Una nuova riforma in arrivo? Migliorativa o peggiorativa come le precendenti? Se lo stanno chiedendo tutti, dal personale della scuola, agli studenti. Molti sono scettici, ad esempio il Direttore Editoriale della “Letterina” ASASI Giovan Battista Puglisi, si augura, usando un’espressione di Camilleri, che non si risolva soltanto in “una rumorata”.
Ecco cosa scrive:
In una intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica e pubblicata il 5 gennaio, il ministro del MIUR Maria Chiara Carrozza ha esposto a grandi linee il suo progetto che coinvolgerà una ampia platea di circa 36 milioni di persone che, sulla base di dieci domande relative ad altrettanti temi riguardanti la scuola, potranno esprimere con le risposte il loro parere e le loro proposte sulla scuola.
Niente più quindi stati generali degli anni scorsi rivelatisi poco concludenti, ma una sorta di Costituente della Scuola che dovrebbe consentire di comprendere come vorrebbero la scuola “presidi, insegnanti, genitori, partiti, fondazioni, associazioni”. In anni in cui la scuola è stata al centro delle attenzioni dei governi di turno per i tagli delle risorse e per qualche blanda riforma più finalizzata al risparmio che a vere scelte di fondo, riaprire un ampio dibattito su come deve essere la scuola del futuro può da un lato apparire come il voler promuovere un processo con positive conseguenze sul piano di una eventuale riforma, dall’altro può far pensare che l’iniziativa possa raggiungere l’unico scopo, forse non voluto, di far solo chiacchere o, per dirla con Camilleri, di risolversi soltanto in “una rumorata”.
In verità dall’intervista non sembra che il ministro abbia le idee molto chiare sugli obiettivi che vuol effettivamente raggiungere. All’incalzare del giornalista Corrado Zunino che le dice “si rischia di scrivere il più grande libro dei sogni mai scritto”, il ministro risponde: “Vorrei capire, confesso che su alcuni temi non so come gli italiani la pensino. La valutazione, per esempio. I genitori vogliono che le scuole frequentate dai loro figli siano valutate secondo standard internazionali? E con le scuole, gli insegnanti? O ritengono la valutazione una violazione della privacy, un metodo poco significativo?”. Sembrano interrogativi gettati lì in modo estemporaneo senza alcun collegamento con la realtà, perché se la valutazione delle scuole e dei risultati raggiunti viene effettuata secondo indicatori e parametri già individuati, al fine di inserire modifiche migliorative all’organizzazione della scuola e ai metodi didattici, quale importanza può avere il giudizio di chi preferisce gli standard internazionali o nazionali? Chi può dire che sono migliori quelli internazionali o quelli nazionali. Forse è sempre valido il detto “vox populi vox Dei”? O forse gli standard devono essere individuati in coerenza con un progetto complessivo di sviluppo della società italiana? Inoltre cosa c’entra la privacy con le prove finalizzate alla valutazione del livello di preparazione raggiunto dagli studenti: ci interessa conoscere la valutazione del campione omogeneo il più ampio possibile e non certamente quella individuale.
Alla richiesta di esprimere un giudizio sull’autonomia delle istituzioni scolastiche, la Carrozza intanto dice che la scuola italiana è fortemente centralizzata e di conseguenza, aggiungiamo noi, che l’autonomia delle scuole è solo virtuale; poi scarica la responsabilità del buon funzionamento degli istituti sulle capacità dei “singoli presidi”. Presidi, o meglio Dirigenti scolastici, che, indipendentemente dalle risorse materiali e umane a loro disposizione e indipendentemente dai lacci e lacciuoli della normativa vigente e dei CCNL, dovrebbero da soli rimuovere tutti gli ostacoli che spesso impediscono un miglior funzionamento delle scuole.
Non vogliamo scadere, parlando di dirigenti scolastici, in un vittimismo di maniera: ma ci chiediamo se il ministro è a conoscenza delle difficoltà che vive ogni giorno il dirigente scolastico che deve, solo per fare qualche esempio, destreggiarsi tra inadempienze di comuni e province e contemporaneamente fronteggiare i provvedimenti sanzionatori a suo carico emanati dai vigili del fuoco o dai funzionari delle ASL? Se il ministro, come sembra, ignora o finge di ignorare, le difficoltà in cui le scuole vivono e che le cronache ogni giorno ci illustrano, ben venga il referendum on line strutturato sulle dieci domande. Siamo però convinti che i Dirigenti del MIUR e i Direttori Generali degli USR, per limitarci soltanto ai dirigenti di più alto livello, ben conoscono i problemi della scuola: spetta al politico indicare la strada lungo cui mettere in marcia il processo di rinnovamento. Il cercare un sostegno e un conforto nel “sentire” e nelle aspirazioni popolari, può da un lato essere considerato una ingenuità dal punto di vista politico e dall’altro un’iniziativa dal sapore prettamente propagandistico che vuol sfruttare i mezzi che la tecnologia informatica ci offre e che altri hanno già dato esempio di sapere ben utilizzare per conseguire consensi. Chi comunque vuol sapere quali sono le domande ed eventualmente lasciarsi coinvolgere, può cercare sul socialnetwork Twitter la pagina che il ministro ha già attivato.
Giovan Battista Puglisi, puglisigb@libero.it
Direttore Editoriale della “Letterina”