo 10, comma 5, relativo al razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola”. Più avanti si aggiunge che “al fine dell’ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse finanziarie i docenti che si sono iscritti e che si iscriveranno volontariamente ai corsi sono tenuti alla frequenza degli stessi; i docenti neoassunti non in possesso della necessaria competenza per l’insegnamento della lingua inglese sono obbligati alla frequenza dei corsi in forza del contratto individuale di lavoro sottoscritto.”.
Ciò che non convince, creando una generale confusione, è quell’avverbio“volontariamente” che mette anzitutto in discussione proprio l’obbligatorietà richiamata all’interno del D.P.R. 81 citato, ma che sembra al contrario essere tale, a dire della nota, solo per i docenti neoassunti. La partecipazione ai corsi è volontaria e il contenuto della nota appare quindi derogatorio del decreto in parola e neanche rispettoso del contratto nazionale vigente nella parte relativa alla formazione e all’aggiornamento.
Quest’ultimo aspetto è stato chiaramente trattato in una Lettera della UIL Scuola del 23 maggio 2012 indirizzata al Capo di Dipartimento e ai Direttori Generali responsabili dell’organizzazione dei corsi in cui si fa proprio il punto sulla questione richiamando gli articoli che interessano il CCNL vigente. La partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità; il personale che partecipa ai corsi organizzati dall’amministrazione a livello centrale o periferico è da considerarsi in servizio a tutti gli effetti e qualora i corsi si svolgano fuori sede, la partecipazione ad essi comporta il rimborso delle spese di viaggio (art.64 Fruizione del diritto alla formazione).
Lasciando però da parte le inosservanze contrattuali rilevabili nell’organizzazione dei corsi, un altro punto della vicenda appare più critico: ci si chiede infatti perché la nota ministeriale glissi su quanto letteralmente definito nell’art.10 comma 5 del D.P.R. n.81 del 2009 e cioè sull’obbligatorietà della frequenza ai corsi degli insegnanti attualmente non specializzati, sancita nell’articolo in parola, (gli insegnanti attualmente non specializzati sono obbligati a partecipare ad appositi corsi triennali di formazione linguistica, secondo le modalità definite dal relativo piano di formazione). A seguire la nota, ciò che è obbligatorio per legge (D.P.R. 81/09) diventerebbe all’occasione opinabile e derogabile.
Katjuscia Pitino